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Uno strano terzetto: Matteo Renzi e i suoi consiglieri Yoram Gutgeld e Davide Rocca

Matteo Renzi sarà anche la carta vincente del Partito Democratico, ma sta dicendo qualche banalità di troppo. Giorni fa per esempio ha dichiarato: “Per me è più di sinistra pensare a chi non ha lavoro che discutere delle tutele più o meno corrette per chi invece il lavoro ce l’ha. So che non è la linea della Cgil e che parte del gruppo dirigente della Cgil mi detesta. Ma la penso così”. L’affermazione suona bene, ma è illogica di per sé per un paio di motivi.

Il primo motivo è che i sindacati si occupano giustamente degli occupati, cioè di chi ha un lavoro, oltre che dei cassintegrati e dei licenziati, cioè di chi il lavoro ce l’ha ma ne è temporaneamente sospeso e di chi il lavoro lo aveva ma non ce l’ha più. I sindacati non possono certo occuparsi dei disoccupati che un lavoro non l’hanno ancora avuto, altrimenti non sarebbero dei sindacati, bensì dei partiti o dei movimenti. E’ come dire che una banca deve preoccuparsi non solo e non soprattutto dei risparmi dei propri correntisti e di chi comunque vi ha depositato i propri quattrini, ma di chi con essa nulla ancora ha a che vedere.

Con un paragone che certo Matteo Renzi può capire al volo, è come dire che lui, sindaco di Firenze, debba occuparsi anche dei non fiorentini. Certo che può occuparsi anche dei non fiorentini, dai palermitani ai torinesi, ma cambiando mestiere: come parlamentare e non come sindaco. Per giunta, come parlamentare che, contrariamente al solito, non si limiti a curare il proprio orticello elettorale e gli interessi dei propri elettori. Continua a leggere

Mario Monti l’Arcitaliano

E dunque alla fine Mario Monti nonostante il loden e la valigia con il trolley si è rivelato più italiano che anglosassone. Anzi, s’è rivelato proprio il classico Arcitaliano, per usare un termine caro a Giuliano Ferrara, che di arcitalianità se ne intende al punto da avere coniato il termine e da usarlo come suo soprannome nella sua rubrica sul settimanale Panorama. Arcitaliano e quindi anche discretamente vanesio. Chi accetterebbe che il dentista una volta quasi completati i lavori per i nostri denti pretendesse di continuare a occuparsene anche se abbiamo forse deciso di cambiare dentista cercandone uno più bravo e/o meno costoso? E chi accetterebbe che l’architetto o l’impresario edile una volta quasi terminata la ristrutturazione della nostra casa pretendesse di continuare a occuparsene, per giunta in coabitazione con noi, anche se abbiamo deciso di cercarne di meglio o meno cari? Certamente nessuno accetterebbe tali eventuali invasioni di campo, decisamente impensabili. Mario Monti invece più o meno questo sta facendo. Il che dimostra che non è del tutto vero che lui è un tecnico prestato alla politica per necessità di quest’ultima. Se lo fosse accetterebbe di passare la mano, con i nostri sentiti ringraziamenti, accettando quanto deciso dai padroni della dentatura e di casa con annesso guardiano, vale a dire dal parlamento e dal presidente della Repubblica. Invece ha deciso di restare in politica e mettere in piedi una coalizione di centro. Che porterebbe via voti sia alla sinistra che alla destra e lo metterebbe forse in grado di restare a palazzo Chigi. Evidentemente a Monti il premio d’ingaggio pagato come anticipo per le sue prestazioni da tecnico, cioè la nomina a senatore a vita, non è bastato.