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Il primo anno di vita del governo dei tecnici, cioè della famosa “società civile”.

E dunque venerdì prossimo, 16 novembre, il governo Monti compie un anno. L’entusiasmo con il quale venne accolto alla nascita si è spento. Al punto che nessuno vuole resti in carica dopo le prossime elezioni, che si terranno forse il 7 aprile dell’anno prossimo. A Mario Monti ogni tanto scappa detto “Se necessario sono disposto a restare”, ma nessuno raccoglie: un modo silenzioso per dire che necessario proprio no, non lo è più. Anche il presidente della Repubblica, quel Giorgio Napolitano che lo ha voluto insediare forzando un po’ la mano all’ortodossia istituzionale, non si spende più molto per lui. Ormai il premier docente di economia pare un meccanico che riparata l’auto in panne viene ringraziato dai padroni del veicolo in modo che sia ben chiaro che deve mollare il volante, e senza neppure dargli il tempo di rodare le riparazioni.

Monti ha detto – a Bruno Vespa – di “aver sottoposto il Paese a dosi di riforme mai viste in passato”. Sì, ma sono servite a risolvere i problemi per i quali era stato chiamato e di fatto imposto? Ha saputo riparare l’auto in modo che non vada rapidamente in panne di nuovo? Ai posteri – e agli elettori – l’ardua sentenza. Per ora, dopo un anno di vita, il governo dei tecnici somiglia molto a un insieme di volenterosi dilettanti più o meno allo sbaraglio. L’uscita dal guado, dalla crisi economica e finanziaria, dalla voragine del debito pubblico, dalla troppa disoccupazione non solo giovanile e dal pericolo di bancarotta nazionale, viene sempre data al condizionale: speranza certa, ma non ancora realizzata, traguardo possibile, quasi certo ma non certo, a portata di mano ma non ancora acchiappato con le mani. Verbi al condizionale o al futuro, con le stesse parole dei primi giorni di governo Monti. Intanto come al solito sono bastonati abbastanza cinicamente i meno fortunati e molto poco colpiti i privilegiati e gli arricchiti. Continua a leggere

La Chiesa della vergogna

Contro i nazisti e lo sterminio su scala industriale degli ebrei, dei rom, dei prigionieri e di altri  ancora non ha speso neppure una parola. Contro la sentenza di Bruxelles contraria all’imposizione del crocifisso sui muri delle scuole pubbliche la Chiesa ha invece scatenato una tempesta di parole e non solo di parole. Una vera e propria fiera del ridicolo e delle falsità, con la più reazionaria e integralista gerarchia del clero impegnata a blaterare lezioni di “sana laicità”.  Forse l’idiozia più grossa l’ha sparata il segretario di Stato del Vaticano Tarcisio Bertone quando col suo sorriso a 48 denti ha tuonato che “L’Europa ci regala le zucche vuote di Halloween”, peraltro preferibili di molto alle devastazioni, guerre, roghi di esseri umani, di libri e di intere biblioteche, a partire da quella di Alessandria, e alle troppe persecuzioni e stragi regalateci dalla Chiesa nel corso dei secoli.

Bertone sorride a 48 denti felice della subalternità dei politici e mass media italiani, che non hanno il coraggio di rinfacciargli l’avere firmato nel 2001, assieme all’attuale papa, anche lui chissà perché sempre molto sorridente, l’ordine a tutti i vescovi del mondo di nascondere alle autorità civili dei rispettivi Paesi tutti i casi di pedofilia nel clero. Ordine che non è mai stato rinnegato. Un bel campione della Chiesa e della carità cristiana questo Bertone, per non dire di Ratzinger, a suo volontario della gioventù hitleriana. Continua a leggere