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Impariamo da Glenn Greenwald, giornalista, scrittore e avvocato statunitense

Copincollo dal profilo Facebook del mio amico e collega Gianfranco Modolo. 

 

Dice Glenn Greenwald, giornalista, scrittore e avvocato statunitense:

se guardi la storia delle guerre americane, negli ultimi decenni, sono incredibilmente simili. Il modo in cui convincono gli americani a sostenere Il coinvolgimento degli Stati Uniti in una guerra, consiste nel focalizzarsi sulla persona di un particolare leader, e portarci a odiarlo. Per esempio, Saddam Hussein in Iraq è un personaggio terribile. Bashar al Assad, in Siria, è una forza tirannica. Il Mullah Omar, in Afghanistan, è un individuo che dobbiamo eliminare. Gheddafi e la Libia. Sollecitano le nostre emozioni affinché diciamo di sì e vogliamo andare a caccia di questi tiranni. E poi dopo aver speso centinaia di miliardi e aver sacrificato moltissime vite, i sondaggi mostrano invariabilmente che gli americani arrivano a rendersi conto che quelle guerre sono state un errore. E la ragione è che si rendono conto che il coinvolgimento degli Stati Uniti in quelle guerre non ha portato nessun beneficio agli Stati Uniti e tanto meno ai cittadini americani. Quindi esaminiamo l’attuale situazione seguendo tale impostazione. La maggior parte delle persone che operano a Washington sono concordi nel ritenere che siamo più vicini all’uso delle armi nucleari che in qualsiasi altro momento, dopo la crisi dei missili cubani di 60 anni fa. C’è una minaccia molto reale di uno scambio nucleare o addirittura di un confronto diretto tra Russia e Stati Uniti.
E per che cosa? La questione è su chi governa e comanda nemmeno su tutta l’Ucraina, ma nel Donbass, la regione orientale dell’Ucraina, dove la maggioranza delle persone in realtà si considera parte dell’etnia russa e vuole far parte della Russia. Eppure non c’è quasi nessun dibattito sul fatto che dovremo spendere enormi quantità di denaro in Ucraina e rischiare la vita dei nostri concittadini americani fino ad arrivare alla possibilità di una guerra nucleare. Perché tutti sanno che nel momento in cui esci dal coro, c’è un’orda di persone pronte a definirti antipatriottico oppure traditore oppure ammiratore di Vladimir Putin, come so che stanno facendo in questo preciso momento con questa nostra trasmissione. E mi riferisco allo staff di Media Matters ed altre persone online. Quindi siamo in un’atmosfera davvero repressiva, che sta sopprimendo un dibattito che invece dovremmo assolutamente avere’.
Ma in Italia non avviene più o meno lo stesso fenomeno? Pacifinti, filoputiniani, traditori, questi gli epiteti rivolti a chi si oppone al mainstream e sollecità la trattativa per la pace. Non lo dicono al Papa, ma poco ci manca.