“Forward guidance”, la nuova parola magica che consegna il controllo dell’economia alle banche centrali.

Mario Lettieri* Paolo Raimondi**

Negli ultimi anni le banche centrali si sono sostituite al mercato, ai governi e a tutti gli altri attori economici nel definire le strategie monetarie, finanziarie e anche economiche dei Paesi cosiddetti industrializzati. I loro bilanci sono cresciuti a dismisura tanto che la Fed attualmente ha attivi pari a 4.160 miliardi di dollari, di cui 1.570 sono mbs, i derivati su ipoteche, mentre la Bce, con le banche centrali della zona euro, ha attivi pari a circa 2.200 miliardi di euro.

Eppure prima si credeva che il mercato avesse leggi proprie, forti, sicure e capaci di regolare  l’economia e la finanza. Anzi si sosteneva che meno fossero coinvolti gli Stati e gli enti di controllo e meglio era per il sistema. Poi venne la crisi globale. Tutti, a cominciare dalla banche, quali le “too big too fail”, corsero a piangere miseria e a chiedere aiuti presso i governi.

Allora c’era la “magia del mercato” ed ora quindi c’è un’altra formula magica, quella della cosiddetta “forward guidance”. Dal 2008 è diventata il fulcro della politica monetaria. La Fed, la Bce, la Bank of Japan e la Bank of England forniscono, in varie forme quantitative e qualitative, appunto la loro “guida” nella politica monetaria, dei tassi di interesse e di fatto determinano l’intera politica economica..

Questa nuova situazione è oggetto di dibattito, di perplessità e di riflessione. Recentemente anche la Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea ha messo in guardia che la politica della “foward guidance” potrebbe generare ripercussioni negative e veri e propri choc nei mercati e nelle economie internazionali. Gli economisti della Bri sostengono che nel breve periodo le banche centrali sembrano dare più certezze politiche e meno volatilità nei comportanti monetari. I possibili cambiamenti e finanche le loro percezioni, nella politica monetaria, basata sul tasso di interesse zero, potrebbero però mettere a rischio la stabilità finanziaria e colpire la reputazione e la credibilità delle stesse banche centrali.

Infatti, quando esse comunicano che i tassi di interesse rimarranno fermi per un certo lasso di tempo o fino al persistere di certe condizioni economiche, gli operatori finanziari si sentono sicuri e perciò investono, muovono capitali e purtroppo speculano con più tranquillità. Ma non è detto che ciò accada sempre, che le banche centrali siano fisse nei loro impegni, che comunichino chiaramente le loro decisioni e che i mercati interpretino correttamente i loro “segnali di fumo”.

Già nel maggio 2013 le poche parole dette dall’allora governatore della Fed, Ben Bernanke, su una possibile riduzione del quantitativo di nuova liquidità, mandarono in tilt il sistema. Da quel momento nei Paesi emergenti si verificano fughe di capitali, disinvestimenti dai bond, crolli di borsa e massicce svalutazioni valutarie. Bernanke, nel tentativo di tranquillizzare i mercati, lamentò di essere stato frainteso.

Se il semplice fraintendimento di una frase può determinare nuove crisi sistemiche, allora il mondo è veramente messo male. I mercati quindi, secondo noi, più che concentrarsi sulle dichiarazioni dei governatori centrali, diventati i novelli dei dell’Olimpo finanziario ed economico, analizzino con maggiore obiettività gli andamenti e i parametri dell’economia reale.

Anche per gli economisti della Bri, se i mercati si basano esclusivamente sulla “forward guidance”, un qualsiasi cambiamento significativo nella “guida” potrebbe portare a delle “reazioni distruttive dei mercati”. Per altro verso, il timore di forti reazioni da parte dei mercati potrebbe bloccare le banche centrali dall’adozione di politiche monetarie richieste da nuove situazioni e nuovi andamenti. Da ultimo, non si può ignorare che la politica del tasso di interesse zero, prolungata nel tempo, incoraggi operazioni finanziarie in cerca di profitti più alti anche se con alto rischio, generando nuovi squilibri e vulnerabilità.

Tutto ciò preoccupa e spinge gli organismi internazionali più responsabili come la Bri a riconoscere che non si può continuare indefinitamente con le politiche monetarie accomodanti e non convenzionali. A nostro avviso occorre innanzitutto riportare la politica finanziaria e monetaria al suo ruolo naturale di ancella dell’economia reale.

*Sottosegretario all’Economia del governo Prodi **Economista

253 commenti
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  1. alberto C.
    alberto C. says:

    israele, più piccolo della lombardia, è un tal casino di gruppi antagonsti che mi chiedo come mai non sia ancora scoppiato. io non ci sono stato, ma mi chiedo come sia possibile che appaia monolitico nelle sue politiche. lo è veramente? si può parlare di un “israele”?
    gli ebrei ortodossi peraltro non sono GLI ebrei ortodossi, sono i discendenti dei chassidim (una corrente mistica) dell’europa orientale del xviii-xix secolo.
    PS: sarò ignorante del tema, ma in questo momento israele dovrebbe appoggiare gli “eretici” iraniani-siriani, e persino i suoi nemici mortali hezbollah, perché si stanno difendendo (ora in siria) dal disegno egemonico sunnita in cui rientrano le peggiori fazioni estremiste (e dovrebbe fare un monumento a mubarak e ai generali egiziani che hanno messo da parte i fratelli musulmani): ossia l’esatto contrario di quel che fanno i loro alleati USA (che come al solito si accorgono in ritardo di essersi dati una martellata sui testicoli, vedi afghanistan anni ’80, seconda guerra irakena, primavere arabe in egitto, siria ecc., guerra in libia contro un alleato di fatto gheddafi..)

  2. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    Caro Poppy,
    quando si invecchia esce sempre qualche malanno, kevvoifà.
    Ultimamente ho avuto diversi “colpi della strega”… (di sicuro woodoo fatti da Anita con un pupazzetto di pezza che mi raffigurava).
    Pronta guarigione a te anche se un’ernia al disco penso sia molto fastidiosa.

    x Anita
    Vada a rileggersi il 221 e rifletta. Tenkiù.

    C.G.

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