Articoli

STRAGE DELLE TWIN TOWER A NEW YORK: UN ALTRO DOCUMENTO CHIAMA IN CAUSA L’ARABIA SAUDITA!

11 settembre: un altro documento chiama in causa l’Arabia Saudita

Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

La campagna elettorale negli Stati Uniti è entrata nella fase calda. E’ quindi inevitabile che le questioni politiche irrisolte e più esplosive tornino a riconquistare l’attenzione dell’opinione pubblica. La più importante riguarda la verità su l’11 settembre, sui suoi responsabili e finanziatori.

Non si può dimenticare che 2977 innocenti persero la vita negli attentati contro le Torri Gemelle e che le loro famiglie, e non solo loro, non sono per niente soddisfatte delle spiegazioni ufficiali.

Come è noto, quell’attentato cambiò radicalmente anche la politica internazionale.

Le famose “28 pages”, che rivelerebbero un importante e determinante coinvolgimento di personaggi e di strutture dell’Arabia Saudita, sono ancora segretate. Esse sono parte del rapporto della Commissione di indagine del Congresso americano su l’11 settembre.

Nel frattempo però è apparso un altro dossier, il “document 17” di 47 pagine che punterebbe il dito sui legami di ben 21 persone, operanti per conto di istituzioni saudite, e i dirottatori. Interessante è la lettura del testo: http://www.archives.gov/declassification/iscap/pdf/2012-048-doc17.pdf

Il documento è stato declassificato nel luglio 2015 dalla Interagency Security Clearence Appeals Panel (ISCAP). E’ una parte degli elaborati della “9/11 Commission”, la seconda indagine indipendente del 2003 sul più grande atto terroristico della storia. Il testo è stato scritto da due tra i più importanti inquirenti del governo federale americano, Dana Lesermann e Michael Jaconson. Gli stessi che per conto della Commissione di indagine del Congresso hanno partecipato alla stesura delle succitate “28 pages”.

Il “document 17” tra i tanti interrogativi chiede di conoscere chi abbia aiutato due dei dirottatori, che in precedenza avevano soggiornato a lungo in California. Essi avrebbero goduto di appoggi logistici e sostegni finanziari di cittadini sauditi operanti sul territorio americano, dei quali uno sarebbe stato addirittura un informatore della FBI.

Nella lunga serie di domande alla FBI si cerca di comprendere se sia stato fatto tutto il necessario per fermare i terroristi e scoprire le eventuali responsabilità e complicità dei 21 cittadini sauditi. Esso rivela anche vari collegamenti internazionali con personaggi operanti in altri Paesi tra cui la Germania e la Norvegia.

In merito si spera che le nostre autorità abbiano controllato l’eventualità che i 21 personaggi menzionati abbiano avuto contatti anche nel nostro Paese.

Negli Usa su tali questioni il dibattito è diventato più acceso e più diffuso.

L’ex senatore Bob Graham, già copresidente della Commissione d’indagine del Congresso su l’11 settembre, continua con insistenza a chiedere la desecretazione delle 28 pagine. Anche recentemente in diverse interviste ha ribadito che ”è necessaria la riapertura di un’indagine generale su l’11 settembre perché entrambe le Commissioni di indagine hanno dovuto operare entro un limite temporale che non ha permesso un’indagine esaustiva”.

Ha aggiunto: ”Le 28 pagine sono importanti in quanto indicano come il complotto venne finanziato e, anche se non sono autorizzato a discuterne, i dettagli comunque puntano il dito in maniera forte contro l’Arabia Saudita.. . E’ notorio che agenti del governo saudita hanno aiutato almeno due dirottatori che vivano a San Diego, con sostegni finanziari e garantendo loro l’anonimità”.

La denuncia è forte tanto che definisce il lavoro della FBI una “aggressive deception”, un inganno aggressivo.

Riteniamo che i fatti in questione siano troppo importanti per la stabilità e per la lotta contro il terrorismo internazionale e che la piena verità possa essere il primo passo per affrontare in modo giusto e pacifico le sfide globali.

*già sottosegretario all’economia **economista

In Norvegia come per le Twin Tower: i “servizi” restano stranamente muti. Intervista a don Gallo a conclusione della grande manifestazione di Genova


PREMESSA: Rodolfo, che è una delle molte prove che i sionisti pensano di essere superiori a tutti e di avere più diritti degli altri, deve ritirare l’incredibile accusa contro Vox, con la quale mi scuso intanto io. Se Rodolfo non ritira ciò che ha detto, tragga per cortesia le conseguenze. Qui le persone che lanciano di queste accuse demenziali non sono gradite. Ed è norma di civiltà e buona educazione non imporre la propria presenza se si fa di tutto perché sia impossibile che venga gradita. Essere di manica larga e dialoganti è un conto, lasciare campo libero ad accuse e offese farneticanti è ben altra cosa. Scambiare la mia disponibilità per debolezza è un grave errore. Se qualcuno avesse detto contro Rodolfo la bestialità da lui detta contro Vox sentiremmo già le sirene di Informazione Corretta, gli ululati del Corsera e magari anche della Knesset.
Spero non dovermi ripetere. Proseguiamo.

1) – Le dietrologie non mi hanno mai appassionato, sono la scorciatoia di chi NON vuole informarsi perché NON vuole lavorare. Piuttosto che scarpinare e sudare, meglio fantasticare e avvalorare le cazzate pù immonde, come continuano a fare un po’ tutti sulla povera Emanuela Orlandi. Però è certo molto strano – o no? – che né la Cia né il più capace Mossad, con il contiguo Shin Bet, si siano mai accorti del fiume di proclami, programmi e annunci della strage infine davvero perpetrata da Breivik, loro che monitorinano in tutto il mondo anche i peti grazie non solo al gigantesco sistema di spionaggio automatico informatico noto come Echelon, che gli Usa dividono con l’Inghilterra. E’ legittimo il sospetto che sia andata come per le Twin Tower: la Cia sapeva, almeno in linea generale, e ha lasciato fare non immaginando che sarebbe stata una cosa gigantesca come invece è stato.

A dire il vero, è strano non se siano accorti neppure i cinesi, gli iraniani, gli Stati arabi ricchi, ecc., ma questi badano molto di più alla sorveglianza interna e a possibili altri attacchi militari dall’esterno. E, soprattutto, NON hanno Echelon.

Viceversa, se Echelon e i vari “servizi” non riescon a evitare neppure le tragedie annunciate pubblicamente in anticipo a tutto il mondo, perché non abolirli? Si  risparmierebbero anche un sacco di quattrini, con i quali non morirebbero di fame

2) – “Questa non è una crisi politica, ma una crisi di sistema. Un sistema che nel mondo sta spolpando il pianeta, fino a minacciarne la sopravvivenza,  e che in Italia s’è mangiato il futuro dei giovani. Dall’unità d’Italia ad oggi questi giovani sono le prime generazioni che vivono e vivranno non meglio, come è successo a tutti noi, ma peggio dei loro genitori e nonni. Ma ha ragione il mio amico Giuliano Pisapia, il nuovo sindaco di Milano: il vento può cambiare. Anzi, sta cambiando davvero e comincia a soffiare forte. Si illude chi pensa che i giovani ormai si ribellano solo nei Paesi arabi o nella Grecia divorata dai debiti. “Voi la crisi. Noi la speranza” è lo slogan lanciato dai giovani e dai “nuovi resistenti” in questi giorni di manifestazioni e proteste a Genova per ricordare l’uccisione di Carlo Giuliani e le altre violenze nei giorni del G8 di dieci anni fa. Uno slogan quanto mai  indovinato, perché i giovani si stanno risvegliando dal torpore e dalla sfiducia e con loro buona parte della gente narcotizzata dal berlusconismo. Per dieci anni sono stati scoraggiati, ora si stanno muovendo”. A parlare è don Andrea Gallo, il combattivo “prete da marciapiede” – lui però si autodefinisce “un prete che si è scoperto uomo” – da sempre spina nel fianco della curia genovese. Continua a leggere