Dove ci porta il liberismo economico, l’ultima ideologia ottocentesca rimasta in vita e purtroppo tuttora egemone

Stato e mercato: una contrapposizione non obbligata

Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

La Banca Centrale Europea ha deciso di rilanciare alla grande il suo Quantitative easing nella speranza di far crescere l’inflazione al 2% e di far aumentare investimenti e crescita. Ha portato i tassi di interessi a meno 0,4% per i depositi effettuati dalle banche presso la Bce. L’intento è quello di dissuaderle dal ‘parcheggiare i soldi’ nei forzieri di Francoforte invece di indirizzarli verso l’economia reale.

Draghi ha annunciato anche nuovi crediti alle banche al tasso di meno 0,4%. per la durata di 4 anni In altre parole esse restituiranno meno di quanto hanno ottenuto. Si vuole portare inoltre da 60 a 80 miliardi di euro al mese l’ammontare per acquisti di obbligazioni pubbliche e private, suscitando in verità critiche per l’estensione ai bond societari.

Di fatto si intende continuare con la politica fallimentare finora attuata. Se ne aumenta le dimensioni e si continua a considerare il sistema bancario l’unico referente, ignorando che esso è più interessato a coprire i propri buchi di bilancio che a sostenere investimenti e imprese. I dati e i fatti degli anni passati sono rivelatori e inconfutabili. Non si tratta di un’opposizione preconcetta. Di ideologico c’è invece la fede cieca negli automatismi monetari e finanziari. Si sostiene che i tassi di interesse bassi e una liquidità crescente andrebbero automaticamente a finanziare gli investimenti.

E’ lo stesso atteggiamento ideologico imposto dalle economie dominanti del G20, quella americana, quella europea e quella giapponese. A Shanghai è stata presa la decisione di fare crescere gli interventi nelle infrastrutture sia in termini quantitativi che qualitativi. Le Banche di Sviluppo regionali sono state perciò invitate a preparare progetti ambiziosi e di alta qualità anche per attrarre settori della finanza privata verso la concessione di prestiti di lungo termine. Al prossimo summit del G20 allo scopo dovrebbe essere creata una ‘alleanza globale di collegamento infrastrutturale’.

Gli intenti ci sembrano positivi anche se preoccupa la mancanza di attori capaci di realizzarli. Le banche centrali creano liquidità e si aspettano che “il mercato” la porti verso gli investimenti. Il G20 propone lo sviluppo infrastrutturale ma si aspetta che sia sempre “il mercato” a finanziarlo. Cosa succede se il ‘dio mercato’ non funziona secondo le aspettative, come è successo negli anni passati?

Il liberismo economico, l’ultima ideologia ottocentesca rimasta in vita e purtroppo tuttora egemone, invita a non intervenire, a lasciare che sia solo il mercato con le sue leggi a rilanciare la ripresa e a ristabilire un equilibrio virtuoso. Noi riteniamo che questa non sia la strada obbligata. Occorre un ‘different thinking’.

Gli esempi storici più vicini e simili a quelli dell’attuale crisi globale ci indicano strade e prospettive differenti e alternative.

Si pensi al ‘New Deal’ del presidente americano F. D. Roosevelt quando, per uscire dalla Grande Depressione del 1929-33, egli lanciò il vasto programma di investimenti infrastrutturali e di modernizzazione tecnologica. Dopo avere messo sotto controllo e neutralizzato la finanza speculativa, egli favorì la creazione di nuove linee di credito e nuovi bond del Tesoro per finanziare importanti progetti, utilizzando anche il veicolo delle istituzioni bancarie statali . Di fatto si trattava di uno dei primi esperimenti riusciti di Partenariato Pubblico Privato. Lo Stato era la guida, il finanziatore e la garanzia della continuità e della riuscita dei progetti mentre le imprese private, non solo quelle statali, erano impegnate nella loro realizzazione.

Oggi invece, nonostante quasi 8 anni di vani tentativi per portare l’economia e la finanza globale fuori dalle sabbie mobili della recessione, la parola Stato resta uno dei grandi tabù. Non si tratta di proporre un ritorno allo statalismo pervasivo ma di trovare soluzioni razionali. Se il mercato da solo non basta occorre che la politica di sviluppo e di crescita sia guidata dagli Stati. Del resto la programmazione economica e la pianificazione territoriale spettano allo Stato.

Nel mondo non c’è stato soltanto la pianificazione quinquennale dei Paesi socialisti, ma anche la ‘planification indicative’ di Charles De Gaulle e in Italia l’esperimento positivo dell’IRI nella ricostruzione del dopoguerra. In Francia l’economia dirigista, il piano di orientamento in lotta contro le inevitabili tendenze alla burocratizzazione, cercava di mettere insieme le varie componenti sociali ed economiche del Paese evitando che esse si neutralizzassero tra loro. Il ‘Commissariat au Plan’ doveva definire le priorità nazionali e, attraverso i momenti della concertazione, della decisione e della realizzazione, lavorare per creare un’armonia di interessi superando certe derive corporative.

Si pensi che negli stessi Stati Uniti, patria del liberismo economico imperante, certi settori delicati, come quello militare, sono ancora guidati dallo Stato ma con il contributo essenziale delle imprese private ad alta tecnologia.

In una economia sociale di mercato la collaborazione pubblico-privato dovrebbe essere una costante, un impegno per i governi e per gli stessi operatori privati.

*già sottosegretario all’Economia **economista

75 commenti
« Commenti più vecchi
  1. sylvi
    sylvi says:

    cari Uro e Caino,

    avrei dovuto dilungarmi, e soprattutto ricopiare pezzi del Messaggero che ha scritto di questo per oltre un mese un articolo al giorno. Adesso vado a memoria, ma l’archivio del giornale è accessibile.
    La zona è quella che va da Manzano a Dolegna del Collio, a cavallo fra le province di Udine e Gorizia, oggi letteralmente ricoperte di vigneti.
    Nel ’45, è questo è indubitabile persino dagli increduli, furono disotterati dagli americani decine e decine di corpi di civili uccisi da quel corpo spurio che erano i garibaldini uniti ai titini.
    Qui andava così!
    Mancavano e mancano all’appello numerose vittime, si parla da 200 a 800, tutti civili che potevano essere stati fascisti o parenti di fascisti o semplici persone.
    Le maestre, di cui si sa, erano quelle del Comune di Premariacco, dove il Sindaco, unico per ora, ha fatto una ricerca in Comune.

    Comunque se posso dare una giustificazione all’ANPI di intervenire negando l’evidenza, o giustificando il tutto con i tempi, i contesti ecc. ecc. mi rifiuto di dare una legittimità agli interventi di una che è stata accusata formalmente di negazionismo, e meno ancora a Ku Fu wu ming o che cavolo si chiamano che hanno la sola legittimità di essere amici della Kersevan.

    Ho frequentato la IV e V elementare in un paese del Medio Friuli.
    Ho chiarissimi ricordi delle donne che in cimitero si radunavano presso alcune tombe sussurrando sui misfatti dei partigiani che si sono abbondantemente vendicati dei fascisti e anche dei loro nemici privati.
    E la zona non era quella dei Colli, dove si combatteva una guerra civile ed ideologica per strappare quelle terre all’Italia, non soltanto per vendicarsi dei fascisti.
    Là le maestre non venivano semplicemente rasate ed esposte al pubblico ludibrio come succedeva ovunque, là venivano fatte sparire!
    Io consiglierei all’ANPI di Udine, se è in buona fede, non solo di permettere l’apertura degli archivi statali e comunali senza farne una crociata, ma anche di collaborare con i propri archivi.
    In fondo la Verità giova a tutti, anche a distanza di 70anni, o forse proprio per questo.

    Sylvi

    Rispondi
  2. caino
    caino says:

    x Uroburo

    Sul tuo ultimo post , concordo anch’io che nella Storia, sul lungo periodo agisca una sorta di determinismo, che io chiamerei però dialettico.
    Nulla però ci vieta di vagolare in fantasia ed apprezzare anche alcuni meccanismi della psicologia, per capire certe sfumature del presente o del recente passato., usare gli stessi meccanismi dello stupore che inducono ed hanno indotto certe reazioni nelle masse. o nel pubblico.
    Sono in fondo anche tecniche utilizzate dal potere, da sempre.
    Nelle religioni poi non ne parliamo, processioni miracoli ect,ectect

    caino

    Rispondi
  3. sylvi
    sylvi says:

    caro Caino,

    ieri la nettezza si è portata via tutti i bidoni di carte e cartoni, comprese le mie copie de Messaggero.
    Sono già malmessa in casa, non posso morire sotterrata anche dai quotidiani.
    Per dirti che non ricordo il nome, è un docente del Dipartimento di Storia Moderna all’università di Udine.
    Volendo lo puoi trovare sul Messaggero online, almeno credo.
    C’è un gruppo di ricercatori cresciuti dal prof Salimbeni che hanno continuato imperterriti per anni e anni a fare il loro lavoro: cercare la Verità.

    Sylvi

    Rispondi
  4. caino
    caino says:

    mi rifiuto di dare una legittimità agli interventi di una che è stata accusata formalmente di negazionismo,

    Da chi, come ,dove quando !
    E poi si attendono ancora notizie del nostro indomabile ricercatore, tanto per verificare.
    Mi pare legittimo visto il tuo giudizio sulla Kervesan.
    Per la verità faresti un favore a noi tutti se indicassi siti ove reperire le fotografie.
    Le ha pubblicate il Messagero,forse !

    caino

    Rispondi
  5. Peter
    Peter says:

    Mi chiedo se, venendo ipoteticamente nel locus Uroburi, le zuffe piu’ accese si avrebbero tra Sylvi e ‘mia’ per questioni etno-lingustiche o anche inerenti allo francise, oppuramente tra Sylvi e CC per quistioni di regolamenti di conti di 70 e passa anni fa, e ‘negazionismo’ storico.

    A proposito, a Napoli ho finalmente visto il Cristo Velato del Sammartino, sarete curiosi di sapere.

    P.

    Rispondi
  6. caino
    caino says:

    Ed ecco il famoso “Documento ”

    3. Si dice che dovrebbero esserci…

    superdocumento
    Il documento è leggibile più chiaramente qui.

    Si tratta, come anticipato, di un rapporto di fonti di intelligence dell’ottobre 1945. La versione divulgata alla stampa mostra due cancellature strategicamente piazzate, assenti nel documento originale.

    Vi si legge che «secondo quanto afferma la popolazione di ——», «nella zona chiamata ——-» «dovrebbero essere sepolti da 200 a 800 cadaveri facilmente individuabili perché interrati a poca profondità».

    Si noti en passant che la zona in oggetto non è mai stata occupata dalla formazione partigiana indicata, la Garibaldi-Natisone. Inoltre, si tratta di un territorio quasi pianeggiante, densamente abitato e decisamente esposto, dove un’operazione come quella descritta non si sarebbe potuta compiere neppure in teoria.

    In generale, la “carta” è la classica relazione basata su dicerie antipartigiane, un genere di documento assai comune che trova facile collocazione nella cornice del concitato dopoguerra di confine, in cui, come ben tematizza Gaetano Dato nel suo libro su Vergarolla, il progressivo definirsi dei fronti della Guerra fredda facilitò la creazione di progetti eversivi e torbidi di ogni sorta e permise una convergenza di settori ex osovani ed ex repubblichini, con la relativa compiacenza degli alleati e di ambienti governativi, nel progetto Stay Behind di cui Gladio fu la declinazione locale.

    In questo contesto è noto che proprio negli ambienti di intelligence confluì personale ex fascista di cui presto gli stessi Angloamericani presero a diffidare per la smaccata tendenza a fornire resoconti tendenziosi ed esagerati, per alcuni tentativi di depistaggio e per la tendenza a spillare somme di denaro irragionevoli a fronte di risultati assai modesti.

    Esauriti i fatti, resta la metafisica, la dimensione marchiana dell’isteria collettiva che Urizio ha saputo prima evocare dal niente e poi cavalcare in trenta giorni di propaganda martellante.

    Rispondi
  7. caino
    caino says:

    Caro Peter,
    in fondo hai ragione, nell’occasione della ormai prossima Pasqua (poveri agnelli e capretti)pace e serenità dovrebbero cancellare tristi vicende di 70 anni fa.
    Ma purtroppo mi sono lasciato trascinare, più che dai fatti, sempre opinabili, dalla mia idiosincrasia congenita, nella poca chiarezza di cose buttate lì senza documentazione.
    Per cui di bocca in bocca le decine si trasformano in centinaia , e di qui ad alcuni anni in migliaia e poi in decine di migliaia e via discorrendo. Come L’oro dei Celti che ancora si cerca (sic!).
    Mi scuso della noia arrecata nell’ aver un pochino documentato la vicenda, presumo solo per i pochi o nessuno che avranno voglia di leggere .
    Sperando di non aver commesso errori filologici le auguro una Buona Pasqua, magari chissà una volta si va a Napoli a vedere il Sangue di San Gennaro che si liquefa.

    caino

    Rispondi
  8. sylvi
    sylvi says:

    caro Caino,

    quello che riporti è l’articolo del MV di ieri. h.15.44
    Stai riportando le parole della Kersevan che dice:
    «Per capire quanto accadde in quel periodo – ha rimarcato Alessandra Kersevan – occorre conoscere bene la storia. Nel ’44 – ’45 in Friuli c’era la guerra con i soldati della Repubblica sociale alle dipendenze dei tedeschi, e i partigiani, a loro volta torturati e uccisi soprattutto nella bassa friulana, costretti a scovare le spie e i collaborazionisti, con l’ordine di ammazzare. Ci furono molte esecuzioni.

    Dunque, e qui faccio un’analisi logica del testo, :- c’erano i soldati della Repubblica sociale alle dipendenze dei tedeschi- poi…c’erano i partigiani torturati e uccisi soprattutto nella bassa friulana (sic,sic,sic! La geografia non è un’opinione e la Kersevan conosce il FriuliVG).
    Insomma da un lato i buoni partigiani torturati e uccisi dall’altro i cattivi fascisti e tedeschi.
    Questa è una fiaba o tentativo di destabilizzare i fatti storici?
    L’ANPI aveva reagito fin dall’inizio, ma ha avuto il pudore di darsi una calmata quando sono usciti ulteriori documenti e ha mandato avanti la Kersevan che sa egregiamente fare negazionismo.

    Quello che tu riporti non è un documento, sono le affermazioni, riportate dal giornale, di una pseudo storica che ribalta i fatti secondo convenienza.
    Non so se mi sbaglio, ma mi pare che riesca bene anche a te ribaltare i fatti e gli articoli.

    Sylvi

    Rispondi
  9. caino
    caino says:

    Cara Sylvi,
    sarà che c’è una sovrabbondanza di Salimbeni , ma a me risulta che ad andare a Roma alla caccia delle prove furono :
    Orbene, l’anno scorso il Presidente Urizio ottiene un finanziamento dal Comune di Gorizia e il supporto operativo del senatore del PD Alessandro Maran per effettuare una ricerca a Roma con Ivan Buttignon e Lorenzo Salimbeni. La scrupolosa ricognizione, durata ben una settimana, la bellezza di cinque interi giorni lavorativi, è consistita nella visita degli archivi del Ministero dell’Interno, della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero degli Affari esteri «a controllare documenti su documenti».

    Dopodiché mia cara ,che Furio Salimbeni , pure lui faccia ricerche in merito è possibile, ma nel caso in questione non mi pare , ovviamente rimane irrisolto il caso Urizio ,magari si scopre che neppure Lui esiste o magari esiste un suo cugino alla lontana.
    Riservati gli amen per le preghiere di Pasqua, poiché come sai di documenti né ho postati parecchi e quindi una rondine non fa primavera.

    caino

    Rispondi
  10. sylvi
    sylvi says:

    x Caino

    giovane storico all’Università di Trieste, Furio Salimbeni è stato mio prof. nei corsi Irrsae triennali dedicati ai docenti elementari.
    Già allora dimostrava una competenza e una conoscenza approfondita nelle vicende storiche soprattutto del Friuli orientale e della Venezia Giulia, essendo lui triestino.
    Ha continuato con libri, pubblicazioni che nessuno ha mai contestato perchè sorrette da una ricerca storica rigorosa che lo ha portato lontano dalle diatribe di dx e sx.
    Lui, pur avendo delle idee, non ha mai confuso la verità storica con la ideologia.
    Sai, esistono anche persone così!!!
    Non gli riesce di essere faziosi!

    Sylvi

    Rispondi
  11. Uroburo
    Uroburo says:

    Caro Peter,
    il nostro è un paese nel quale non si è MAI fatto i conti con il passato e quindi che qualcuno cerchi di ricordare a me sembra comunque positivo.
    Poi si può ricordare in modo esagitato e unilaterale come la Silvy oppure in modo volutamente cinico come CC ma l’Ittaglia resta ancora il paese nel quale non è stato trovato il colpevole di una sola delle infinite stragi (fascio-istituzionali) degli Anni di piombo; non si sa nulla di Portella delle Ginestre e delle centinaia di omicidi nei confronti di sindacalisti ed esponenti della sinistra attuati in Meridione dopo la guerra; non si sa nulla delle stragi messe in atto dalle forze armate ittagliane durante la seconda guerra mondiale; e finalmente non si sa nulla di chi dobbiamo ringraziare per la sconfitta di Caporetto. Non parlo poi dello scandalo della Banca Romana o della sconfitta di Custoza.
    Come vede in Italia la conoscenza dei fatti storici è un concetto assai aleatorio, che è un’altra differenza tra i paesi civili e quelli del Terzo Mondo, di cui noi siamo il più avanzato.
    Quindi da noi parlare del presente comporta necessariamente anche il dover parlare del passato anche se questo potrebbe sembrare ozioso.

    Cara Silvy,
    mi sono fidato a scatola chiusa di quel che scrivevi. Mi sembrava abbastanza in linea con le imprese del IX Corpus e con quelle di alcuni reparti garibaldini, oggettivamente pedissequi alleati degli iugoslavi.
    Dopo aver letto parte della documentazione addotta direi che siamo probabilmente in presenza di una bufala. Il che non esime che dovere dell’ANPI sarebbe quello di dare il massimo contributo alla ricerca della verità che è sempre meglio delle più astruse dicerie.
    Dopo di che mi rendo conto che la guerra sul confine giulio ha assunto degli aspetti del tutto sconosciuti in tutto il resto del nostro paese, ma il tuo torto è sempre quello di prendere il Friuli come rappresentativo dell’Italia intera: mi sembra un grosso errore di prospettiva.
    Un saluto U.

    Rispondi
  12. sylvi
    sylvi says:

    caro Peter,
    dovesse capitare che noi ci vedessimo da Uroburo, auspicherei una conversazione che non porti a polemiche o ad esami di lingua, e nemmeno a correzione di errori di pronuncia.
    Che cosa pensiamo reciprocamente ormai è chiaro anche al pollo che si affacciasse sul blog per la prima volta.
    Io non ho cambiato idea, lei neppure. Si cambia argomento.
    Ad esempio io avrei tante domande sul luogo dove vive, forse potrei imparare qualcosa.
    Quanto a Caino, se c’è mio marito non devo far altro che ascoltare,…chi riuscirebbe ad intervenire fra quei due?
    Riusciremmo comunque a trascorrere dei momenti piacevoli.

    Sylvi

    Rispondi
  13. sylvi
    sylvi says:

    Tuttavia la fucilazione non di una ma di molte maestre solo perchè erano state le maestre di uno stato fascista è un atto francamente ingiustificabile se non all’interno di un’ottica che se non è genocida ci va molto vicino, secondo la normale prassi dei kommunisti di matrice bolscevica.. Uroburo

    caro Uro,
    saprai che mi sforzo sempre di documentare ciò che scrivo, perciò non indico statistiche sulla fine di molte maestre fasciste…erano TUTTE fasciste …o così o guai grossi!
    Io vorrei invece raccontare, come mio costume, piccole vicende di cui posso essere “vox populi” quella che non piace a Caino. E nemmeno a te.
    Ricordiamoci che durante il fascismo, e per oltre un decennio dopo, le prime due classi della scuola elementare erano seguite da maestre femmine.
    Dalla terza in poi c’erano maestri, maschi.
    Nei primi due anni la maestra, fra aste, puntini e organizzazione spazio-temporale, fra matite, penne e pennini, calamai con l’inchiostro, buchi s e macchie sui quaderni, non aveva molto spazio per l’indottrinamento fascista dei piccolini.
    Vero è che tutte erano fasciste, le più coraggiose lo dichiaravano, e ne pagarono le conseguenze; le altre pensavano alla famiglia e si barcamenavano.I bambini non se ne accorgevano.
    Io, in prima e seconda ( in cinque anni ho cambiato tre volte scuole, maestri, paesi e compagni) avevo una maestra che era stata rasata e malmenata in piazza dai partigiani. Viva però, aveva continuato a insegnare fino alla pensione.
    Ricordo ancora la prima poesia che mi ha insegnato la mia maestra “fascista”, nel 1949:

    Balilla, divino ,monello,
    tu balzi foriero improvviso di un’ira pugnace, col braccio fermato nell’atto fugace
    per sempre ti innalzi.
    Molto dopo ho saputo che era di Giovanni Bertacchi , un poeta che lasciò il liceo dove insegnava a Milano, in contrasto con il fascismo.
    Parlavo quindi di maestri.
    Dalla terza in poi ebbi soltanto maestri maschi che non subirono conseguenze umilianti per un loro eventuale credo fascista.
    Quel che mi lascia perplessa sulla metodologia politica dei partigiani di allora è che:
    – le maestre che nei primi due anni non potevano fare danni “politici” di rilievo erano punite.
    – i maestri che potevano porre le basi dell’indottrinamento… nessun problema!
    Eppure i primi anni ’50 erano anni ancora molto “caldi” per la politica.

    Ci penso di tanto in tanto e non mi sono data ancora una risposta.

    buonanotte
    Sylvi

    Rispondi
  14. Peter
    Peter says:

    x Sylvi

    Premetto che non ho idea a quali fatti lei si riferisca, fucilazioni sommarie o meno, di maestre fasciste si’ e maestri no, o altro, 70 anni fa. E poi, cui prodest?! Sono tre generazioni fa. Pero’ mi permetto qualche riflessione estemporanea.
    Non ho dubbi che l’indottrinamento dei bambini iniziasse da subito, la sua distinzione tra prime classi e successive mi pare ben presentata ma artificiosa. Quello operato dalle donne, in quanto figure materne e piu’ ‘morbide’ nei modi, poteva essere addirittura piu’ efficace, allettante e profondo di quello dei burberi maestri, che anche dalle sue parti, allora,
    indulgevano in penose punizioni corporali.
    Le maestrine del fascismo, con poca cultura e molta fede, signora, erano una figura proverbiale di cui ho letto o sentito persino io.
    Ovviamente concordo con Uroburo che le loro fucilazioni, se vi fossero mai state solo per l’indottrinamento e nient’altro, sarebbero state una barbarie.
    Ma una barbarie fu anche l’esecuzione sommaria di M., la Petacci e gerarchi ‘innocui’ come Starace, e soprattutto la orrenda esposizione in piazza dei loro corpi che suscito’ disgusto in tutto il mondo ‘civile’.
    Ma erano i tempi, come si dice….
    Vent’anni di regime fascista ed una guerra perduta, seguita da una guerra civile, non erano mica uno scherzo.

    P.

    Rispondi
  15. ShalandaSmall
    ShalandaSmall says:

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