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RICEVO DAL MIO AMICO ROM MUSICISTA, MUSICOLOGO E DIRETTORE D’ORCHESTRA ALEXIAN SANTINO SPINELLI IL SEGUENTE COMUNICATO CHE PUBBLICO VOLENTIERI

RICEVO DAL MIO AMICO MUSICISTA, MUSICOLOGO E DIRETTORE D’ORCHESTRA ALEXIAN SANTINO SPINELLI ( https://it.wikipedia.org/wiki/Santino_Spinelli ) IL SEGUENTE COMUNICATO CHE PUBBLICO VOLENTIERI:

Alexian Santino spinelli: La lettera aperta delle associazioni e delle federazioni rom e sinte italiane, rivolta alla cultura e alla politica, che ha preso spunto da un convegno organizzato dall’icismi presso l’università del Salento, ha suscitato reazioni inaspettate. Non vogliamo sopravvalutare l’importanza di un convegno disertato dalla politica e dal pubblico, ma neppure sottovalutare il fatto che nel corso del dibattito pubblico si è arrivati a definire attacchi fascisti quelli di chi, come Santino Spinelli, sui social, ha posto problemi di metodo e di sostanza. Basterebbe questo a squalificare il livello del dibattito e a interrompere qualunque tipo di interlocuzione. Ricordiamo, a chi non ha gusto per la memoria e il rispetto che le si deve, che la famiglia di Santino Spinelli, come quella di tanti rom e sinti italiani, ha subìto l’infame internamento nei lager italiani per rom e sinti organizzati dai fascisti dall’11 settembre del 1942. Ci auguriamo che la supponenza accademica ammetta l’ignoranza e soprattutto la vergogna.
Così come ci è parso supponente chiederci: “ Solo i rom possono parlare di “questioni rom”? E se si, quali rom sono legittimati a farlo?” perché la lettera aperta poneva il problema antico che ricerche, analisi, dibattiti, convegni che riguardano le comunità rom e sinte escludono, se non nella parte di comprimari e comunque sempre come oggetto e non come soggetto, il punto di vista che pure rom e sinti hanno sviluppato in questi anni, organizzandosi e misurandosi con i problemi della propria condizione.
Ma detto questo, ci interessa riprendere in un dibattito più ampio le considerazioni che proponevamo nella lettera aperta, aggiungendo alcune domande, non solo agli interlocutori del convegno di Lecce, ma come temi di una discussione aperta.
La prima. Dal dibattito in corso, anche a livello delle politiche sociali sul territorio, emerge un antico dilemma: gli “zingari” sono una “piaga sociale”, come teorizzato nel dopoguerra anche in Italia per giustificarne la persecuzione, oppure sono un popolo complesso e articolato con una storia, una cultura, una lingua e quindi con un’identità? Le politiche assistenziali degli ultimi trent’anni – dai campi istituzionali ai Centri di emergenza sociale – sono legate alla prima ipotesi. In questo modo il pregiudizio e la discriminazione sono frutto non della costante persecuzione di un popolo ma del disagio di fronte alle brutture delle condizioni materiali in cui è condannato proprio da quel pregiudizio e da quella discriminazione. Quando si dice che il problema riguarda solo le “poche” migliaia di rom e sinti che vivono nei campi, avendo sempre come modello i lager romani e non altre ben diverse situazioni in giro per tutta l’Italia, si cerca la scorciatoia per eludere proprio il tema dell’antiziganismo che pervade la società, in Italia come in tutta Europa (e non a caso il tema qui arriva dopo che anche a livello istituzionale è stato posto dalla Comunità europea) e per non affrontare del riconoscimento storico-culturale della minoranza rom e sinta anche come modo per eliminare la discriminazione istituzionale.
La seconda domanda. In questo Paese esiste una vera ricchezza: la capacità di infiniti soggetti di organizzarsi in forme associative per rappresentare propri punti di vista e interessi e nessuno mette in discussione questo loro diritto che si trasforma poi, giustamente, in quello di essere ascoltati come interlocutori di un dato interesse. Perché rom e sinti dovrebbero lasciare questo diritto ad altri soggetti che, guarda caso, di norma sono soggetti che hanno come attività propria l’ “assistenza” delle comunità rom e sinte? Mafia Capitale, lo diciamo brutalmente, era solo l’aspetto criminale, di un sistema fondato sull’assistenza nel quale i vantaggi economici e politici erano tutti degli “assistenti” e nessuno degli “assistiti.
Se uno più uno fa due, allora la condizione di “emergenza sociale” indotta è funzionale a sostenere un sistema che negli ultimi decenni ha prodotto danni sociali e culturali spaventosi nelle comunità rom e sinte. Crediamo che quindi si possa capire una certa riluttanza a considerare nostri interpreti o addirittura portavoce questi soggetti. Lo diciamo senza disprezzare il ruolo caritatevole che in molte situazioni riempie un vuoto e una disperazione e neppure il contributo che possono dare a disvelare una condizione umana insostenibile. Ma la carità non basta e a volte può essere pelosa.
Terza e ultima domanda. La risposta alla nostra lettera aperta si concludeva con l’augurio “che in seguito su queste questioni si possano trovare, con i firmatari della lettera aperta, il modo e le sedi per un confronto civile e sereno”. Lo stesso chiedevamo nella nostra lettera perché siamo ben consapevoli che nessun diritto di una minoranza può essere conquistato senza la consapevolezza sociale della sua legittimità ed è nostro interesse un dialogo e un confronto con la cultura e la politica di questo Paese. Però, lo chiediamo esplicitamente, siamo in grado veramente di aprire questo confronto riconoscendoci pari dignità di interlocuzione, il che significa senza pregiudizi o teorie preconfezionate o condizionate da ideologie?
Noi non siamo insetti per entomologi.
Nel 2010 all’università Bicocca di Milano si svolse un fondamentale convegno internazionale di tre giorni sulla condizione giuridica di rom e sinti in Italia. Con un orgoglio che era anche il segno della delusione per una esperienza purtroppo unica, nell’introduzione si diceva che per la prima volta un lavoro del genere era stato preparato in lunghi mesi di confronto con le comunità rom e sinti. E il risultato di quel lavoro fu una proposta per una legge organica per il riconoscimento della minoranza rom e sinta anche in Italia, proposta oggetto di una campagna delle associazioni rom e sinte e che è ora depositata in Parlamento. Ecco cosa intendiamo quando parliamo di partecipazione: un lavoro comune nel riconoscimento reciproco di ruoli e identità che porta a passi concreti. Crediamo che sia tempo di riprendere quella strada. Noi siamo pronti.

Alleanza Romanì, Federazione Federarte Rom, Federazione Rom e Sinti Insieme, Associazione Romano Glaso, Associazione nazionale Them Romanò, Associazione Nevo Drom, Associazione Sinti italiani Prato, Associazione Stay Human, Accademia europea d’arte romanì, Associazione FutuRom, Associazione Upre Roma, Cooperativa Romano Drom, Amici del beato Zefferino, Associazione Romano Krlo, Museo del viaggio Fabrizio De Andre, Associazione Liberi, Associazione Sucar Drom, Associazione Roma Onlus, Cooperativa Roma Roma e Assiciazione Sinti Project International

Continua l’indecente silenzio sul contributo dei partigiani rom e sinti alla nostra Resistenza

Pubblico volentieri questa poesia scritta dal mio amico rom italiano Santino Spinelli, musicista, musicologo e direttore d’orchestra. Come ho detto più volte, il contributo degli “zingari” alla nostra guerra di liberazione dal fascismo è sempre completamente ignorato perfino in occasione del 25 aprile, cioè dellaricorrenza della Liberazione dell’Italia dal fascismo. come del resto è ignorato il genocidio che hanno subìto anche loro per mano dei nazisti. Non ne parla neppure la Giornata della Memoria, che è quindi piuttosto smemorata. Si parla sempre e solo della Shoà e da qualche anno il 25 aprile si parla anche della Brigata Ebraica, chiaramente per sostenere la politica israeliana sempre più insostenibile. Si continua però a tacere stranamante il contributo dato alla nostra Liberazione da marocchini, nepalesi e altre truppe che oggi diremmo extracomunitarie, ma che all’epoca erano coloniali. Anzi, semmai dei marocchini si cita solo ed esclusivamente qualche atto infame come lo stupro narrato nel film La ciociara.
Insomma, il razzismo, l’opportunismo e il servilismo verso i potenti, oggi rappresentati da Israele, sono sempre vivi, anche se hanno cambiato un po’ faccia dandosi un pesante trucco. 13100762_10209399800261523_8994537004301363583_n

INTERVISTA ALLO “ZINGARO” ALEXIAN, MUSICOLOGO, MUSICISTA, DIRETTORE D’ORCHESTRA E SCRITTORE

 

Il nuovo grande scandalo Mafia Capitale ha fatto scoprire speculazioni perfino ai danni degli “zingari”. Abbiamo perciò voluto intervistare uno “zingaro” che conosce bene da anni anche questi problemi ed è autore di quello che forse è l’unico libro esistente di storia del suo popolo: Santino Spinelli, in arte Alexian, titolare di due lauree (Lingue straniere e Musicologia) e musicologo, musicista e direttore d’orchestra. Figura di spicco nel mondo dei nomadi, compresi quelli diventati stanziali come lui, Spinelli è fondatore e presidente dell’associazione culturale Thèm Romanò (mondo romanò). Nel 2001 Spinelli è stato eletto, quale unico rappresentante per l’Italia, al parlamento della International Romani Union (IRU), organizzazione non governativa con sede a Praga, attiva nel campo dei diritti dei popoli rom, alla quale è stato garantito lo status consultivo presso alcuni organi delle Nazioni Unite.

– Stando alle indiscrezioni, il recente scandalo Mafia Capitale dimostra che c’è chi lucra anche sulla pelle dei rom, sinti, ecc., volgarmente detti zingari, o anche gitani e zigani. Cosa le risulta?

Sono 30 anni che denuncio Ziganopoli che ho sempre definito come sistema disumano e mafioso. Basta rileggere la mia poesia Ziganopoli che è del 1986, i miei articoli degli anni 90, il mio libro Baro Romano Drom del 2002 o il mio libro Rom Genti Libere del 2012. Oggi mi meraviglio di chi si meraviglia e di chi ha fatto orecchio da mercante finora. Una tresca fra politici, criminalità, associazioni di pseudo volontariato e informazione deviata e compiacente.

– Lei aveva già denunciato qualcosa di simile? Qualcuno le ha dato ascolto?  Non è il caso di farsi sentire oggi, magari dal parlamento o anche dal Capo dello Stato?

Io ho sempre detto che i Rom non sono nomadi per cultura e che i campi nomadi, costosissimi, sono segregazione razziale indegna di una società civile. Per decenni vi è lucrato sulla pelle di donne, bambini e anziani inermi a cui ho cercato di dar voce e sostegno. Nessun ascolto. La politica è le istituzioni preferiscono altri interlocutori dimostrando di non voler risolvere la questione.

– Quanti sono gli “zingari” in Italia? Quanti sono stanziali e quanto sono invece nomadi?

L’eteronimo zingaro è dispregiativo ed è meglio usare gli etnonimi Rom o Sinti o popolazione romanì. La popolazione romanì in Italia si aggira attorno a 170 mila persone. Più della metà sono cittadini italiani che vivono in casa e sono di antico insediamento. Il loro arrivo risale al 1400. I Rom non sono nomadi per cultura e circa 70 mila persone sono sfruttate e tenute nei campi nomadi che arricchiscono chi li gestisce e chi li ha voluti.

– E che mestieri praticano? C’è lavoro per loro in questi tempi di crisi?

Ci sono Rom attori, assicuratori, calciatori, operai, dipendenti comunali, vigili urbani, ragionieri di banca, infermieri professionali, circensi, giostrai, registi, insegnanti, albergatori, ristoratori, commercianti e tanto altro.
– A cosa è dovuta la nomea degli “zingari tutti ladri”?

Propaganda romfobica per giustificare ogni nefandezza nei confronti dei Rom.

– Si usa anche pensare che gli “zingari” rubino i bambini. Lo afferma questo sito, che si intitola significativamente “Tutti i Crimini degli Immigrati”. Ma esistano condanne giudiziarie per rapimento o tentato rapimento di bambini?

Neanche un solo caso accertato dalla Magistratura, pura propaganda romfobica.

– Il docente universitario di Storia Adriano Prosperi ha invece ricordato che a essere rapiti sono spesso i figli degli “zingari”: in Svizzera lo Stato li sottraeva d’autorità ai propri genitori.

Succede anche in Italia. Sotto diversi pretesti i bambini Rom vengono sottratti alle famiglie e dati in affidamento o in adozione.

– Esiste un progetto di integrazione per poter passare dalla condizione di nomade a quello di cittadino stanziale?

Nessuna reale politica di inclusione o di valorizzazione culturale. Le leggi regionali sono servite per creare segregazione razziale nei campi nomadi. Come si può integrare un popolo se i loro rappresentanti non sono ascoltati? Quando si vuole ristrutturare una casa si interpella il primo che passa o un architetto specializzato?

– Perché non si parla mai della Shoà dei “zingari”, percentualmente non meno grave di quella degli ebrei. Perché nessuno sa che la Shoà deio rom, sinti, ecc., si chiama Porrajmos o anche Samudaripen?

Perché i Rom e Sinti non sono mai stati protetti politicamente e mai tutelati realmente. Non sono mai stati risarciti economicamente, socialmente e moralmente come invece è successo con gli ebrei. Nessun Rom o Sinto fu ivitato a Norimberga per accusare i propri carnefici. Il problema è stato rimosso fin da subito per non risarcire i Rom e Sinti. È ancora oggi il mondo romanò è mistificato tanto che i campi nomadi sono un retaggio della cultura nazifascista e di quella ferocia concentrazionaria che l’ha contraddistinta. E infatti tutti sanno cosa significa Shoah e nessuno conosce il significato di Porrajmos, Samurdaripen o Baro Romano Meripe.

– Gli “zingari” hanno preso parte alla Resistenza?

Certamente. Molti Rom e Sinti sono morti da valorosi partigiani, ma totalmente dimenticati. I loro discendenti sono disprezzati e discriminati. Si sono immolati contro i nazifascisti per ottenere questo? In pratica gli stessi disvalori di allora per cui hanno combattuto lo vivono i loro cari oggi.

– Gli ebrei per la Shoà sono stati ricompensati con la creazione di uno Stato per loro, Israele. Perché non avete mai chiesto uno Stato per voi? E dove lo vorreste, eventualmente?

La popolazione romanì non ha mai rivendicato un territorio o una nazione, ma il diritto all’esistenza con la propria diversità culturale. Mai le comunità romanes hanno attuato nessuna forma di terrorismo, mai di son dotate di un esercito e mai hanno dichiarato guerra a nessuno. Non sono arrivate in Europa con intenti bellicoso ma sfuggivano alle repressioni. E questa mobilità coatta fu scambiata per nomadismo che ha giustificato i campi nomadi.

– Il termine “zingari” è ritenuto offensivo al pari di “negro” al posto di “nero”. Però a Roma per commemorare le retate naziste anche degli “zingari” e il loro sterminio nei campi in Germania è stata chiamata piazza degli Zingari il luogo dove vennero ammassati “rom, sinti e camminanti” per essere poi deportati. Ed è stata chiamata via degli Zingari la strada che dovettero imboccare per la deportazione. Nella piazza anni fa è stata inaugurata una targa commemorativa alla presenza di rappresentani delle comunità ebraica e “zingara”. Il termine perciò sicuramente non è stato usato in modo offensivo nel dare il nome alla via e alla piazza per ricordare quella tragedia. Qual è il termine oggi corretto per indicare quelli che vengono usualmente indicati come “zingari” o solo come rom?

Il termine corretto è “romanì”, che comprende tutti i vari gruppi. La parola “zingaro” oggi è decisamente da respingere, perché spregiativa proprio come lo è la parola “negro” per i neri.

– Nella Camargue ho scoperto che viene ricordato un santo rom. Ce ne può accennare brevemente?

È una santa, Santa Sara la nera. Fin dal Medio Evo c’è questa tradizione di portare in processione verso il mare la statua di Santa Sara per un momento catartico e purificatorio.

– Lei ha già scritto per Baldini Castoldi un libro di storia del suo popolo, credo l’unico libro di questo genere esistente in Italia. La casa editrice è fallita. Perché non amplia la tematica per proporla a un editore più importante?

Già fatto il libro è pronto e attualissimo, manca un’importante editore che voglia investire davvero. Spero che lei, Nicotri, mi trovi un editore come ha già fatto con l’altro libro.

– Cosa hanno preso dai rom la moda e la musica? Django Reinhart non era un rom?

Il contributo delle comunità romanes all’Europa da un punto di vista musicale è notevole. Quando la musica romani è confluita nel patrimonio etnofonico dei Paesi ospitanti ha generato tanti stili nuovi dal Flamenco al jazz Manouche, dalla musica balcanica alla Czardas e Verbunkos alla musica dell’Europa dell’Est. Importante anche l’apporto strumentale, dall’India ovvero la terra d’origine, la popolazione romanì introdusse in Europa il Cymbalom che deriva dal Santur indopersiano e che a sua volta ha generato il Clavicembalo, così come dalla Zurla o Zurna, introdotto dai Rom nell’Impero Bizantino derivano la Ciaramella e l’Oboe. La popolazione romani è una grande realtà culturale ed artistica fatta diventare per convenienza di pochi un “problema sociale”.

Altre notizie per meglio comprendere chi è Alexian, unico figlio maschio con cinque sorelle e padre di tre figli.
Nel 2002 Spinelli è stato docente di Lingua e Cultura Romanì presso l’Università degli Studi di Trieste,presso il Politecnico di Torino. Docente di Lingua e Cultura Romanì-Lingue e processi interculturali- presso l’Università degli studi di Chieti dal 2008. Ha tenuto un cirso seminariale all’Università di Teramo nell’anno accademico 2013-1014. Nel 2003 viene nominato vicepresidente del parlamento dell’IRU e ambasciatore dell’arte e della cultura romani bel mondo per l’IRU e nel 2007 vicepresidente dell’IRU. È presidente nazionale della federazione FederArteRom.

Nel 2010 ha pubblicato per la Ut Orpheus editore di Bologna i volumi “Carovana Romanì” per Fisarmonica, Ensamble e Orchestra. Le raccolte contengono partiture composte da Alexian Santino Spinelli che sono state eseguite al Palazzo de Consiglio d’Europa a Strasburgo (07/10/2010) ed al Consiglio d’Europa a Bruxelles (17/01/2013) dall’Orchestra Europea per la Pace con cui tiene numerosi concerti in tutta Europa. Alexian Santino Spinelli è compositore ed esecutore delle sue musiche.

Il 2 giugno 2012 ha cantato il Murdevele (Padre Nostro -in lingua romanì) per Papa Benedetto XVI a Bresso (Milano) in occasione della Giornata Mondiale della Famiglia davanti a 800 mila persone e in mondovisione. Il 10 maggio 2014 ha eseguito 3 sue composizioni per Papa Francesco sul sagrato di San Pietro davanti a 300 mila persone e in diretta su Rai 1.

La sua poesia “Auschwitz” orna a Berlino, nei pressi del parlamento, il monumento dedicato alla memoria dello sterminio di Sinti e Rom durante il nazismo, inaugurato il 24 ottobre 2012 alla presenza del capo di Stato tedesco e di Angela Merkel.

 

Giornata della Memoria? No, della Falsa Coscienza e della Retorica. Utile a chi vuole dimenticare molto e molti

http://www.articolo21.org/2014/01/giornata-della-memoria-moni-ovadia-nessuno-ha-mai-detto-mi-sento-rom-omosessuale-antifascista/

Giornata della memoria: Moni Ovadia, “Nessuno ha mai detto ‘mi sento rom, omosessuale, antifascista…’”

di Stefano Corradino

Raggiungiamo Moni Ovadia il giorno della morte di Claudio Abbado. Visibilmente scosso ed emozionato per la perdita di un uomo di “grande valore umano e civile”. “Un artista purtroppo ben poco valorizzato dal nostro Paese” sottolinea Ovadia. “Sia come musicista che per il suo impegno nelle battaglie civili e sociali. Per questo lasciò l’Italia. D’altronde l’Italia tende a trascurare la grandezza delle persone di maggior talento. Dario Fo non ha neanche un teatro….” “C’è una parte ampia della classe dirigente che non ama questo Paese, che considera l’Italia terreno di conquista, di sfruttamento, di giochi politici. Riflettevamo alcuni giorni fa con Renzo Arbore sul fatto che in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia non siamo stati capaci neanche di raccogliere in una pubblicazione quei canti che rappresentano le nostre migliori tradizionali nazionali. Non abbiamo fatto alcunché per il recupero delle nostre radici”.

D – Singolare che sia proprio un ebreo a dirlo.R – La Giornata della Memoria non si deve fare per fare piacere agli ebrei. Gli ebrei hanno la loro memoria “interna”. Io, la Shoah la ricordo tutti gli anni quando vado in Sinagoga e partecipo ai canti e alle preghiere per i defunti di morte violenta.DOMANDA – Il recupero delle radici è un punto centrale anche dei percorsi storici sulla memoria. Ma come si fa a sottrarre retorica dalle celebrazioni e recuperarne autenticità, come nel caso del 27 gennaio?
RISPOSTA – Questo è un punto su cui mi sto battendo da anni. Il 27 gennaio sta diventando il giorno della falsa coscienza della retorica. Il limite principale, e il grande equivoco è di non aver capito, prima di tutto, che questa giornata non è stata istituita solo per gli ebrei. Il Giorno della Memoria doveva essere importante per una riflessione comune sull’Europa, sulle ragioni dello sterminio. Per rispondere alla domanda se tutto questo si è determinato per un incidente di percorso o se la degenerazione fosse iscritta nei geni dell’Europa. Parliamo della Germania ma magari ci dimentichiamo dei genocidi commessi dai fascisti italiani in Africa o della pulizia etnica nei paesi dell’ex Jugoslavia. La memoria ebraica non serve agli ebrei che lo sanno già ma dovrebbe essere un paradigma, un immenso edificio della memoria che possa servire anche agli altri.
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Fermi tutti e fate largo: passa l’autoambulanza con a bordo un animale investito!

Ho letto con sgomento che è diventata esecutiva, in quanto pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, una legge che mi pare più che assurda addirittura idiota. In breve: d’ora in poi l’automobilista che investe un animale avrà l’obbligo di soccorrerlo e portarlo di corsa al veterinario più vicino anche superando i semafori rossi a tutto clacson. Esattamente come se si trattasse di un essere umano. Stesso obbligo per chi ha assistito all’investimento, nel caso l’investitore scappi anziché soccorrere l’animale investito. Per fortuna non è prevista, almeno per ora, la galera, ma “solo” una ammenda da oltre 500 euro. Intanto però resta un mistero come faccia un automobilista a sapere dove si trovi non dico il veterinario più vicino, ma anche un veterinario qualunque.

L’automobilista potrà chiamare la polizia o l’autoambulanza veterinaria o i mezzi della vigilanza zoofila, che potranno usare la sirena e il lampeggiante esattamente come per le autoambulanze che trasportano un bambino, una donna incinta, un adulto o un anziano che rischia magari di crepare. Per fortuna non si tratta, almeno per ora, di ambulanze veterinarie pubbliche, cioè pagate con i soldi delle nostre tasse, ma di automezzi privati, pagati dalle associazioni di volontariato che se ne fanno  carico. Adesso però potranno accendere lampeggianti e sirena. Altra domanda che sorge immediata: quale sarà l’autoambulanza con diritto di precedenza ai semafori, rossi o non rossi? Quella con un animale a bordo o quella con una persona da ricoverare di corsa? Continua a leggere

Lo strano bipolarismo italiano: dai guelfi e ghibellini ai parlamentarelfi e berluschini. Mentre il Chiavaliere è in partenza per Israele con intenti bellicosi anche nei confronti di un editore italiano…

La degenerazione politica è arrivata ormai al punto di registrare non solo la ventesima legge ad personam per evitare processi e condanne a Silvio Berlusconi, ma anche la prima legge ad familias per evitare che finiscano nei guai anche suo  figlio Piersilvio nonché il fedele Fedele Confalonieri con l’inchiesta Mediatrade che ha svelato il meccanismo berlusconiano di accumulo di fondi neri e naviga ormai verso il dibattimento in aula. Di fatto l’Italia è prigioniera della pretesa dell’attuale capo del governo di essere legibus solutus con la scusa che è stato “eletto dal popolo”. Scusa risibile a fronte delle dimissioni date per molto meno da molto più civili leader politici e dell’impeachment evitato sul filo del traguardo dal presidente Usa Bill Clinton e dalle dimissioni cui fu costretto un altro presidente Usa, Nixon, reo “solo” di una irruzione nella sede del partito avversario per sapere cosa ci fosse scritto nei loro documenti e programmi elettorali e di avere mentito all’opinione pubblica. Bazzecole di fronte agli addebiti mossi e provati nei confronti di Berlusconi. Ripeto ancora una volta che per renderlo indegno di sedere non già a palazzo Chigi ma anche solo in parlamento basta e avanza il molto disonesto tentativo di far nominare ministro della Giustizia il suo avvocato, Cesare Previti, addetto alla corruzione di giudici romani e al conseguente scippo di imperi editoriali altrui. Corruzione che la Corte di Cassazione nel rendere definitiva la condanna di Previti ha scritto chiaro e tondo nella sentenza essere stata consumata in tandem col suo datore di lavoro Berlusconi Silvio. Continua a leggere