Il virus della borghesia

La borghesia che si è sviluppata in Europa a partire dal Trecento (in Italia a partire dal Mille, con la nascita dei Comuni, che già nel Duecento erano così forti da impedire agli imperatori tedeschi di far valere i loro diritti feudali) in che cosa viene considerata “progressiva” dagli storici? Semplicemente nel fatto ch’essa riuscì a ottenere, attraverso il commercio e l’industria, ciò che prima poteva essere ottenuto solo attraverso la terra e le armi.

Ma davvero possiamo dire che la borghesia sostituì l’uso della rendita con quello del profitto? Davvero rimpiazzò l’uso delle armi per ottenere la terra con l’uso del denaro per ottenere ricchezze e prestigio? O non è piuttosto vero ch’essa si limitò ad abbinare uno stile di vita a un altro?

Davvero la borghesia può essere considerata una classe “rivoluzionaria”? Una cosa dovrebbe essere considerata “rivoluzionaria” quando elimina o sostituisce quella precedente, non quando le si affianca, limitandosi a ridurne il peso o il volume.

Per raggiungere il suo obiettivo, la borghesia, più che altro, s’è comportata con una buona dose di opportunismo e di cinismo; ha sapientemente dissimulato le proprie intenzioni; ha fatto dell’ambiguità un vero modello di comportamento. Ha saputo approfittare di tutte le contraddizioni della nobiltà e del clero cattolico, lacerati tra un idealismo astratto e un’immoralità concreta, soltanto per produrre nuove contraddizioni, strettamente legate all’uso dei capitali.

Davvero l’umanità aveva bisogno di vivere questa esperienza per emanciparsi dalla corruzione dei sovrani feudali? E’ stato davvero un “progresso” che una classe sociale potesse arrivare a un’analoga corruzione seguendo strade diverse da quelle percorse da chi l’aveva preceduta nella scala che porta al potere economico e politico?

Stando ai classici del socialismo scientifico, Marx ed Engels, sì, il percorso della borghesia era necessario per emanciparsi dal feudalesimo; stando invece al rivoluzionario Lenin, no: si poteva benissimo passare dal feudalesimo al socialismo democratico, saltando la transizione borghese.

Sono due posizioni completamente diverse, e oggi, alla luce del crollo del socialismo autoritario, dovremmo pensare che, in definitiva, avevano ragione Marx ed Engels.

Teoricamente, in realtà, aveva ragione Lenin, ma l’evoluzione del leninismo verso lo stalinismo ha dato ragione a Marx (e indirettamente a Trotski).

Lo stalinismo infatti è stato la testimonianza, in forme diverse da quelle del capitalismo occidentale, che lo stile di vita borghese può influenzare le masse più di quanto non si creda. Lo stalinismo è stato il tentativo d’impedire alla borghesia di svilupparsi autonomamente, utilizzando, nel fare questo, alcuni strumenti che la stessa borghesia s’era data per imporsi, e cioè lo Stato, le forze armate e di polizia, i servizi segreti, la burocrazia, l’ideologia politica, la parvenza del diritto, l’istruzione di massa, la scienza e la tecnica al servizio del potere, l’informazione manipolata ecc.

Nello stalinismo è mancata soltanto la possibilità che si sviluppasse una classe sociale particolare, frutto di un uso privatistico del denaro (che è poi quello che sta permettendo oggi il socialismo cinese).

Si sviluppò invece la figura del burocrate statale deresponsabilizzato e dell’intellettuale di partito spersonalizzato, ch’erano, nella sostanza, delle figure borghesi, dipendenti da questa tipologia di classe. La tradizione collettivistica, che s’era conservata nella decadenza del feudalesimo est-europeo, aveva ostacolato lo sviluppo della borghesia “economica”, ma non era riuscita a impedire lo sviluppo di quella “politica e amministrativa”.

Tuttavia i fatti hanno dimostrato che se si sviluppa una borghesia del genere, più intellettuale che imprenditoriale, diventa poi impossibile impedire che si sviluppi anche l’altra borghesia, che nell’Europa occidentale esiste da almeno un millennio.

La storia dunque cos’ha dimostrato? Semplicemente che, una volta nato, lo stile di vita borghese è come un virus che si propaga molto velocemente; che bisognerebbe eliminarlo con decisione appena lo si intercetta; che è un virus molto pericoloso, in quanto muta continuamente le sue sembianze; che è un virus in grado di vivere in maniera latente e inerte anche dopo averlo tenacemente combattuto, e che alla prima occasione può venire allo scoperto, cogliendo del tutto impreparato chi l’aveva combattuto.

Per tenere sotto controllo questo virus, impedendogli di svilupparsi e di diffondersi, ci vogliono alcune condizioni fondamentali, che non possono essere imposte dall’alto, poiché una qualunque imposizione fa il gioco del virus.

La prima condizione è che si accetti di vivere un’esperienza collettivistica basata sull’autoconsumo e sulla democrazia diretta. Non solo cioè ci si deve limitare a consumare ciò che effettivamente si produce in maniera autonoma, evitando che si formino delle categorie di persone che, col pretesto di amministrare le eccedenze, evitano di lavorare; ma bisogna anche che ogni decisione da prendere su come ottenere dalla terra i prodotti del nostro sostentamento, sia frutto di una comune volontà, senza interferenze da parte di forze esterne al collettivo.

Posto questo, occorre che si abbia piena consapevolezza che nei confronti della natura non si può avere un atteggiamento di sfruttamento. La natura va rispettata nelle sue esigenze riproduttive, che sono le stesse che permettono agli uomini di esistere. Qualunque cognizione scientifica o uso della tecnologia non può andare oltre un certo limite, perché al di là di questo esiste solo autodistruzione.

3 commenti
  1. controcorrente
    controcorrente says:

    Sulla necessità o meno della nascita di una Classe Borghese ,si potrebbe discutere a lungo “assai”.
    Sull’utilizzo delle scoperte scientifiche che hanno volente o nolente,prodotto per una fetta di umanità (quella dotata di corteccia) se non sbaglio,un salto di qualità nella vita , almeno secondo certi parametri,ci sarebbe da discutere;tuttavia resta un dato di fatto .
    Riamane però inequivocabile che sia Lenin ,quanto Trotskj , avessero, se non sbaglio ,bene in mente il dato categorico della necessità di rivoluzione mondiale almeno per i paesi europei sviluppati.
    Si potrebbe dire,parafrasandoti..allo scopo di evitare la rinascita della “virulenza”..si sa le epidemie a volte stanno nascoste..e poi quando si ripresentano sono addirittura più violente e pericolose da debellare..(vd Cina)
    All’alba del nuovo millenio, si apre dunque ,anche alla luce delle contraddizioni insanabili del capitalismo,(vd Marx)una gara a tempo tra L’Autodistruzione e la possibilità di una rivoluzione mondiale…vedo il primo in grande vantaggio..poichè nonostante “la corteccia”..in fondo in fondo l’umanità altro non è che un lieve “sputacchio” nella storia dell’universo..almeno questo lo ha elaborato da quanto è diventato bipede eretto..
    Sulla diffusione dell’autoconsumo..temo che il bipede lo farà per lenire la fame..almeno qualche annetto prima dell’estinzione..si sa siamo duri a morire..e chissà che nei secoli a venire magari si sviluppi qualche cosa di diverso…poffarbbacco ci sono voluti secoli prima che in una cellula si sviluppasse il nucleo..
    E’ lecito sperare…!!
    In fondo qualche parente di Sauro vive ancora nelle lucertole !

    cc

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  2. controcorrente
    controcorrente says:

    Ps

    Sulla relatività dei fatti

    Penso che “il cannibalismo”,si presume, ancora praticato magari in alcune tribù della Nuova Zelanda,sia antropologicamente parlando una forma di”autoconsumo”.
    Sull’etica di tale pratica l’occidentale evoluto, ha costruito intere filosofie progressiste…, ma non credo che sia mai riuscito a dimostrare la superiorità di un’etica piuttosto di altra alla luce dei dati di fatti storici e del diverso grado di sviluppo delle forze produttive (storicamente datate)
    Il resto sembrerebbe “fuffa”

    cc

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  3. Enrico Galavotti
    Enrico Galavotti says:

    I fatti purtroppo hanno dimostrato che quanto più un paese si sviluppa in senso borghese, tanto meno è capace di rivoluzionarsi in senso socialista.
    E’ solo un pio desiderio quello di credere che scienza e tecnica possano agevolare la transizione. In realtà son proprio queste cose che c’illudono di poter risolvere i nostri problemi.
    In effetti Lenin pensava che dopo la rivoluzione russa ci sarebbe stata quella tedesca, ma si dovette ricredere ben presto e, siccome era intelligente, si guardò bene dal dire che senza una rivoluzione in occidente, quella russa sarebbe fallita.
    Il fatto che poi la storia sia andata proprio come lui non avrebbe voluto, non dimostra che avesse torto, ma solo che quando un paese (nel suo caso la Russia) si lascia condizionare molto da uno stile di vita occidentale, finisce col cedere alla tentazione di emularlo, persino quando dice, sul piano teorico, di volerne costituire un’alternativa.
    Noi dobbiamo totalmente uscire da un modo di concepire l’esistenza che di umano non ha nulla e, in tal senso, ad ogni grave crisi dovremmo essere pronti per fare una proposta praticabile.
    ciaooo

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