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La Siria deve cambiare per far largo al gas del Qatar e agli interessi del suo padrone, il fanatico wahabita sceicco Al-Thani già decisivo nella “rivoluzione” libica

Che succede in Siria? Perché la Turchia ha reagito a un non chiaro incidente di frontiera prima con bombardamenti rappresaglia e di recente anche proibendo il sorvolo del proprio territorio a tutti gli aerei siriani, compresi quelli dei voli di linea? E perché l’emiro del Qatar, Al Thani, dal pulpito della 66esima sessione plenaria dell’Onu ha invocato un intervento armato almeno panarabo contro la Siria di Assad? Domande che a quanto pare  hanno una ben precisa risposta: il Qatar vuole esportare il suo gas servendosi dei gasdotti turchi e il governo di Ankara è d’accordo e mira a che l’accordo diventi realtà. Ma andiamo per ordine.

Nei giorni scorsi il quotidiano tedesco Die Welt ha citato un rapporto dettagliato del Bundesnachrichtendienst (BDN), cioè dei servizi segreti tedeschi, il quale rivela che il  95% dei “ribelli” siriani, stimati in poco meno di  15.000 uomini,  è in realtà di origine straniera. Quelli siriani sono appena il 5%.  Ma la percentuale è destinata a calare ancora perché sarebbero in arrivo altri 5.000 mercenari stranieri, compresi uomini di Al Qaeda,  sulla base di accordi tra Paesi occidentali e Arabia Saudita.

Guarda caso, si sta verificando quanto previsto e consigliato al presidente Obama dal think tankSaban Center for Middle East Policy, emanazione della Brookings Institution, che ha sede a Washington. Come abbiamo già fatto rilevare il 27 agosto, il Saban Center è composto da personaggi molto bene inseriti nelle istituzioni politico militari Usa,  compresa la Casa Bianca e la Cia, e per la Siria suggerisce a Obama .  la propria “Valutazione delle opzioni di un cambio di regime”. Opzioni che raccomandano la creazione di zone franche e di corridoi “umanitari”. Lo studio del Saban Center afferma: “E’ possibile che una vasta coalizione con un mandato internazionale possa aggiungere ulteriori azioni coercitive ai suoi sforzi”.  Ecco spiegato perché lo sceicco Al Thani all’Onu ha invocato l’intervento armato multinazionale. Continua a leggere

Libia sì, Barhain e Arabia Saudita no. Fallito in Libia il collaudo di tipo afgano da riutilizzare poi in Iran. Che resta però candidato a vittima del terremoto giapponese

1) – Cosa è successo in Libia pare ormai chiaro. Una rivolta circoscritta è stata spacciata per rivoluzione dai mass media dell’Arabia clerical petrolifero monarchica seguiti a razzo dai nostri. Lo scopo era di poter mandare istruttori militari occidentali per organizzare i rivoltosi e armarli a dovere. Insomma, il bis della creazione dei talebani fatta a suo tempo dagli Usa in Afganistan contro l’Unione Sovietica. Questa volta al posto dei talebani gente comunque utile a buttar giù Gheddafi per sotituirlo con un Kharzai libico, manovrabile a piacere da Washington e Londra. Questo spiega la assoluta mancanza di foto e prove vere dei “massacri e bombardamenti di interi quartieri civili” di cui si è cianciato assieme ai falsi delle “fosse comuni” e del “genocidio”, oltre alla assoluta mancanza di foto e  video di masse di rivoltosi, abbondanti invece durante le manifestazioni del Cairo e Tunisi. Spiega anche perché ancora oggi si vedono solo foto e  video di rivoltosi con armi pesanti, come le molte camionette con mitragliatrici di grosso calibro, antiaeree o antiblindati. Fosse andata bene, l’intervento clandestino in Libia sarebbe probabilmente diventato il collaudo dell’intervento da bissare in Iran. Continua a leggere