Quanti lupi che si dicono minacciati dall’Iran, da troppo tempo preso a calci dall’Occidente. Seconda parte del diario di un mio compagno di viaggio in Palestina

Ridere o piangere? A minacciare l’Iran per i suoi programmi nucleari, peraltro a soli scopi pacifici checché ne dicano Paesi che già hanno mentito e contribuito a mentire sulle (mai esistite) bombe atomiche irachene per scatenare una guerra ancora in corso, sono in particolare gli Usa, Israele, la Francia e l’Inghilterra. Vale a dire, i Paesi responsabili in toto dei disastri  e delle paure iraniane nonché della conseguente scarsa simpatia dei governi di Teheran per noi. La Francia ha foraggiato il programma di armamento atomico clandestino di Israele, e ad agitare i sonni iraniani sono proprio le atomiche prodotte a Dimona, nel deserto del Negev. L’Inghilterra ha enormi responsabilità storiche riguardo la travagliata vita dell’Iran da vari decenni, da quando cioè gli inglesi issarono sul trono “del Pavone” un Pahlavi convinti di poter fare così il bis del golpe filo occidentale di Ataturk in Turchia, di installare cioè anche a Teheran un regime filo occidentale. Il filo occidentalismo ci fu, soprattutto grazie all’imbelle e corrotto scià Mohammad Reza Palahvi, che venne talmente incoraggiato dagli americani a costruire almeno cinque centrali nucleari e a varare l’annesso programma di costruzione di ordigni atomici, in funzione anti Urss, da accordargli la vendita del prestigioso Dipartimento di ingegneria nucleare del famoso Massachusset Institute of Technology, vendita che non andò in porto solo per la ribellione degli studenti, dei docenti e degli scienziati del Dipartimento. Continua a leggere

Obama vuole la pace e perciò anche il controllo Usa delle atomiche israeliane. La prima metà del molto documentato diario di un mio compagno di viaggio in Palestina [segue]

Nonostante le dichiarazioni boomerang di Bibi Netanyahu sul massacro di dicembre/gennaio 2008 a Gaza (dove – come ha fatto notare un nostro lettore – ha praticamente ammesso che Israele il cammino verso la pace lo percorre compiendo quelli che la stessa Onu ha definito crimini di guerra e anche contro l’umanità, critica che peraltro pare si possa rivolgere anche contro Hamas) e nonostante il suo pubblico e reiterato rifiuto a bloccare la vergogna dell’espansione delle colonie in territorio palestinese, a New York il primo ministro israeliano si è sentito fare dal presidente degli Stati Uniti il discorso che mai nessuno ha osato fare a Israele. “Il problema non è tanto l’ipotetica bomba atomica iraniana, ma il già esistente arsenale nucleare di Israele”, ha infatti detto Obama a un allibito e molto contrariato Netanyahu. Che però per uscire dall’angolo nel quale Obama lo ha stretto nei colloqui newyorkesi ha dovuto non solo abbozzare, ma anche prendere una serie di impegni:

a) NON attaccare l’Iran, checché pretendano gli estremisti fanatici e guerrafondai che sono lo zoccolo duro elettorale di Bibi;

2) lasciare che eventualmente l’Iran si costruisca l’atomica, visto che ne ha tutto il diritto data anche la vicinanza con Paesi dotati di armamenti nucleari;

3) smetterla di far finta che Israele le atomiche non sa neppure cosa siano;

4) affiancare nel controllo delle atomiche israeliane gli statunitensi. Visto che sono gli  Usa a garantire di fatto, ed esplicitamente, la vita e la sopravvivenza di Israele contro qualunque pericolo di aggressione, comprese quelle nucleari di cui tanto si straparla, tanto vale trarne le conseguenze sul piano pratico. Quella che si profila quindi è una soluzione del tipo “doppia chiave”, come per le atomiche Usa che ancora stazionano in Italia quanto meno negli aeroporti di Ghedi e Aviano: a deciderne l’eventuale uso NON sono gli italiani, ma – nella migliore delle ipotesi – questi assieme agli americani. Del resto il controllo Usa sull’Iran diventa più stretto con il blocco dello “scudo stellare” rivolto verso la Russia per rivolgerlo invece verso l’Iran. Vale a dire, verso tutte le potenze nucleari già esistenti ed eventualmente future di quella martoriata parte del mondo. Continua a leggere

La solita retorica da Strapaese anche per i militari uccisi in Afganistan, il solito disprezzo per i morti altrui, la solita storica faciloneria militare e i soliti due pesi e due misure tra morti al lavoro in divisa e morti al lavoro in abiti qualunque

Per capire a che punto arrivi senza che neppure ce ne rendiamo conto l’uso dei due pesi e due misure anche in settori drammatici, anzi tragici e forieri di ulteriori disastri, basta considerare due fatti recenti, entrambi luttuosi pur se da noi considerati diversamente. L’uccisione in Afganistan di sei nostri militari e l’uccisione qualche giorno prima di ben 92 civili afgani per mano dei militari tedeschi della Nato che hanno bombardato a vanvera scambiando per terroristi talebani un folla di disgraziati che stava napoletanamente approfittando di una autocisterna carica di benzina in panne per portarsi a casa un po’ di carburante a sbafo oppure che si trovava lì perché costretta da un gruppo di talebani armati ad aiutarli e rimettere l’autobotte in carreggiata.
Partiamo dal secondo fatto, dato che è il primo in ordine cronologico.

Se anziché talebani fossero stati israeliani, statunitensi, europei, gli ufficiali tedeschi avrebbero dato egualmente l’ordine insensato di bombardare senza neppure essere certi che non si trattasse di gente che non c’entrava niente? Oppure: se avesse avuto il sospetto che in quella folla ci fossero anche dei turisti o giornalisti occidentali, i tedeschi o altri della Nato avrebbero bombardato egualmente? Certo che no. E in entrambi i casi. Già questo spiega molto, se non tutto. Bill Clinton non autorizzò il lancio di un missile su Bin Laden perché con lui c’erano un centinaio di donne arrivate per ascoltarlo. Clinton però era un politico, non un militare, in quanto tale ottuso per definizione. Bush padre invece autorizzò in Iraq il lancio di una enorme bomba “intelligente” di profondità su quello che gli avevano detto essere un rifugio sotterraneo con dentro Saddam e che invece si rivelò un rifugio civile con dentro quasi 500 tra donne, bambini, anziani e disgraziati vari: tutti gasati e cremati nel rifugio trasformato in forno crematorio per vivi dalla bomba “intelligente”. Continua a leggere

Quanti errori, opportunismi e sporcizie nascoste sotto il tappeto dei nostri sei morti in Afganistan. Mentre il capo del governo e alcuni ministri svalutano il Risorgimento e attentano all’unità d’Italia. E la Fiat si rimette a piangere per avere i nostri soldi quando la faida tra Agnelli mostra egoismi e lucri privati colossali

Mi inchino anch’io di fronte alla morte dei nostri sei soldati in Afganistan, sperando che il tragico bilancio non aumenti. Mi inchino anche di fronte ai 20 civili uccisi anche loro nello stesso attentato, ma di cui nessuno o quasi parla, come se non ci riguardasse e non fossero stati uccisi solo perché casualmente vicini alla nostra pattuglia. Il cordoglio e il dolore non mi impediscono però di far rilevare alcune cose spiacevoli e sostenere di conseguenza che per esempio è un errore il rinvio della manifestazione per la libertà di stampa indetta dalla Federazione nazionale della stampa italiana, vale a dire dal sindacato di noi giornalisti.
Dopo avere spiegato perché il rinvio è un errore passerò a spiegare come in quanto a logica e decenza dei politici di governo lo Strapaese è ormai messo molto male.

La prima cosa da rilevare riguardo l’Afganistan è che i nostri militari muoiono a molte migliaia di chilometri da casa in una guerra persa in partenza. Non dico che tutti debbano avere studiato e conoscere la Storia, ma almeno i politici e gli alti comandi militari dovrebbero dare un’occhiata alle carte geografiche prima di imbarcarsi in imprese tanto altisonanti quanto sballate. Per “vincere” in Afganistan servono non meno di 2 o 3 milioni di soldati, seguiti però da qualche milione di occidentali che vi si trasferiscano per viverci. Ovvero: l’Afganistan o lo si colonizza con una tabula rasa, come sono state colonizzate le Americhe, o è meglio lasciarlo stare e darsi alla politica anche con quel Paese anziché condurvi avventure militari. La colonizzazione però è ormai un relitto della Storia, e in ogni caso l’Afganistan, che non è la val Padana aperta all’invasione longobarda o la Palestina chiusa in una morsa e abbandonata al suo destino dal mondo, in fatto di colonizzazione si è già a suo tempo rivelato un osso più duro dell’India, della Cina e del Vietnam. Che avevano di fronte non gli italiani dell’Italia berluscona, ma i francesi della Francia, gli inglesi dell’impero di Sua Maestà e infine i marine, così come gli afgani avevano di fronte non l’eserito di re Sciaboletta, ma gli inglesi prima e i sovietici dopo: tutti finiti nella polvere. Continua a leggere

Gli assurdi paragoni boomerang di Netanyahu. E la sua prosecuzione della strategia del rubare quanta più terra ai palestinesi continuando a demolire le loro case e a insediare coloni

Giornalista: “Come mai in questo conflitto sono morti tanti palestinesi e pochi israeliani?”.

Netanyahu: “Lei è certo di voler iniziare con questo tipo di domanda?”.

Giornalista : “Perché no?”.

Netanyahu: ” Perché nella seconda guerra mondiale sono morti più tedeschi di tutti gli americani e gli Inglesi messi insieme, eppure nessuno dubita che la guerra sia stata causata dall’aggressione tedesca. E in risposta al bombardamento tedesco di Londra gli Inglesi rasero al suolo l’intera città di Dresda, uccidendo più civili di quanti ne morirono a Hiroshima. Inoltre potrei ricordarle che nel 1944, quando gli Inglesi provarono a distruggere il comando della Gestapo a Copenhagen, alcune bombe caddero per errore su di un ospedale pediatrico nelle vicinanze, uccidendo 83 bambini danesi. Vuol passare a un’altra domanda?”.

Se ce ne fosse ancora bisogno, ecco un’altra prova dell’ottusità e della non buona fede di molti governanti israeliani, in questo caso del primo ministro attuale Netanyahu. Il suo ragionamento fa acqua da molti buchi, e in ogni caso diventa un boomerang. Se infatti si dice che chi è aggredito può reagire in modo devastante contro l’aggressore, si autorizzano per esempio i palestinesi a reagire in modo devastante contro le aggressioni e invasioni che ahnno iniziato a subire per primi. E l’Egitto? Assalito proditoriamente nel ’57 dall’esercito guidato da Dayan in quanto reo di avere finalmente nazionalizzato il canale di Suez, è forse autorizzato a devastare Israele? Io ne dubito, ma Netanyahu e i suoi supporter evidentemente no. Per non parlare del Libano, dell’Iraq bombardato ad Osirak, della Siria pure bombardata nella centrale nucleare in costruzione, e via elencando.

Purtroppo il giornalista non è stato pronto a ribattere. Ma a volte con certa gente è meglio il lancio delle scarpe, come ha fatto in Iraq un altro giornalista. La volgarità, la disonestà e il razzismo del paragonare il popolo palestinese alla Germania di Hitler che scatenò la seconda guerra mondiale e il molto abusato, ormai tedioso dare del nazista, antisemita, ecc., a chiunque non applauda qualunque azione di Israele, compresi quindi una marea di israeliani e di ebrei nel mondo, può entusiasmare il noto canagliume nostrano, ma sicuramente non blocca la capacità degli esseri umani di ragionare con la propria testa. Non blocca neppure la capacità dell’Onu di comminare altre condanne e altri biasimi verso Israele, che non si capisce bene cosa ci stia a fare nll’Onu e perché non ne venga espulsa visto e considerato che dei deliberati dell’Onu se ne infischia altamente. Se a infischiarsene fosse un qualunque stato islamico sarebbe già stato cacciato a pedate.

Però  “non ragioniam di lor, ma guarda e passa”. Allego un articolo di Jeff Halper, direttore del Comitato israeliano contro la demolizione di case (in sigla ICAHD), che mostra il solito gioco delle tre carte di Netanyahu&C. A allego anche un comunicato di una associazione di volontari cattolici che aiutano un paesino palestinese a sud di Hebron  a difendersi dalle violenze dei coloni, che continuano imperterriti a rubare la loro terra spalleggiati e protetti dall’esercito pur trattandosi di furti illegali anche dal punto di vista della stessa legge israeliana.  Oltre al furto della loro terra, hanno ricevuto anche l’ordine di demolizione di sei case. Poiché in quel minuscolo paesino ci sono stato, inserisco nel pezzo alcune mie foto. Le case demolite sono la quasi totalità del paese, formato da pochissime case, abitazioni povere e dignitose delle persone anziane che ci hanno accolto festanti, di quei bambini, di quelle ragazze e di quei giovani che hanno danzato per noi visitatori, ragazze e giovani bisognosi anche loro di speranze e di certezze, cioè di un futuro, ma rispetto i quali voltiamo ipocritamente la testa dall’altra parte. Le responsabilità non sono tanto di Israele quanto nostre, cioè dell’Europa e degli Usa che di Israele si servono rischiando inevitabilmente alla lunga di essere usati.
Obama se vuole davvero imporre la pace in Medio Oriente dovrà adoperare il bastone. Ammesso che glielo lascino usare e non gli tolgano quanto meno la mano. Continua a leggere

Ma la campana suona solo per Mike Bongiorno? Ratzinger come Ahmadinejad ha princìpi e interessi “non contrattabili” (Post Scriptum: ecco gli inciampi giudiziari del moralizzatore Vittorio Feltri)

Solo nello Strapaese berluscone può accedere che un ministro, cioè un membro del governo nazionale, predichi e minacci la secessione di una pezzo di territorio. Lo sta facendo in queste ore ad alta voce il senatùr balabiòt Umberto Bossi, e senza che il presidente della Repubblica ne pretenda immediatamente le dimissioni e magari anche l’arresto data la flagranza dell’evidente reato di  reato di eversione. L’espressione del viso di Bossi è ad un tempo il contorno e il commento più azzeccato a ciò che dice.
Mi spiace ancora una volta non poter parlare solo di Mike Bongiorno, e di doverlo anzi mettere in compagnia di certa gente, ma l’incalzare delle cronache sempre più disastrose non permette l’assenza di personaggi sgradevoli.
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Il Vaticano ansioso di “perdonare” Berlusconi per farsi regalare un’altra parte dei nostri diritti civili e un’altra bella fetta di invadenza nella scuola dello Strapaese

La lettura dei giornali italiani in questi giorni è molto deprimente, occupate come sono le sue pagine da storie postribolari del signor primo ministro e dichiarazioni a getto continuo di cardinali, vescovi e preti vari. Neppure sotto il fascismo e in epoca di bordelli legali i giornali erano così pieni di foto di monsignori e belle donne dalla coscia facile. Lo Strapaese scivola velocemente verso la Spagna all’epoca in cui era ancora la sagrestia d’Europa. E siccome il Paese iberico è orgogliosamente uscito dallo strapotere delle sottane clericali ecco che il Vaticano approfitta dei casini – è il termine adatto – di Silvio Berlusconi per arraffare dall’Italia il più possibile.
Costantino venne perdonato dell’assassinio del proprio figlio e della propria moglie Fausta in cambio del regalo al vescovo di Roma delle proprietà immobiliari della famiglia di Fausta, e la Chiesa diede la sua prima grande prova di non disinteressato cinismo costruendosi sopra il suo  complesso sacro del Laterano, che prende il nome proprio dal nome dalla famiglia di Fausta: l’obbrobrio in questo caso è rimasto incastonato nel nome del palazzo e della basilica del Laterano.
Berlusconi lo si vuole a tutti i costi perdonare, come ha detto chiaro e tondo il papa in persona (“Dio colpisce i peccati, ma salva il peccatore”, cosa peraltro falsa visto che per i peccatori c’è l’inferno, ma tralasciamo) anche se si fa molto ipocritamente finta di volerlo condannare. Continua a leggere

Perfino in una commemorazione come quella di Danzica, su un massacro da 60 milioni di morti provocato anche dall’Italia, lo Strapaese e il suo capo del governo fanno pena, se non orrore, preferendo parlare di mutande anziché di Storia e responsabilità. Neppure una Repubblica delle Banane sopporterebbe più un capo di governo che, tra l’altro, in queste ore si sta confermando calunniatore incallito della magistratura

L’anomalia dello Strapaese, e perciò anche di noi strapaesani, è risaltata drammaticamente a Danzica. E’ risalta cioè in occasione della sobria cerimonia di omaggio alle vittime della seconda guerra mondiale da parte dei capi di governo europei e di altri Paesi colpiti da quella immane tragedia. Mentre il cancelliere tedesco Angela Merkel ha riconosciuto e addossato in pieno alla Germania, cioè al suo Paese, la responsabilità della mattanza da 60 milioni di vittime scatenata dai nazisti quando lei non era neppure nata, il nostro capo di governo si è ben guardato dal ricordare che il suo Strapaese ha partecipato attivamente e con entusiasmo a quella stessa mattanza. Anzi: Hitler si è più volte definito scolaro ammirato di Benito Mussolini, cosa che ci pone in una situazione di responsabilità ancora più grande.

E’ talmente avvilente che in una occasione così  drammatica, per la immane catastrofe alla quale si riferiva, lo Strapaese sia stato rappresentato dal Chiavaliere con i tacchi alti che è meglio non parlarne proprio. Mi sbalordisce però il punto di bassezza cui siamo arrivati, con il nostro primo ministro che perfino in occasione di una tale terribile coralità, all’ombra di 60 milioni di vittime, parla ancora una volta di affari mutandiferi e minaccia la stampa dello Strapaese che rappresenta.  Come se anziché al cospetto del peso schiacciante della Storia si trovasse nei servizi igienici di casa sua, libero quindi di ruttare a volontà. Continua a leggere

La logica capovolta dello Strapaese e della sua Chiesa, prigionieri di un direttore e di un editore pluricondannati come Vittorio Feltri e Paolo Berlusconi. Entrambi condannati a ben di più dei miseri 512 euro e della baggianata delle molestie telefoniche usate per distruggere Dino Boffo. Berlusconi ha addirittura patteggiato una cifra 100.000 volte più grande di quella di Boffo!

Che lo Strapaese sia sull’orlo dell’abisso, anzi di vari abissi, lo dimostrano anche la logica capovolta, l’autocensura, l’ ignoranza e imbecillità congenita di giornalisti, politici e monsignori nel trattare il caso Feltri/Boffo.
Come è possibile infatti che si sia permesso di montare in cattedra e dar lezione, fino ad abbandonare Boffo al suo destino, a un giornalista pluricondannato come Feltri, per giunta direttore di un giornale proprietà di un editore pesantemente condannato come Paolo Berlusconi?
Un editore, Paolo Berlusconi, indagato per vari reati come falso in bilancio, truffa e corruzione, che ha patteggiato una condanna ad un anno e nove mesi di reclusione ed il pagamento di 49 milioni di euro, pari a quasi 100 mila volte la cifra pagata da Boffo. E un direttore, Feltri, che ama circondarsi di campioni senza macchia come Renato Farina, condannato anche lui e pure radiato dall’Ordine dei giornalisti. Un direttore, Feltri, che come ha scritto L‘espresso ha taciuto notizie molto importanti e ne ha date con clamore di fasulle. Tra queste ultime, secondo L’espresso, uno “scoop” sul caso Moro risultante falso, così come la notizia sulla diffusione della lebbra in Sicilia, un’intervista al cantante Francesco De Gregori, una presunta sparatoria della scorta di Oscar Luigi Scalfaro contro un elicottero dei vigili del fuoco e altro.
Un direttore, Feltri, che se non ricordo male sputò sul cadavere di Fabrizio Quattrocchi [come mi ha segnalato una lettrice, in realtà si trattava di Enzo Baldoni. Quattrocchi, anche lui rapito e ucciso, era invece un contractor], il giornalista freelance rapito e ucciso dai terroristi islamisti in Iraq. Un direttore, Feltri, che ha sempre difeso e non ha mai criticato neppure da lontano un giglio candido quel è Marcello Dell’Utri, il sodale braccio destro di Silvio Berlusconi, condannato e patteggiatore su vari fronti giudiziari.
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Vittorio Feltri: campione dei due pesi e due misure dello Strapaese. Oltre che assolutamente non attendibile stando al suo stesso modo di (s)ragionare

Come forse avete appreso altrove, sono stato citato per il caso Dino Boffo/Vittorio Feltri. Nei link qui di seguito troverete tutte le spiegazioni. Si tratta di due miei articoli per Giornalettismo e della citazione di uno dei due da parte del sito del quotidiano L’Avvenire d‘Italia. Leggendoli, potete farvi un’idea abbastanza documentata di come stanno le cose, di cosa muove Feltri e chi è il vero destinatario del suo attacco a testa bassa contro Boffo. Spero li troviate utili.

http://www.giornalettismo.com/archives/35023/feltri-la-perdonanza-e-la-mignottanza/

http://www.giornalettismo.com/archives/35183/l-omosessualita-in-vaticano-e-quelle-veline-dei-cardinali/

http://www.avvenire.it/Cronaca/Nicotri+nel+2006+chiamai+Boffo+e+lui+chiar%C3%AC_200909010657149200000.htm

(S)Ragionando come Feltri, lui dovrebbe solo stare zitto. Quelle che seguono sono infatti le sue credenziali, riportate da Wikipedia. Non mi pare siano esaltanti: Continua a leggere

Dall’Italia della Perdonanza allo Strapaese della Mignottanza. Dove il mese di agosto è stato chiuso degnamente dalla denuncia di Berlusconi contro il giornale la Repubblica, che ha tutta la nostra solidarietà

C’era una volta l’Italia, detta anche il Belpaese, oggi invece c’è lo Strapaese. E l’agosto dello Strapaese registra ovviamente avvenimenti da Strapaese, alcuni davvero straordinari. Il più straordinario di tutti è andato in vacca perché Vittorio Feltri, neo ri-direttore de Il Giornale di Berlusconi, da bravo zelante più realista del re, ha sferrato un tale attacco a Dino Boffo,  direttore del giornale dei vescovi L’Avvenire d’Italia, da far fare marcia indietro alla piccola Canossa del Chiavalier Berlusconi Silvio. Niente cena di pubblica assoluzione per il sempre più impresentabile nostro primo ministro al desco del segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, per l’annale festa della Perdonanza del 28 agosto a L’Aquila. La cena è saltata, però il miserabile mercanteggiamento in scena da molti giorni è comunque riuscito a trasformare la Perdonanza in Mignottanza. Ma andiamo per ordine. E con calma.

Alla famosa Noemi, caricatura partenopea dei sogni neppure a metà strada tra Lolita e Sophia Loren, ma tuttalpiù tra Cuccarini e “meteorine”, il premio ridicolo e scalcinato “Per il talento che verrà”. Al suo mentore, ganimede e papi, cioè a Silvio Berlusconi, il premio, mancato all’ultimo minuto, “Per i talenti che già vengono e che anche verranno”, ove per talenti in questo caso si intendono però non tanto le capacità personali quanto invece, e  non solo, quelli d’argento, cioè a dire i quattrini e i privilegi. Il mercato delle vacche – è il caso di dirlo – per poter esibire l’ex marito di Veronica Lario e nostro capo di governo intento a mangiare e ridere beato a L’Aquila con la buona forchetta – ed eterno sorriso a 32 denti – cardinal Bertone passerà alla storia come l’avvenimento che è riuscito a trasformare dopo 700 anni la Perdonanza in Mignottanza. Del resto alla base del premio per ora mancato a Berlusconi e di quello di consolazione a Noemi c’è la stessa sostanza: la furbizia bottegaia che tutto afferra per trarne profitto “particulare“, l’ipocrisia senza crepe e la morale da marciapiede che da sempre caratterizza gran parte del mondo della Chiesa e qualunque potere terreno. Continua a leggere

La truffa elettorale di Kabul è più buona di quella di Teheran. E i cattolici filo clericali sono come i fumatori incalliti: devono assolutamente imporre il velenoso fumo passivo anche agli altri. La Lega ci sprofonda nel guano mentre un libro di Maria Latella dimostra che il Chiavaliere è davvero malato

E adesso? Due Ahmadinejad imbroglioni elettorali a Kabul anche se filo occidentali? Eravamo e siamo ancora talmente presi dalle accuse ad Ahmadinejad di avere commesso giganteschi brogli elettorali, accuse peraltro finora non provate, da non avere messo nel conto che i tanto deprecati brogli potessero entrare a vele spiegate proprio nell’Afganistan da noi più che democratizzato semplicemente occupato. Occupato e da troppo tempo vittima di invasioni e invadenze di Paesi stranieri: dagli inglesi ai sovietici fino agli americani, talmente cinici e imprudenti da avere finanziato, armato e allevato sia Bin Laden che i taliban illudendosi di poterli scaricare dopo averli allattati e usati contro l‘Unione sovietica. Ci troviamo nella molto imbarazzante situazione di scoprire che entrambi i candidati alla presidenza dell’Afganistan si accusano gagliardamente l’un l’altro di brogli elettorali e hanno anche tentato il colpo di mano di attribuirsi a razzo la vittoria e perciò il diritto a dirigere o a tentare di dirigere il loro Paese. Per non parlare dell’affluenza alle urne piuttosto fallimentare. La molto bassa affluenza sarà anche colpa delle minacce dei taliban, resta però il fatto che le democratiche elezioni presidenziali, assai poco democraticamente imposte manu militari da noi occidentali, si sono rivelate se non una farsa, termine che non uso per rispetto verso chi comunque ha avuto il coraggio di andare a votare, almeno la classica montagna che s’è ridotta a partorire il classico topolino. Continua a leggere

La truffa multipla delle ronde e dell’allarme contro gli immigrati. In realtà, ecco dove vogliono arrivare


Mi ha sempre colpito nelle foto di presentazione delle divise delle ronde non solo la faccia da beota, tipo Alberto Sordi quando faceva il rintronato, degli aspiranti rondisti in divisa, ma anche e soprattutto l’abbondanza di simboli “volitivi” e chiaramente di ispirazione militare nelle divise stesse. Aquile e minchiate simili abbondano facilmente, assieme all’immancabile cappellone con visiera che farebbe felice uno sfigato generale russo o egiziano o l’ex presidente della nostra Repubblica Francesco Cossiga.
A Milano esistono da tempo i “City’s angels”, il cui capo ho conosciuto qualche anno fa a un dibattito a Telelombardia ricavandone una non ottima impressione: diciamo che non gli affiderei mai un bambino né un ragazzino. Ma a parte questa mia impressione, forse fallace, non capisco perché debbano andare in giro con un basco in testa a mo’ di carabinieri o parà, anche se il casco è blu anziché nero o amaranto, e comunque abbigliati con una divisa che sa più di militare che di civile. Perché non mandarli in giro con una tuta da operai o semplicemente in giacca e cravatta, così da dare anche il buon esempio contro lo sbarco (anche) del vestire? Per distinguersi potrebbero benissimo avere un semplice distintivo costituito dalla scritta del proprio nome e da quello della loro associazione oppure da una fascia catarifrangente come quella di chi lavora alla riparazione delle strade.

E’ anche strano che in una città come Milano, che comincia ad abbondare di nuovi untori, non più manzoniani ma “linguistici”,  contro tutto ciò che non sia il micragnoso dialetto, il nome di tale associazione sia inglese, “City’s angels”, anziché in un più corretto e locale italiano, “Angeli della città”, o in milanese, che non so come si scriva e pronunci. Immagino che l’inglese sia stato scelto perché comprensibile anche ai non italiani, dai turisti ai manager agli immigrati extracomunitari, ma ciò significa ammettere che il dialetto è ancor più una roba da buzzurri quando usato fuori dal proprio cortile o ambito familiar paesano.

I problemi seri però sono altri: Continua a leggere

Antisemita a chi?

Un ebreo nella direzione di al-Fatah. Per la prima volta il partito fondato da Arafat prende una decisione di questo tipo. Uri Davis, 66 anni, insegna sociologia all’università Al Qods a Gerusalemme est. Il professore è stato uno dei primi obiettori di coscienza di Israele e si considera “un palestinese che parla ebraico”.

RAMALLAH (CISGIORDANIA) – Svolta storica per al-Fatah. Per la prima volta un ebreo è stato eletto nella direzione del partito dell’attuale presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas). Uri Davis, questo il nome del neoeletto, ha 66 anni ed è un professore di sociologia all’Università Al Qods di Abu Dis, alla periferia di Gerusalemme est.

“Sono di nazionalità israeliana e britannica, ma mi considero innanzitutto un palestinese che parla ebraico”, ha dichiarato Davis all’agenzia Afp prima della sua elezione, avvenuta domenica scorsa ma resa nota solo oggi. Il militante antisionista, iscritto ad al-Fatah dal 1984 (il partito venne fondato nel 1959 da Yasser Arafat), è stato uno dei primi obiettori di coscienza di Israele e ora dichiara di voler rappresentare in seno al partito “centinaia di militanti non-arabi che hanno partecipato alla lotta palestinese”.

Il Tar del Lazio fa perdere il senso della misura, e della decenza, agli stessi vescovi italiani assai prudenti con gli scandali di Berlusconi. Che aveva promesso le “tre i” per tutti (“internet, inglese, impresa”), ma ora rischia di rifilarci invece il pugno di mosche strapaesane dei dialetti a scuola e la “i” di imbecillità e ignoranza anziché di inglese e italiano

Bieco Illuminismo!”. La cosa più divertente della nuova uscita da energumeni facinorosi dei vescovi italiani provocata questa volta dalla ovvia e dovuta sentenza del Tar del Lazio contro l’invadenza dei “professori” (?) di religione – gente senza qualità scaricata dagli stessi vescovi sul gobbo della scuola pubblica e delle finanze italiane – è l’accusa di “bieco illuminismo”. Evidentemente lor signori, che campano pure loro con i nostri soldi, preferiscono il bieco oscurantismo papalino che fu la molla che scatenò, per fortuna, l’Illuminismo, parola che il clero mai dovrebbe pronunciare per il semplice motivo che non ne è degno. Non ci fosse stato l’Illuminismo, vivremmo ancora nel brago e nell’ignoranza, vale a dire nell’Oscurantismo, voluto e alimentato dai privilegi del clero per continuare a vivere sulle spalle altrui.

Fa ridere anche l’indecorosa accusa degli stessi vescovi contro il Tar del Lazio colpevole nientepoppodimmenocché di essere entrato “a gamba tesa” su una materia che secondo il delirio vescovile non è di competenza della magistratura italiana bensì di santa madre Chiesa… Mah. Capisco la caldana estiva e i suoi effetti sulle menti deboli, ma qui si esagera. A entrare a gamba tesa in affari che non li riguardano sono semmai – come al solito – i vescovi, certo non la magistratura italiana.

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