La Turchia ieri e oggi

Quando, nel XV secolo, Costantinopoli era in procinto di cadere in mano turca, gli intellettuali bizantini non poterono non arrivare a pensare che se la cultura islamica era sicuramente alcuni passi indietro rispetto alla loro, aveva almeno il pregio di non essere ipocrita come quella cattolico-romana, che dietro la fede cristiana ambiva a mire egemoniche sullo stesso impero bizantino, di religione non meno cristiana.

La cultura islamica era una cultura semplice, basata sì sull’uso della forza, ma solo per affermare l’appartenenza a tribù, etnie, stirpi, clan e famiglie, che sicuramente erano per loro più importanti di qualunque “impero” e tanto più del concetto di “stato”. Era una cultura che non avrebbe tollerato monarchi assoluti e divinizzati. E soprattutto non era una cultura borghese ma rurale, proveniente da allevatori nomadici, che durante le conquiste islamiche s’erano trasformati in agricoltori, artigiani e commercianti, facendo fortuna con le spezie.

I turchi ottomani erano più “laici” degli arabi, ma anche più militaristi, più burocrati, più feudali nei rapporti agrari, più esosi sul piano fiscale. Nella gestione dei loro patrimoni assomigliavano molto agli spagnoli colonialisti e controriformisti.

Nonostante siano stati molto repressivi nella storia (basta guardare lo sterminio degli armeni e dei kurdi, ma anche delle popolazioni di rito bizantino e persino di quelle arabe, pur professando con quest’ultime una medesima fede islamica), i turchi hanno impedito uno svolgimento in senso capitalistico della ex società bizantina. Ciò determinerà una grande debolezza dell’impero ottomano rispetto alle nazioni europee che nel XIX secolo cominceranno a imporsi sulla scena internazionale, al punto che crollerà come impero durante la prima guerra mondiale.

Ma la debolezza dipese anzitutto dal fatto che gli emiri e i sultani turchi non permisero mai alcuna riforma agraria. Per mezzo millennio (dopo il 1453) il loro impero restò un’autocrazia dispotica, i cui rapporti feudali impedivano qualunque forma di democrazia.

La Turchia moderna, cioè “borghese”, nasce solo con Ataturk, nel 1923, il quale, temendo che la fine del feudalesimo comportasse lo smembramento di quel che era rimasto dell’ex impero ottomano, provvide a sterminare gli armeni e a isolare completamente i kurdi sulle montagne. Si comportò sul piano etnico in maniera più dispotica che nei secoli precedenti, anche se il suo Stato fu in un certo senso considerato “eretico” dal mondo musulmano, e non solo certamente perché sostituì l’alfabeto arabo con quello latino, ma anche e soprattutto perché non voleva i mullah al governo.

Pur di sopravvivere in mezzo ai colossi che volevano disintegrarla (Francia e Inghilterra in primis: l’Italia si limitò a sottrarle l’odierna Libia e alcune isole del Dodecaneso), la Turchia fu disposta ad allearsi coi tedeschi: lo fece nella prima guerra mondiale e lo rifece nella seconda, pagando tutti i prezzi di questa alleanza perdente, e facendoli pagare agli stessi tedeschi e alle loro teorie di razza pura e superiore. Oggi i quasi tre milioni di turchi sono la minoranza più forte in Germania e, per quanto laici siano nei rapporti tra chiesa e stato, restano pur sempre di confessione islamica, almeno in grande maggioranza. Nel mondo islamico la religione non può essere un fatto privato, anche quando – come in questo caso – lo Stato si dichiara “laico”, proprio perché la fede è una sorta di collante socioculturale.

Il fatto che oggi l’Europa abbia al suo interno una nazione di quasi 80 milioni di abitanti senza radici cristiane (per non parlare dei molti milioni di immigrati islamici), lo si deve, originariamente, alla volontà di Francia e Inghilterra d’impedire alla Russia zarista di sferrare un colpo demolitore alla Turchia. A partire dagli anni Venti dell’Ottocento la Russia aveva cominciato ad aiutare i greci e tutte le popolazioni balcaniche a liberarsi dell’oppressione ottomana.

L’obiettivo avrebbe potuto realizzarsi abbastanza facilmente se non l’avessero impedito sia gli austriaci, che col loro vetusto impero volevano arrivare sino al Mare Egeo (ma si fermarono ad amministrare la Bosnia e l’Erzegovina), sia, e soprattutto, gli anglo-francesi, che non volevano assolutamente permettere alla Russia né di minacciare i loro interessi imperiali nel Vicino Oriente, né di entrare con la sua flotta da guerra nel Mediterraneo; e, per impedirglielo, fecero scoppiare la guerra di Crimea (1853-56), cui partecipò anche il nostro Regno Sabaudo, e che fu disastrosa per lo zar, benché un ventennio dopo (1877-78) i russi, da soli, poterono approfittare della guerra franco-prussiana per obbligare i turchi a dare l’indipendenza a tutti gli Stati balcanici.

Oggi il ruolo della Turchia è quello di essere un avamposto americano nel Vicino Oriente, in grado di controllare i paesi arabi limitrofi, la Russia e parte del Mediterraneo. Ancora oggi, nei dibatti politici e culturali interni, non vogliono sentir parlare né di kurdi né di armeni, né di questione cipriota (l’isola che hanno occupato per metà nel 1974), per quanto alcuni timidi passi siano stati fatti.

Può entrare in Europa un paese che non permette di dire una parola convincente al proprio interno su argomenti del genere? No, non può. Ci farebbe comodo avere nell’Unione Europea un paese che smetterebbe di stare supinamente dalla parte degli americani? Sì, potrebbe farci comodo. Dobbiamo forse temere la presenza di tutti questi islamici turchi in Europa? Nessun timore: i turchi sono i primi a non volere alcuna forma di integralismo politico-religioso, anche se non ammetterebbero mai che questa loro forma di laicità gli deriva proprio dalla concezione diarchica del potere che avevano i bizantini.

5 commenti
  1. Linosse
    Linosse says:

    Sono stato un Europeista convinto ma oggi non mi chiedo se sia opportuna l’entrata della Turchia in Europa ma cosa sia l’Europa.
    Le ultime vicende hanno messo a fuoco una serie di debolezze intrinseche addirittura deleterie per alcuni Paesi dell’Unione tra cui la stessa Italia.
    Forse più che Unione Europea sarebbe il caso di chiamarla Unione delle banche Europee specie dopo il trattato di Lisbona.
    La domanda che mi faccio è :ha senso una Unione che sta dando ampie dimostrazioni di distruggere il poco rimasto alle sue Nazioni per far si che primeggi solo la Germania?
    La Grecia è solo un antipasto.
    L.

  2. Enrico Galavotti
    Enrico Galavotti says:

    Certo, se fai un discorso da sinistra hai ragione. Ma io lo faceva da destra, senza preoccuparmi dei massimi sistemi, delle ragioni ultime.
    Che la Turchia sia destinata a entrare in Europa mi pare pacifico: si tratta solo di stabilire delle condizioni accettabili per lei e per noi.
    Ora che l’Iraq è nel caos più totale, i kurdi torneranno a rivendicare la nazione che gli hanno tolto finita la I guerra mondiale. E che faranno i turchi? Glielo impediranno? E che speranze avranno, poi, di entrare in Europa?
    Quanto agli armeni, devono per forza chiedergli scusa, perché quella è stata una cosa troppo grave, che ha strascichi ancora oggi. Un milione e mezzo di persone non sono poche.
    Guarda qui http://www.homolaicus.com/storia/contemporanea/armenia/
    E da Cipro se ne devono andare, come han detto le risoluzioni Onu, oppure si adattano a vivere come una minoranza e non come uno Stato a parte.

  3. Linosse
    Linosse says:

    Non è un caso che la 1ª G.M. venga definita “La Grande Guerra”.
    La “lungimiranza latrocinesca” degli inglesi(anglosassoni)ha lasciato focolai vulcanici pronti a vomitare lava infuocata che sommerge il già emerso e fa emergere il sommerso,liquido ad alta temperatura.
    Armenia,Kurdistan(ma si mettiamoci anche Iran ,Irak,Afkanistan &C.) sono la dimostrazione degli scarti della politica alla perenne ricerca del facile e comodo “Vello d’oro” delle nostre radici culturali;siamo rimasti argonauti.
    Come possiamo sbarcare da Argo e riprendere il cammino a piedi?
    L.

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