Obama vuole la pace e perciò anche il controllo Usa delle atomiche israeliane. La prima metà del molto documentato diario di un mio compagno di viaggio in Palestina [segue]

Nonostante le dichiarazioni boomerang di Bibi Netanyahu sul massacro di dicembre/gennaio 2008 a Gaza (dove – come ha fatto notare un nostro lettore – ha praticamente ammesso che Israele il cammino verso la pace lo percorre compiendo quelli che la stessa Onu ha definito crimini di guerra e anche contro l’umanità, critica che peraltro pare si possa rivolgere anche contro Hamas) e nonostante il suo pubblico e reiterato rifiuto a bloccare la vergogna dell’espansione delle colonie in territorio palestinese, a New York il primo ministro israeliano si è sentito fare dal presidente degli Stati Uniti il discorso che mai nessuno ha osato fare a Israele. “Il problema non è tanto l’ipotetica bomba atomica iraniana, ma il già esistente arsenale nucleare di Israele”, ha infatti detto Obama a un allibito e molto contrariato Netanyahu. Che però per uscire dall’angolo nel quale Obama lo ha stretto nei colloqui newyorkesi ha dovuto non solo abbozzare, ma anche prendere una serie di impegni:

a) NON attaccare l’Iran, checché pretendano gli estremisti fanatici e guerrafondai che sono lo zoccolo duro elettorale di Bibi;

2) lasciare che eventualmente l’Iran si costruisca l’atomica, visto che ne ha tutto il diritto data anche la vicinanza con Paesi dotati di armamenti nucleari;

3) smetterla di far finta che Israele le atomiche non sa neppure cosa siano;

4) affiancare nel controllo delle atomiche israeliane gli statunitensi. Visto che sono gli  Usa a garantire di fatto, ed esplicitamente, la vita e la sopravvivenza di Israele contro qualunque pericolo di aggressione, comprese quelle nucleari di cui tanto si straparla, tanto vale trarne le conseguenze sul piano pratico. Quella che si profila quindi è una soluzione del tipo “doppia chiave”, come per le atomiche Usa che ancora stazionano in Italia quanto meno negli aeroporti di Ghedi e Aviano: a deciderne l’eventuale uso NON sono gli italiani, ma – nella migliore delle ipotesi – questi assieme agli americani. Del resto il controllo Usa sull’Iran diventa più stretto con il blocco dello “scudo stellare” rivolto verso la Russia per rivolgerlo invece verso l’Iran. Vale a dire, verso tutte le potenze nucleari già esistenti ed eventualmente future di quella martoriata parte del mondo.

Questa dunque è la grande e unica grande novità che si profila a New York. Sempre che qualche “pazzo” o qualche delinquente non la faccia saltare per aria eliminando dalla scena Obama e il suo think-thank. Tutto il resto è fuffa e messinscena, compreso il gesto di abbandonare la sala quando Ahmadinejad dice che “Israele è uno Stato disumano”, gesto indecoroso specie se si pensa che all’Onu si lasciano parlare i sauditi e altri rappresentanti di regimi odiosi o infami.

Sperando che la novità di New York vada in porto e assicuri la ripresa e la conclusione degli accordi per la creazione dello Stato palestinese e per l’accettazione dell’esistenza dello Stato di Israele, vi invito a leggere i diario di viaggio di uno dei componenti la comitiva con la quale a fine luglio ho girato in lungo e in largo per la Palestina raccogliendo notizie, racconti e testimonianze dei contendenti dell’una e dell’altra parte. Il racconto, al quale rpima o poi farà seguito il mio, lo divido in due parti e per ora pubblico solo la prima. Le foto sono tra quelle che ho scattato io. Le note e i riferimenti indicati nel testo del racconto li troverete alle fine della secondo pezzo, che pubblicherò credo domenica prossima.
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COMBATTENTI PER LA PACE – UN VIAGGIO IN PALESTINA

di Lorenzo Bernini (ricercatore in Filosofia politica all’Università di Verona)

Dove ti trovavi l’11 settembre 2001? Io ero a New York. Alle 8.46, quando il primo aereo si è schiantato contro la torre nord del World Trade Center, stavo facendo colazione. L’impatto ha fatto tremare i muri del mio appartamento. Ho visto il crollo delle torri dalla mia finestra, come immagino tu lo abbia visto dallo schermo della tua televisione. A poca distanza da me sono morte 2.974 persone, dicono le stime ufficiali, di 90 diverse nazionalità. Più i 19 dirottatori. Sono tanti 2.993 esseri umani. Mi ci è voluto un pò di tempo per capire la differenza tra avere assistito alla loro fine trovandomi così vicino a loro piuttosto che guardando la tv – oltre ad aver avvertito la forza d’urto, oltre alla paura. Non dimenticherò mai New York nei giorni successivi: le veglie di preghiera in riva al fiume, i primi gadgets venduti agli angoli delle strade (le magliette e i cappellini con la scritta “America under attack”, la bandiera a stelle e strisce in tutti i formati che riesci a immaginare), e anche le prime manifestazioni pacifiste in Washington square. Ma soprattutto i parenti, gli amici, i mariti le mogli gli amanti che cercavano i propri cari, la città tappezzata di manifestini fotocopiati con i volti delle vittime disperse e i loro nomi: missing John, missing Judith, missing Abdul. Sono tanti 2.993 esseri umani, e trovarmi lì vicino a loro mi ha fatto sentire (che è diverso da “capire”) che ognuno e ognuna di questi 2.993 esseri umani è scomparso portando con sé il suo nome proprio, il suo corpo, il suo volto, lasciando a chi è rimasto un immenso, incolmabile vuoto. Anche quando si muore insieme a tanti altri, si muore uno per uno. E uno per uno si viene compianti dai propri cari.
Esistono poi celebrazioni collettive, ma solo per alcuni lutti, non per tutti. Così, se le vittime degli attentati dell’11 settembre sono state ampiamente ricordate dai mass media, troppe morti vengono accolte con indifferenza dall’opinione pubblica occidentale. Per cercare di sottrarmi a questa indifferenza, negli ultimi anni ho tentato, non solo nella mia attività accademica (si vedano, ad esempio: http://www.nazioneindiana.com/2008/09/10/maschio-e-femmina-dio-li-creo-il-binarismo-sessuale-visto-dai-suoi-zoccoli-1/#more-8130; http://www.nazioneindiana.com/2009/03/30/luoghi-di-confino-linee-di-confine/#more-16039) ma anche attraverso l’esperienza diretta, di occuparmi di quelle linee di confine simbolica e materiale che ancora nel presente distinguono chi è riconosciuto pienamente umano (e quindi degno di pubblico lutto), da chi è bandito dalla piena umanità (e la cui morte passa quindi sotto silenzio). Per questa ragione ho intrapreso il viaggio tra i curdi di Istanbul e le visite ai campi rom di Milano e al centro di accoglienza per migranti di Lampedusa – ora di nuovo centro di identificazione ed espulsione – di cui, grazie a Jan Reister e a Giovanni Hänninen, ho lasciato tracce anche su nazione indiana (http://www.nazioneindiana.com/2008/05/06/istanbul-turchia-i-curdi-di-istanbul/; http://www.nazioneindiana.com/2008/07/17/il-razzismo-e-la-burocrazia-la-costruzione-del-nemico-pubblico-zingaro/; http://www.nazioneindiana.com/2008/10/27/lampedusa-europa-la-fabbrica-della-clandestinita/). E per questa ragione ho partecipato quest’anno alla missione di pace in Palestina e Israele organizzata dall’Associazione per la pace (www.assopace.org) di Luisa Morgantini (http://it.wikipedia.org/wiki/Luisa_Morgantini; www.luisamorgantini.net), fondatrice della rete internazionale delle Donne in nero contro la guerra e la violenza (http://www.donneinnero.it/index.htm) ed ex vicepresidente uscente del Parlamento europeo. Quanto segue è il mio punto di vista su quello che ho visto, su quello che ho udito dalle vive voci di chi, in una situazione di conflitto e di lutto che potrebbe sembrare rendere obbligatoria la scelta della violenza, sulla pulsione della vendetta ha fatto prevalere il desiderio della giustizia.

Prima del consolidarsi dello stato moderno, prima dei massacri delle guerre di religione tra cattolici e protestanti del 1600, in Europa filosofi cristiani come Tommaso d’Aquino e Francisco de Vitoria, dimentichi del pacifismo radicale del messaggio evangelico, elaborarono teorie della “guerra giusta”, tese a giustificare la guerra quando è volta alla riparazione di un torto subito. Dopo la caduta del muro di Berlino il 9 novembre 1989, e con maggiore intensità dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, alcuni intellettuali americani, a partire da John Rawls e Michael Walzer, hanno riabilitato quest’antica tradizione per legittimare interventi di “polizia internazionale” quali la prima guerra del Golfo nel 1991, la guerra contro il terrorismo in Afghanistan, iniziata nel 2001, e persino la seconda guerra del Golfo iniziata nel 2003 (com’è noto, una guerra preventiva basata su pretesti).

Oggi come allora, a quanto pare, c’è chi crede nell’esistenza di un unico ordine mondiale (impersonato allora dal Papa di Roma, e oggi garantito dall’ONU) e quindi nella possibilità di determinare con certezza chi ha ragione e chi ha torto nell’arena internazionale. Tale possibilità è a dire il vero piuttosto remota in un conflitto come quello arabo-israeliano dove, data la complessità degli eventi coinvolti, è molto facile per le parti in causa fare un uso strumentale della storia. Ma anche chi credesse nell’esistenza di un punto di vista neutrale sulla storia, e anche chi volesse accordare fiducia all’ONU come garante della giustizia internazionale (vorrei ricordarti che l’ONU è espressione dell’ordine mondiale stabilitosi dopo la seconda guerra mondiale e infatti i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU, l’organismo preposto a stabilire sanzioni contro gli Stati colpevoli di aggressione, sono le potenze vincitrici della seconda guerra mondiale), dovrebbe riconoscere l’inadeguatezza della teoria della guerra giusta nello scenario contemporaneo.


Infatti – anche se, mentre scrivevano, non esistevano strumenti di distruzione di massa e le guerre tra gli Stati europei non avevano la struttura asimmetrica che caratterizza le guerre contemporanee – i teorici della guerra giusta furono molto attenti a stabilire non solo criteri di legittimità della guerra (la riparazione di un torto subito), ma anche criteri di legalità: una reazione sproporzionata rispetto ai danni subiti, e in ogni caso il massacro di civili innocenti, la distruzione ingiustificata dei campi, l’avvelenamento delle acque rendevano, secondo loro, illegale la guerra, e quindi ingiusta anche se mossa da causa legittima. Anche chi ancora credesse nella possibilità di definire “giusta” una guerra, dovrebbe quindi tener conto del fatto che la maggior parte delle guerre combattute oggi dagli USA e dalle potenze occidentali, dato l’alto numero di vittime civili, sarebbero state considerate illegali dai filosofi cristiani della prima modernità – a prescindere dai pareri dell’ONU che, tra l’altro, com’è noto, sono sovente disattesi da chi è nella posizione di poterlo fare. E lo stesso giudizio sarebbe stato applicato anche alle pratiche di guerra, di embargo, di occupazione, di apartheid e di pulizia etnica perseguite dallo Stato di Israele sul proprio territorio e nei territori occupati della West Bank (Cisgiordania) e della Striscia di Gaza: le presunte ragioni dello Stato di Israele e del suo nuovo governo di destra non sarebbero state ritenute sufficienti a giustificare il suo operato che rende invivibile l’esistenza di uomini, donne e bambini palestinesi e pressoché impossibile una soluzione pacifica del conflitto. Allo stesso modo, naturalmente, in alcun modo sarebbero stati giustificati gli attentati suicidi e il lancio dei rudimentali missili Qassam (http://it.wikipedia.org/wiki/Qassam) sui civili israeliani da parte di organizzazioni armate palestinesi.

La sproporzione delle forze tra una popolazione occupata e male armata e una potenza occupante con uno degli eserciti meglio equipaggiati del mondo è comunque evidente: durante la seconda intifada (dal settembre 2000 al 2004, quando Hamas ha dichiarato la cessazione degli atti terroristici) sono morti circa 5.000 palestinesi e circa 1.000 israeliani. E soprattutto durante l’operazione Piombo fuso, tra il 27 dicembre 2008 e il 18 gennaio 2009, l’esercito israeliano, infierendo su una popolazione (di circa 1.400.000 persone) già affamata da due anni di rigido embargo, ha ucciso 1.417 palestinesi della Striscia di Gaza (la maggior parte dei quali civili, tra cui più di 400 bambini), distrutto 4.000 case e 1.500 tra fabbriche e laboratori artigiani. Le vittime israeliane sono state invece 13, di cui 3 civili. 1.430 morti in 22 giorni, quindi: uccisi insieme, uno per uno.
Di fronte a questo quadro, lascio ad altri la valutazione delle giustificazioni dell’una o dell’altra parte belligerante. La scelta dell’Associazione per la pace, che sottoscrivo pienamente, è invece di dare sostegno a chi, nella società civile palestinese e in quella israeliana, alle ragioni della guerra e della violenza ha preferito quelle della pace e della resistenza non violenta. Sono queste le voci che ho ascoltato, e che adesso vorrei riferire.

La missione dell’Associazione per la pace avrebbe inizialmente dovuto svolgersi ad aprile nella Striscia di Gaza, ma le autorità israeliane consentono l’ingresso nella zona soltanto a pochi giornalisti e diplomatici. Più di una nave organizzata da reti di ONG ha tentato di violare l’embargo e di sbarcare nella Striscia per portare aiuti umanitari, ma le imbarcazioni sono state intercettate dalla flotta israeliana e i cooperanti arrestati – e in breve tempo rilasciati. Ad aprile Morgantini, allora vicepresidente del parlamento europeo, è riuscita a organizzare una visita a Gaza di una delegazione di parlamentari. Ci ha descritto scene di devastazione, e ci ha spiegato che non a caso i famosi tunnel che collegano la striscia di Gaza all’Egitto, da cui entrano clandestinamente beni di prima necessità, motorini, armi e anche l’esplosivo necessario alla fabbricazione dei razzi Qassam sono stati risparmiati dai bombardamenti. Servono a “calmierare la disperazione”, ha commentato Paola Caridi, socia fondatrice dell’associazione di giornalisti indipendenti Lettera 22 (http://www.lettera22.it/) e autrice dei libri Arabi Invisibili e Hamas (http://invisiblearabs.blogspot.com). Ma la disperazione di chi non è considerato pienamente umano, per quanto possa essere tatticamente “calmierata”, a quanto pare non deve essere mostrata più di tanto all’opinione pubblica internazionale: così la missione dell’Associazione per la pace nella Striscia di Gaza progettata per aprile non è stata possibile.

Il nostro viaggio ha invece avuto luogo dal 17 al 24 luglio: in quaranta (un gruppo eterogeneo per genere, età, professione) guidati dall’energica Luisa e dalla sua gentilissima assistente Barbara Antonelli, abbiamo visitato alcune significative città israeliane e la West Bank, dove ci siamo scontrati con una realtà che nessuno di noi, per quanto ben informato, poteva immaginare.
A farci da guida a Gerusalemme est è stato Ali M. Jiddah, membro della comunità “afro-palestinese” di Israele: figlio di migranti sudanesi, come gli altri africani musulmani che vivono in Israele, si considera parte del popolo palestinese in virtù delle comuni discriminazioni riservate ai musulmani dallo Stato di Israele. Negli anni sessanta Jiddah entrò nel Fronte popolare di liberazione della Palestina, gruppo di ispirazione marxista-leninista poi confluito nell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, e nel 1968 fu tra gli esecutori di un attentato a Gerusalemme che ferì 9 israeliani, per cui ha in seguito scontato 17 anni di carcere. Pur non rinnegando il suo passato, oggi ha optato per una scelta di resistenza non-violenta, di cui la sua attività di “guida alternativa” di Gerusalemme è parte integrante. “Non mi sono mai divertito a mettere bombe: è stata una reazione all’ingiustizia – ci ha spiegato – essere nero a Gerusalemme significa essere costantemente vittima dei maltrattamenti dei coloni e dei soldati. Voglio un futuro diverso per i miei figli, vorrei che facessero gli avvocati, i dottori, e non che perdessero i migliori anni delle loro vite in galera. Perché questo sia possibile è importante che il mondo sappia che cosa succede qui”.

Ad Haifa Jafar Farah, direttore di Mosawa, The Advocacy Center for Arab Citizens of Israel (http://www.mossawacenter.org/), ci ha illustrato la vasta gamma di discriminazioni a cui sono sottoposti i cittadini arabi israeliani (circa 1.400.000 su un totale di 7.100.000 israeliani): ai profughi palestinesi è impedito il ritorno alle loro terre, pochi palestinesi scelgono di fare il servizio militare (che è invece obbligatorio per gli israeliani, 3 anni per gli uomini e 2 per le donne) e questo li penalizza nella ricerca del lavoro, il governo non costruisce servizi e infrastrutture nelle zone abitate dai palestinesi (garantisco ad esempio che le bellissime spiagge di Jisr az-Zarqua, l’unico vilaggio palestinese in territorio israeliano che si affaccia sul Mediterraneo, potrebbero diventare un’ambita zona turistica se solo fossero raggiungibili con l’autostrada http://en.wikipedia.org/wiki/Jisr_az-Zarqa), i maltrattamenti da parte di fanatici ebrei ortodossi, complici le forze dell’ordine, sono all’ordine del giorno. A giugno il nuovo parlamento ha discusso, e fortunatamente non approvato, una legge che intendeva punire con tre anni di reclusione chiunque celebri la Naqba (la “catastrofe” del popolo palestinese che coincise con la fondazione dello Stato di Israele nel 1948, quando circa l’80% dei palestinesi che abitavano i territori che sarebbero poi diventati Israele furono costretti all’esodo: http://en.wikipedia.org/wiki/Naqba) e proprio nei giorni della nostra permanenza, ha approvato una legge che proibisce alle istituzioni pubbliche di finanziare qualsiasi organizzazione che celbri la Naqba e inoltre di nominare la Naqba nei testi scolastici. Segno evidente che la catastrofe non è mai finita.

Allarmante, ad esempio, è la questione abitativa: le amministarazioni giudicano abusivi tutti gli edifici palestinesi costruiti prima della formazione dello Stato di Israele, tanto sotto la dominazione ottomana quanto sotto il mandato inglese, e non autorizza i palestinesi a costruire nuove case. Con questo pretesto le famiglie palestinesi vengono costrette ad abbandonare o addirittura a demolire le proprie case, e al loro posto si insediano solitamente famiglie di ebrei integralisti armati e scortati dall’esercito (per informazioni sugli sgomberi rimando ai seguenti siti: http://coalitionforjerusalem.blogspot.com/; www.icahd.org/eng; http://www.standupforjerusalem.org/). Ad esempio Silwan, un intero quartiere di Gerusalemme edificato prima della Guerra dei sei giorni del 1967 su quello che gli israeliani presumono essere il sito della tomba di David, che conta 88 case e 1.500 abitanti, è attualmente sotto minaccia di sgombero: al suo posto sorgerà un “parco biblico”. Sotto sfratto sono anche gli abitanti di Sheikh Jarrah, altro quartiere di Gerusalemme abitato da 28 famiglie (500 persone) di profughi del 1948 che si sono insediate nella zona nel 1956, su autorizzazione dell’amministrazione giordana. Nonostante queste famiglie posseggano regolari atti di proprietà, un gruppo di coloni ha iniziato a reclamare le loro abitazioni in base a documenti falsificati che i tribunali isaraeliani hanno ritenuto validi. Una donna sfrattata il 16 luglio 2008, Um Kamel, è diventata il simbolo della protesta: da più di un anno vive in una tenda vicina alla sua casa, protetta dai volontari dell’International Solidarity Movement (http://palsolidarity.org/). Siamo andati a trovarla sotto la sua tenda, dove ci ha accolto assieme alle famiglie Hanoun e Al Ghawi, entrambe sotto sfratto.

Con la dignità di una regina, senza abbandonarsi ad alcuna commiserazione, ci ha raccontato i soprusi che ha dovuto subire dai coloni israeliani quando ancora aveva una casa: l’immondizia gettata dalle finestre, i pavimenti inondati di liquame, una pistola provocatoriamente lasciata sull’uscio… Poco pù di una settimana dopo il nostro ritorno in Italia, all’alba del 2 agosto, lo sfratto è stato eseguito: le famiglie Hanoun e Al Ghawi  sono state evacuate con la forza, e al loro posto si sono insediate due famiglie di coloni, protette dalle forze dell’ordine israeliane. Due palestinesi e 11 volontari internazionali sono stati arrestati, la tenda di Um Kamel è stata spianata da un bulldozer.
Maltrattamenti come questi sono purtroppo all’ordine del giorno anche in West Bank, territorio occupato militarmente da Israele, assieme alla Striscia di Gaza, durante la guerra dei sei giorni. Come ci ha spiegato Ray Dolphin, responsabile dell’OCHA, l’ufficio dell’ONU per le questioni umanitarie nei territori occupati (www.ochaopt.org), in West Bank vivono 2.350.000 palestinesi e 462.000 coloni israeliani protetti da un ampio numero di militari. Recentemente, in seguito alle pressioni del presidente Americano Barack Obama, il premier israeliano Banjamin Netanyahu ha promesso che interverrà sugli insediamenti illegali in West bank, intendendo con questa espressione gli outpost di nuova formazione, costituiti da camper e roulotte o container, ma in realtà per il diritto internazionale tutti i 149 insediamenti israeliani (a cui si aggiungono 48 basi militari) in West Bank sono illegali, atti di colonizzazione operati da una potenza occupante su un territorio occupato. La maggior parte dei coloni sono religiosi integralisti che si sentono legittimati dalla Bibbia ai peggiori comportamenti nei confronti della popolazione palestinese che, a loro avviso, semplicemente non ha diritto di vivere nella terra di Israele. Il loro leit-motiv è: “Questa è l’unica terra assegnata da Dio al popolo di Israele, i palestinesi hanno 22 Stati arabi dove andare”. Ma a dire il vero fino ad ora gli Stati arabi hanno dimostrato di strumentalizzare la questione palestinese più che di preoccuparsi davvero delle condizioni in cui versa il popolo palestinese, e in ogni caso i palestinesi preferiscono continuare a vivere nelle proprie case piuttosto che in un campo profughi in uno dei “22 Stati arabi dove possono andare”. Inizialmente i coloni costruiscono abitazioni di fortuna, solitamente sulla cima delle colline da cui possono controllare meglio le valli.

Questi outpost in breve tempo vengono riforniti di elettricità, acqua e gas, e poi si espandono: ai container si sostituiscono gradualmente case a un piano, poi a due e tre piani, fino all’edificazione di ampi agglomerati abitativi. Gli accordi di Oslo del 1993 (http://it.wikipedia.org/wiki/Accordi_di_Oslo), dividendo la West Bank in zone controllate dall’Autorità Nazionale Palestinese e in zone (corrispondenti agli insediamenti) controllate dal’esercito israeliano, ha aperto la strada alla realizzazione dei checkpoint interni alla West Bank. La costruzione della “barriera”, cioè del muro di separazione, iniziata nel 2002 con lo scopo uffciale di “proteggere” la popolazione israeliana dagli attentati suicidi dei palestinesi, ha peggiorato la situazione. Secondo Ray Dolphin “il problema non è tanto il muro, quanto il suo percorso, che non coincide con i confini del 1967, e che per l’86% è costruito all’interno della West Bank. A Gerusalemme il muro penetra in West Bank per 14 km, più a nord per 25 km: la barriera traccia nuovi confini che di fatto annettono il 10% della West Bank a Israele”. Naturalmente a essere annesse a Israele sono le terre più fertili e quelle dotate di risorse idriche. A essere protetta dal muro è anche la rete autostradale, dove possono correre solo le auto israeliane con la targa gialla e non quelle palestinesi con la targa verde (l’infrazione è punita con sei mesi di reclusione). Il muro e i circa 90 checkpoint in West Bank sono in realtà una barriera eretta contro la dignità umana dei palestinesi e contro la loro sopravvivenza. I checkpoint rendono infatti difficile ogni spostamento e danneggiano la già fragile economia palestinese. ll muro separa gli agricoltori dalle loro terre, gli studenti dalle scuole e dalle università, l’intera popolazione da ospedali e da servizi sanitari: in seguito alla costruzione della “barriera”, decine di donne hanno perso i loro bambini durante il parto o sono morte di parto perché il travaglio “non ha rispettato” gli orari stabiliti per il varco dei checkpoint.

Un caso esemplare è il distretto di Hebron. Come Gerusalemme, anche Hebron è divisa in due. Un tempo vitale centro di commercio nel sud della West Bank, ora è ridotta a una città-fantasma: alcune strade sono state interrotte da cancelli, blocchi di cemento e checkpoint (per un numero complessivo di 101 sbarramenti), in altre strade è stato proibito ogni accesso ai palestinesi. Tutto è iniziato poco dopo la guerra dei sei giorni, quando un manipolo di ebrei ortodossi si introdusse nella città fingendo di essere un gruppo di turisti. I coloni fondarono un primo insediamento a Kyriat Arba, appena fuori Hebron. Poi arrivarono i rinforzi, che con la consueta violenza occuparono cinque edifici all’interno della città. In seguito agli accordi di Oslo, la città è stata ufficialmente divisa in due zone, denominate H1 (la Hebron palestinese) e H2 (la Hebron ebraica), ma non per questo la violenza è finita. Nel 1994 Baruch Goldstein, ebreo di origine americana, aprì il fuoco su una folla di fedeli musulmani inginocchiati in preghiera nella moschea di Ibrahim: riuscì a uccidere 29 persone e a ferirne 150 prima di essere a sua volta ucciso dalla folla superstite. La sua tomba a Kyriat Arba, su cui si legge “Il santo Baruch Goldstein, che ha dato la vita per il popolo ebraico, la Torah e la nazione di Israele” è oggi luogo di pellegrinaggi (http://www.geocities.com/dr_b_goldstein/kever.htm). Attualmente vivono a Hebron 220.000 palestinesi, 400 coloni ebrei e circa 1.300 militari israeliani, la cui presenza salta subito all’occhio: sui tetti delle case sono disseminate numerose postazioni di guardia. Sentendosi ben “protetti”, non di rado i coloni sfilano per la città brandendo armi e intonando canzoni antiarabe, lanciano uova contro i pullman di turisti, pietre e immondizia contro i palestinesi. Dal 2000 al 2003 Hebron è stata uno dei centri della seconda intifada: ha subito 583 giorni di coprifuoco, e la chiusura per ordine miitare di 500 negozi. In seguito altri 1.141 negozi hanno chiuso per fallimento. Come a Gerusalemme est, i pochi esercizi commerciali rimasti si proteggono dai frequenti lanci di oggetti contundenti dai tetti delle case con reti metalliche che ricoprono i vicoli da parte a parte. In tale situazione, una delle forme che ha assunto la “resistenza non violenta” palestinese è l’Hebron Rehabilitation Committee (www.hebronrc.org). Si tratta di un’associazione finanziata da aiuti internazionali, fondata nel 1996 allo scopo di preservare l’identità culturale della città, a partire dal restauro della città vecchia, dei suoi mercati e della sue infrastrutture. “Resistenza non violenta” significa infatti, per i palestinesi, innanzitutto sfidare i coloni e l’esercito occupante tentando un ritorno a una vita “normale”.

Un altro significativo esempio di resistenza non violenta è rappresentato dal movimento dei pastori, delle donne e dei bambini delle colline a Sud di Hebron. Abbiamo incontrato Hafez Hurain, che ne è il portavoce, nel villaggio di At-Tuwani, un piccolo centro abitato da 300 pastori, circondato da tre insediamenti ebraici e situato in una zona che, per gli accordi di Oslo, è interamente amministrata dalle autorità israeliane. Ad At-Tuwani l’elettricità è presente tre ore al giorno, grazie a un generatore (il 30 luglio, pochi giorni dopo la nostra visita, l’esercito israeliano ha dato ordine di fermare i lavori di costruzione dei pali della luce), e le riserve d’acqua sono molto scarse, mentre i vicini insediamenti godono di ogni confort. Ma oltre al peso di questa ingiustizia, il villaggio patisce varie forme di violenza: i coloni inquinano le acque gettando polli morti nelle cisterne, avvelenano i pascoli, sgozzano il bestiame e, come se non bastasse, lanciano pietre contro i bambini dei villaggi vicini quando tentano di raggiungere la scuola di At-Tuwani, l’unica scuola della zona. Il movimento non violento dei pastori, delle donne e dei bambini delle colline a Sud di Hebron invita le famiglie del villaggio a non abbandonare la terra, a continuare a pascolare il proprio bestiame, a continuare a mandare i bambini a scuola. Il lavoro più difficile, ci ha spiegato Hurain, è convincere i giovani della superiorità non solo etica ma anche pragmatica della scelta non violenta: “Cerco di far capire loro che di fronte ai coloni armati e alle forze dell’esercito israeliano rispondere alla violenza con la violenza è la reazione più facile, ma anche la meno utile. Se tutte le malefatte dei coloni restano impunite in nome di un pretestuoso diritto di autodifesa, per il lancio di una pietra un ragazzo palestinese rischia anni e anni di carcere, e ancor prima la propria vita”. (Parole simili ci sono state dette anche a Nablus dai volontari dell’associazione Human Supporters – www.humansupporters.org – che tra le altre cose organizza campi-gioco estivi per bambini: “Quando i bambini tirano pietre contro l’esercito non compiono un’azione politica, ma cercano di esprimere qualcosa. Noi cerchiamo di ascoltarli e di parlare con loro: cerchiamo di far capire loro che il lancio delle pietre li porta solo alla prigione, o alla morte”).

Anziché lanciare pietre, il movimento nonviolento risponde a ogni ordine di sgombero o di demolizione con manifestazione pacifiche, con preghiere e canti. Particolarmente preziosa è stata la collaborazione con organizzazioni pacifiste israeliane che hanno fornito assistenza legale gratuita, e soprattutto con il movimento internazionale Christian Peacemaker Teams (http://www.cpt.org/work/palestine) e con i volontari di Operazione Colomba (http://www.operazionecolomba.com/), che hanno organizzato un presidio permanente nel villaggio e che ogni giorno accompagnano i bambini a scuola e i pastori ai pascoli. “Purtroppo – ci hanno spiegato – da queste parti le vite degli esseri umani non hanno lo stesso valore. Come insegna il tragico caso di Rachel Corrie (http://www.rachelcorrie.org/), soltanto quando i coloni o l’esercito mettono in pericolo la vita di un volontario occidentale, l’opinione pubblica mondiale si mobilita, e allora persino il parlamento israeliano deve tenerne conto”. Dopo il ferimento di un volontario ad opera dei coloni, infatti, su pressioni della Corte israeliana per i diritti dell’infanzia, il parlamento ha deliberato che ogni giorno i militari israeliani scortino i bambini all’andata e al ritorno da scuola. Non per questo il lavoro dei volontari di Operazione Colomba è terminato: non solo perché i soprusi dei coloni proseguono, ma anche perché occorre vigilare sugli stessi militari, che talvolta spintonano e maltrattano i bambini.

Come ho anticipato poco fa, l’impressione che ho tratto da questo viaggio in Palestina e Israele non è stata soltanto di una situazione estremente intricata, ma anche di una realtà inimmaginabile per un europeo, a cui io stesso stenterei a credere se non ne avessi fatto esperienza diretta. Un’esperienza che mi ha costretto ad abbandonare ogni immagine stereotipata della guerra intesa – alla maniera dei teorici della guerra giusta della prima modernità – come combattimento tra eserciti regolari. Il conflitto israelo-palestinese non soltanto miete nella maggior parte dei casi vittime civili (come la maggior parte delle guerre asimmetriche contemporanee) ma è un conflitto combattuto in gran parte dai civili, che investe quotidianamente, “microfisicamente” la vita di uomini e donne qualunque, potenziali vittime in ogni momento della loro esistenza di soprusi e di violenze, oltre che di proiettili, ordigni esplosivi e attentati suicidi.

A sorprendermi sono state anche le divisioni che percorrono quello che nell’immaginario della sinistra italiana è rappresentato come un unico popolo palestinese: per tutta la durata del viaggio è sembrato che l’assedio di Gaza fosse una realtà presente soltanto nelle nostre menti. Nessuno (a eccezione di Mustafa Barghouti, di cui dirò tra poco), né i rappresentanti delle associazioni in difesa dei cittadini arabi israeliani, né le autorità governative e le organizzazioni non governative che abbiamo incontrato in West Bank, ha menzionato di propria iniziativa la condizione dei palestinesi di Gaza. È difficile azzardare previsioni su quale sarà il futuro della West Bank: la condizione attuale, di un territorio percorso dal muro, diviso da 93 checkpoint (75 permanenti e 18 temporanei) e da 97 cancelli, punteggiato da 48 basi militari israeliane e da 149 insediamenti abitati da 300.000 coloni, rende molto difficile immaginare uno Stato dotato di integrità territoriale. Però la speranza non deve morire: i sindaci e i governatori che abbiamo incontrato sono concordi nel sostenere che negli ultimissimi tempi, forse anche in virtù delle dichiarazioni di Obama, la pressione dell’esercito israeliano si è fatta meno violenta. Su un punto tuttavia mi sembra che Israele abbia già vinto: vittime di un’efficace politica del “divide et impera”, ognuno dei tre gruppi in cui si trova scomposta la popolazione palestinese – cittadini israeliani, abitanti della West Bank governati dal partito nazionalista laico Fatah e abitanti della Striscia di Gaza governati dal partito islamico integralista Hamas – sembra troppo occupato dai propri immediati problemi di sopravvivenza quotidiana per poter pensare alla causa di un unico popolo. Difficilmente sanabile sembra essere soprattutto il conflitto tra Fatah e Hamas, che nel 2007 – quando Hamas ha assunto con la forza il controllo delle Striscia di Gaza e in West Bank è stato espulso dal governo e messo fuori legge –  ha preso la forma di una vera e propria guerra civile tra gruppi dirigenti.

[SEGUE]

90 commenti
« Commenti più vecchi
  1. La  Striscia  rossa
    La Striscia rossa says:

    Una stretta di mano impartita con la cautela di chi mette un topo morto in bocca a un coccodrillo, è tutto quello che il premier italiano ha ricevuto da Michelle Obama, nonostante i suoi migliori sforzi di mettere in moto il suo charme.

    The Daily Telegraph

  2. ber
    ber says:

    Cara Anita,
    a Villa S.Maria,piccolo paese aggrappato alla Maiella, c’e’ la scuola
    dei cuochi di vecchia tradizione,…pare risale al 1600 e forniva gia’ i cuochi a vari re in europa.

    C’e’ ancora,pare alla gelmini sia sfuggita,…ma pare campa con le sovvnzioni private che le arrivano da tutto il mondo.
    Ogni anno i cuochi piu’ bravi di tutto il mondo, si sfidano in piatti
    nuovi, con grande delizia dei turisti che arrivano da tutte le parti.
    Un caro saluto,Ber

  3. ber
    ber says:

    x Linosse,
    anch’io quando andavo nel sud,….a 24 anni avevo un’azienda
    pubblicitria per cartelloni,che adesso gestisce mio nipote,…mi fermavo a Casalbordino , a Vasto,…o a Termoli,….e in ogni ristorante si mangiava un ottimo brodetto o zuppa.
    Ma erano i ruggenti anni ’60.
    Adesso il pesce e’ diventato caro,…e spesso lo fanno con quello di importazione.
    Comunque,
    oggi mia moglie,festeggia con anticipo il compleanno,dato che ci sono le nipoti venute da brescia e ha ordinato,…da Attilio,
    un brodetto classico e uno bianco,…tra l’altro,ti sapro’ dire in merito.
    Un saluto,Ber

  4. Anita
    Anita says:

    x Sylvi

    Il merluzzo e’ uno dei nostri pesci piu’ usato, locale dei mari freddi.

    Cod, scrod, haddock.
    E’ sempre venduto a filetti o come nella foto:

    http://comps.fotosearch.com/comp/FDC/FDC003/back-cod_~926674.jpg

    E’ uno dei pochi pesci che mangio, al forno con un paio’ di Ritz crackers passati al materello sopra, qualche goccia d’olio e servito con fette di limone.

    E’ abbastanza caro, circa $11 alla libra, circa 450 grammi.

    Tutto il pesce e’ caro, a volte proibitivo.

    Dato che il formo e’ silenzioso, parliamo di pesci…….. ;-)

    Ciao, Anita

  5. sylvi
    sylvi says:

    cara Anita,

    sono appena rientrata e stavo guardando il link che mi hai postato.
    Sei grande, come al solito!

    E’ un settembre meraviglioso qui da noi, sole pieno e bora.
    Sarebbe l’ideale per andare in barca , ma quest’anno l’abbiamo usata poco.
    Noi mangiamo spesso pesce, secondo stagione.
    Naturalmente il pesce azzurro è sempre abbastanza a buon prezzo.
    A mio marito piacciono sia le sarde e le alici, ma soprattutto ama lo sgombro. Lo faccio in forno o alla griglia; sopra ci metto un trito di prezzemolo e aglio con uno spruzzo di aceto.
    Ricetta di mia nonna!
    I pesci di scoglio sono anche qui molto cari, ma riesco a trovarli provenienti dalla Slovenia e Croazia a prezzi accettabili.
    Da molti anni progettiamo per Capodanno di andare a Premuda, piccola isola dalmata, per partecipare alla pesca dei calamari con gli amici che conosciamo da decenni.
    Il problema è che dobbiamo scegliere una giornata di bel tempo per raggiungere l’isola o da Lussinpiccolo o da Zara.
    Quest’anno speriamo sia la volta buona!

    Le donne dell’isola sono cuoche insuperabili di pesce: fanno un brodeto fantastico con il quale condiscono gnocchi grossi come noci, o patate buonissime che hanno il sapore della macchia mediterranea.
    Poi fanno il brodo di pesce, come noi lo facciamo di carne , e ci mettono il riso.
    Da non molti anni fanno uso di pasta,da quando possono avere quella italiana di grano duro.
    Prima avevano una pasta che si scioglieva in polentina: Uno strazio!|

    Lascio il computer a mio marito che ti invia le foto di mio nipote.
    ciao a dopo!
    Sylvi

  6. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    Buona sera a tutti, eccomi di nuovo a casa, Caciucco, pesce e vino ottimi.
    Antonio Zaimbri persona squisita, serena, disponibile e in pace col mondo.
    Cecina , di cui ingoravo l’esistenza, mi ha colpito per la semplicità della gente, ovunque, e ancora di più per le frotte di ragazzine e ragazzini di 8-13 anni che sciamano già curiosi del mondo, ma senza le esagerazioni, lo sbraco, il pizzico di protervia e la maleducazione che esibiscono nelle metropoli.
    C’è un’Italia che in tv, nella pubblicità, nella moda e nei giornali non compare mai. Ed è l’Italia che regge la baracca.
    Un caro saluto a tutti.
    pino

  7. Faust ...cce nessuno..?? x Vox ed il blog
    Faust ...cce nessuno..?? x Vox ed il blog says:

    … son tornate affiorire le cose… ho detto cose… e non rose… le cose ppiu belle che ho visto eran rosse, il mare era pieno di pesci cche avvertiti dai clandestini africani in gita al largo delle spiaggette fra Cecina e Vada… cche stavano arrivando dal nord 4 extraaffamati di pesci.. di stare attenti almeno fino allunedi… i pesci (maschi e femmine) ccian visto arrivare e simmersero appine levate…. (e dei cosiddetti ccacciuccari, con 6 c)… (… femminile di pesce-pesci… non mi viene.?? ma come si dice?? la pescia… no troppo pecoreccio… ma come si dira??) Un amigo con 2 cc.. cacciucco con 5 ccccc, ccacciuccari con 6 c e il Ns. cc, riniknomato allunanimita dai congiurati, riuniti in assemblea straordinaria all Hotel Posta di Cecina : cccp, il Ns. ha ringraziato, rosso in faccia, in fondo nonostante letaa ed il colore del viso di tutti i gg… tenndente al caribegno smorto, ancora quando si emoziona, gli esce il rosso dei suoi desiderii, colore cche porta con se da tutta la vita… e non lo mostra facile…. cccp, un caro amigo e non ho detto cosa, ne rosa… ma cccp un bel compagno rosso…
    Volevo parlarti di AZ… e dirti che eri con noi… parlavo con AZ e pensavo a te, volevo tu fossi li con noi… cche tu conoscessi una persona vera, come io e te vorremmo fosse pieno il mondo, un compagno da grande esempio x le generazioni di tutte le eta… AZ, Antonio caro, ti ringrazio ed è pooco e non ho detto cosa ne rosa… ma AZ, il Che della Solvey … un bbel rosso… (veramente e non solo dentro…) sulle guance, come cchi scoppia di salute e non vuole che si sappia in giro, x non creare il panico e il vuoto intorno a sse, x paura cche scoppi… (le male lingue invece della sua salute… pensano che scoppii, qualcosaltro…) Un Grande, il Ns. Antonio Zaimbri da Cecina. Se un gg, saraa, mangeremo un cacciucco con te… conoscere AZ, per noi rossi… almeno una volta nella vita… è come x gli islamici andare alla Mecca.

    ..ho dei problemi asscrivere… intanto invio questo post…
    Faust

  8. Uroburo
    Uroburo says:

    Cari tutti,
    eccoci a casa più o meno tutti.
    Un particolare saluto ai compagni di gita e soprattutto ad AZ che conoscevamo già e che si dimostra il gentiluomo di sempre. Il cacciucco (mai avrei pensato che avesse 5 c) era ottimo ed i vini notevoli. Ma soprattutto è stato un grande piacere ritrovarsi, noi vecchi amici esuli del merluzzo
    A proposito del quale propongo a Pino un ritorno, con tutta la calma e la pazienza del caso, al luogo d’origine dei nostri incontri milanesi. Direi che riscoprire le proprie radici è sempre piacevole.
    Un caro saluto a tutti U.

  9. sylvi
    sylvi says:

    caro Pino,

    apro il link di Oscar Bartoli e che ti trovo?
    Gli Aris Avia all’Isola Ravaiarina di Grado!!!
    E cantano pure “da alpini”!
    Non è che hanno sbagliato blog?
    E l’antispam che fa?

    Troppo pesce fa male!!!!

    un grande mandi
    Sylvi

    Ps: alla Ravaiarina si mangia bene, ma non mi sono mai azzardata ad andare di sera! Zanzare come vampiti!!

  10. Linosse
    Linosse says:

    X La stiscia Rossa 51 e Oscar Bartoli 57
    Non bastava la consolidata fama ad alto concentrato di gaffe, voleva aggiungere un’altra perla alla lunga collana che,ancora una volta, ha rifatto il giro del mondo in pochissimi minuti via elettromagnetica ma all’estero ,solo all’estero. Qui da noi uno scudo elettromagnetico ci “protegge” da simili uscite!
    L.

  11. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x Uroburo

    Bene per il merluzzo felice. Direi magari nella seconda metà di ottobre.
    Un saluto.
    pino

  12. Faust e i 5 pesci... ma erano femmine o maschi..??
    Faust e i 5 pesci... ma erano femmine o maschi..?? says:

    Troppo pesce fa male!!!!

    …acchi non cce lha!!! …..
    pensa mia cara amiga Sylvi, che non ho fame, a 1/2 gg ho/abbiamo mangiato, come in un film di Kusturica, cosa (e non rosa..) ccera nei piatti sul tavolo… non lo so e non me lo chiedere … mangiavo deliziato e Guardavo un semplice e bellissimo film… di un mezzogiorno in visita a Vada (penso una frazione di Cecina… AZ è cosi??) o meglio alla spiaggetta non famosa come i dintorni, la spiaggetta libera di Vada… Parlavo di me ad Antonio ed emozionato di stare al mare… gli ho detto che stavo pensando addove trasferirmi per un periodo di un paio danni a vivere e da queste parti mi sarebbe piaciuto… Lui mi consiglia il paesello di Vada… comincio affremere dalla voglia di andare a Vada (ggiochi di parole e sfottooo, sul nome di Vada… sono pregati di astenersi…) Antonio con la sua Dacia 7posti7… comodissima in 5… ci porta a Vada…. ci godiamo i pini sfolgoranti ai lati della strada che porta al mare ed usciamo da Cecina (amministrazione rossa… non rosa-ne cosa..) pochissimi km ed entriamo in Vada… (si puo dire villaggio di pescatori..??) vabbe diciamo piccolo paesello di pescatori con spiaggia selvaggia, con turismo randagio, naif essincero… cerano anche due anzianissimi hippy, capelli ebbarba bbianca,
    insegna di un ristorante mare e pesce “promettente e mentre mi avvicino vedo affianco al ristorante… una casa di pescatori un tetto di stoffa affar ombra sopra dei tavoli. Lancio uno sguardo e vedo un uomo con capelli rasta biondi… il mio naso gira in automatico lo sguardo e ci sorridiamo e una donna mi saluta… ricambio il saluto e mi avvicino al tavolo in direzione di un paio di fiaschi in bbella vista… con dei flascback invece di fiaschi di vino toscano… penso di essere in un villaggi in latinamerica … due bottiglie di Ron… Maurizio ed Annalisa mi han ricevuto con una affabilita da gente cche ci si conosce da tempo… stringevo la mano a Maurizio, pescatore di Vada e quasi mi vien da pensare in spagnolo… fra il dire ed il pensare… non perdevo di vista uno dei due fiaschetti… ora tornato vino… e mi accorgo di altre persone intorno a me…. la moglie, esce dalla cucina e mi annuncia x presentarsi, invece di darmi la mano.. mi allunga sotto il naso, un pentolino con un liquido giallo a chiazze pesce con un brodetto cche mi colpiii, la memoria antica dei gusti…. e ho capito cche ero arrivato dove volevo… Qualcuno mi legge nel pensiero o nello sguardo e mi serve un bicchiere cche subito riempie…. essubbito bbevo… bbuono… veramente!! si continua a conoscersi e senza indugiare chiedo ad Annalisa il numero del posto che memorizzo sul cell. bbamm… ammezzogiorno domani veniamo qui ammangiare… ciao…ciao…grazie…bbamm!! eccosi fu… Non so quante ore son passate dalla fine del film di Kusturica… ma ho mangiato e bevuto… da privilegiati… la digestione è passata… ora sta digerendo e godendo la memoria… sta trasferendo i gusti “vissuti… in famiglia” oggi, Ora sta memorizzando… sta caricando ed il gusto resta…
    …ho problemi asscrivere… copio e invio…
    Faust

    …sto ballando, buon segno… triste ritorno… nel frizeer: 4 salti in padella, tagliolini, gamberetti e zucchine, Pronto Scoglio: frutti di mare gggia Conditi per Spaghetti… cche bellooo… non ho fame!!
    continua…
    Faust

  13. Faust e il cinghiale della maremma maiala...
    Faust e il cinghiale della maremma maiala... says:

    …il viaggio è passato fra le bellezze della natura italiana O x meglio dire “di casa mia” Il mio paese èbbellissimo… Stare al fianco di Uroburo… lho passato convinto di essere in una automobile di scena e in cromakey sul fondale alle ns. spalle lattraversamento delle alpi Apuane ( xcchè Alpi??? se sono gli appennini… ) x arrivare in toscana… sulla costa di Cecina… Conversare o anche stare in silenzio con Uroburo… accresce il mio sapere… e a lui sono molto legato, è un saggio (e non voglio scriverlo con liniziale maiuscola… ma ci azzeccherebbe..) ma penso cche lui non lo sa… il resto del viaggio e larrivo su di un piatto di cinghiale con olive…. non sso come si dice in francia… ammio gusto cciavrei sparato sopra un due bbottigliette o anche 3 di uno dei rossi che abbiamo bevuto a Vada…

    ..scusate non capisco… ma ho problemi con la pagina… asccrivere… o non so con cche…
    continua
    Faust

  14. sylvi
    sylvi says:

    se ho ben compreso Faust,

    CC non si chiama più così…ma CCCP!
    Ho provato a pensare all’acronimo:
    -cripo comunista con parrucca.-
    -compagno comunista caparbio proletario-
    -con costanza comunista perenne-
    -come cambiare casacca popolare-
    -casa collettiva comunisti padani-
    -contro corrente corre precipitevolissimevolmente…

    Mah, ci penserò domani!
    Bentornati e buonanotte.

    Sylvi

  15. Faust e il cinghiale della maremma maiala...
    Faust e il cinghiale della maremma maiala... says:

    … dei rossi cche abbiam bevuto da Maurizio a Vada… dimenticavo di dire che li ha portati Antonio… e le bottiglie degli unni e degli attri, come violinoi suonati dal vvento… hanno accompagnato una sinfionia di mare con gusti cche ballavano e saltavano in bocca contenti di salire al loro paradiso … il ns. stomaco x i gusti è un paradiso…
    Antonio la prima sera ci porta in un antica locanda… ristrutturata comere allora… spartanamente ci sediamo e da li appoco ci immergiamo in una scena girata in una antica locanda .. ristrutturata come allora… Io non ho dubbi… pappardelle al cinghiale e cinghiale con olive… mi sento rinascere e quasi mi convinco cche sono ancora vivo…

    N.d.A ( 28anni vissuti allestero… avere la bocca vicino a sti gusti,,, e da sti posti…. spero comprenderete la mia lirica..)
    Faust

  16. Colazione all Hotel Posta
    Colazione all Hotel Posta says:

    … ottima… buffet, prima colazione come o meglio cche a casa mia… si meglio, non devo prepararmela… Il collegamento wi-fi dellalbergo… un fallimento… 5E x 3 h… ho preso tre ticket x un totale di 9 h… ma il collegamento non era adsl ma da 56Kb… puttanaeva… dove cazzo vuole arrivare sto ppaese ittaglia… mi ha detto Antonio cche in molti paesini non arriva la bandalarga o addirittura linternet… ma è come andare appiedi mentre il mondo vva in macchina… puttanaeva!!
    Faust

  17. AZ Cecina Li
    AZ Cecina Li says:

    Un grazie sincero agli amici che mi sono venuti a trovare al paesello regalandomi due belle giornate ricche di interessanti scambi di opinioni, attualità, politica, storia … ma anche piacevoli chiacchiere da bar. Faust vi ha descritto anche la parte culinaria, poi approfitta della licenza poetica per lanciarsi in apprezzamenti iperbolici nei miei confronti immeritati ed imbarazzanti. Mi fa molto piacere anche l’apprezzamento di Pino per i nostri giovani, l’aveva già fatto a voce ma vederlo scritto sul blog mi inorgoglisce anche se io non ne ho gran merito.
    ——–
    X Sylvi.
    Probabilmente chiamiamo scorfani pesci diversi, i miei sono quelli piccoli pieni di aculei e spinosissimi ho visto dal linck di Anita (Grazie Anita per la segnalazione) che il tuo potrebbe essere lo scorfano rosso da noi chiamato pesce cappone più grosso e polposo.
    Il pesce azzurro piace molto anche a me, sarde, acciughe, sgombri (da noi acerti) e vado matto per il tombarello (Sgìonfeto a Trieste) ne ho cucinato uno di quasi 3 kg la settimana scorsa, al forno, con le patate, aperto ed aromatizzato con rosmarino e coperto di foglie di menta figli e nipoti ne sono ghiotti ed hanno fatto il pieno, per tuo nipote però aspetta un po’.
    Salutoni … onii oniii – Antonio – – - antonio.zaimbri@tiscali.it

  18. Anita
    Anita says:

    x I viaggiatori

    Ben tornati, vorrei essere stata una mosca sul muro, ma vi posso immaginare………
    Niente foto? Siete davvero cosi egoisti?
    ~~~~~~~~~~~~~~

    Io sono di ritorno da una festicciola di compleanni, si’ plurali.
    Il ristorante molto bello, il servizio cosi’, cosi’.
    Pero’ eravamo in circa 15 ed e’ facile a fare confusione.

    Io non ho avuto buona fortuna, ho ordinato il salmone alla griglia, semplice. Invece e’ arrivato coperto con una salsetta moooooooolto piccante. Creole sauce.

    L’ho mandato indietro. Dopo una quindicina di minuti e’ arrivato il secondo piatto di salmone…..ohimè, mezzo crudo.

    Alla terza prova che l’hanno azzeccata, mi era passata la voglia e cosi’ ho solo spizzicato.
    In compenso hanno tolto il mio pranzo dal conto.

    A domani.
    Anita
    _________________________________________

    x Antonio

    Hai notato che sul link dei pesci ci sono anche in nomi regionali?
    Il link e’ abbastanza vecchio, ma e’ stato modernizzato, per il meglio, ma un po’ piu’ complicato da navigare.

    Buon riposo,
    Anita

  19. Anita
    Anita says:

    x Sylvi

    Cara Sylvi,
    le foto sono magnifiche, il piccolo Riccardo sembra di porcellana, e’ un bambinone, bellissimo e non perche’ e’ tuo nipote, e’ proprio bello e salutivo.
    GRAZIE.
    Complimenti al fotografo, tu sei proprio una felice nonnina, si vede dalle foto.
    Tra poco le trasferiro’ nel tuo folder personale………..

    Alexander mi tiene il broncio, non gli va che sono stata fuori per troppe ore.

    Ciao e……buon giorno.
    Anita

  20. Faust e il buon giorno...
    Faust e il buon giorno... says:

    ho letto e invio, in attesa di decidere se svegliarmi o tornare addormire… e svegliarmi un altro giorno…amme piu comprensibbile…
    Faust

    c’è un passo nei Sei personaggi in cerca di autore, nel quale parla il padre e dice: “Abbiamo tutti dentro un mondo di cose, ciascuno un suo mondo di cose. E come possiamo intenderci, signore, se nelle cose che io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me, mentre chi le ascolta, inevitabilmente, le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo come egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci, ma non ci intendiamo mai”.

  21. sylvi
    sylvi says:

    x AZ

    infatti io parlavo della scarpena o scorfano rosso.
    Un pesce da serie A come bontà.
    Tu probabilmenti ti riferivi al guatto che anche noi usiamo passare e usare in misto per fare il risotto oltre alla zuppa.

    Credo di averti già raccontato che molti anni fa, in giro per la Toscana per la Madonna di dicembre,l’8, cercammo un albergo a Cecina. Era già tutto chiuso, ma trovammo un albergatore che ci aprì una stanza.
    Una cortesia e gentilezza che non avremmo mai scordato.
    Passammo la giornata passeggiando sulla spiaggia e sulla darsena, mangiammo triglie alla livornese; ma restammo incantati dall’atmosfera dolce e incantevole che hanno i posti di mare in inverno, non ancora rovinati dal turismo sbracato!

    Pensa, ci venne in testa il vecchissimo film” un uomo, una donna”!
    Vien voglia di tornare!
    Ciao Sylvi

  22. sylvi
    sylvi says:

    caro Faust,

    ho sempre sospettato che tutto l’armamentario chimico dell’innamoramento,dell’amore, dell’attrazione, dell’amicizia, della simpatia, dell’emozione e dell’incanto… (e anche dei sentimenti opposti) avvenisse e avvenga ancora lì, nel senso e valore delle cose che abbiamo dentro e
    che trasmettiamo, le quali vengono accolte o respinte da chi ci ascolta nel miracolo o nel fallimento della comunicazione!!!

    Non credo sia vero che non ci intendiamo mai!!!
    Ariviodisi Sylvi

  23. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x Anita

    Le foto, un paio, sono state fatte mi pare con l’apparecchio di Antonio. Se me le manda le metto in rete. Però non credo si riesca a metterle tra i commenti.
    Un saluto.
    pino

  24. Le 7 Sorelle della Disinformazione
    Le 7 Sorelle della Disinformazione says:

    http://laconoscenzarendeliberiblog.wordpress.com/2009/09/10/la-carfagna-il-g8-delle-donne-ed-il-maschilismo/

    LA CONOSCENZA RENDE LIBERI

    per favorire l’incontro di idee anche diverse
    La Carfagna, il G8 delle donne ed il maschilismo

    con 17 commenti

    «Siamo qui per lottare» La Carfagna dà il via al G8 delle donne
    «Siamo qui per la lotta e per la vittoria e non per la sofferenza e la vittimizzazione». Il ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna, ha spiegato così il senso della conferenza internazionale sulla violenza contro le donne, che si è aperta ieri mattina alla Farnesina.Carfagna Mara
    Il ministro Carfagna ha fornito le cifre che testimoniano «l’urgenza e la necessità dell’azione»: più di 140 milioni di donne nel mondo sono vittima di molestie, violenze, stupri, tratta, aborto selettivo. Inoltre ha dichiarato che la maggior parte delle violenze sono consumate in famiglia.
    Presentando l’evento la Carfagna ha anche condannato il maschilismo: «La cultura machista in Italia c’è ma va combattuta”

    __________________________carfagna_____________________

    Mentre rileggo queste rivoluzionarie dichiarazioni dell’infermiera pelvica preferita del premier non posso non pensare a quei film “ comici “ della commedia all’italiana anni ‘70 , gli stracult con la Fenech e Lino Banfi. L’accostamento sorge spontaneo , con lei che si prende molto sul serio nei ruoli che le danno ( infermiera, appunto, dottoressa della mutua, vigilessa e simili…) e Banfi ed Alvaro Vitali che invece le ammirano solo il culo e le tette e la immaginano tutta la durata del film in altre attività concentrata…Lei ci rimane male e si inquieta ma poi si arrende ai ” maschilisti ” concedendo loro di spiarla chiappe al vento mentre si fa la doccia …

    E’ vero che alla riunione del G8 erano presenti persone importanti come Rita levi Montalcini, Asha-Rose Migiro, vicesegretario dell’Onu, Stefania Prestigiacomo, Ignazio La Russa ed Emma Bonino, ma …lei che parla di cultura maschilista da combattere è come immaginare Gasparri leggere un libro all’accademia della crusca: ti domandi dov’è il trucco.

    Uno che passasse di lì distrattamente avrebbe potuto pensare quasi che ce l’avesse col papi silvio ma non può essere : insomma un minimo di riconoscenza per chi l’ha fatta ministro , come caligola fece senatore il suo cavallo.

    E poi con che cosa combatterebbe il maschilismo la Carfagna, con le iniezioni pelviche ed i calendari?

    Comunque , visto che la cosa mi distrae – sempre meglio che seguire fondamentali dibattiti su cosa farà Fini contro Berlusconi – decido di seguire la memoria ed usare un po’ di immaginazione ma così è peggio e non riesco a rimanere seria.

    E si perché mi riviene da ridere pensando a quella telefonata intercettata ( vedi questo post di un pò di tempo fa ) in cui le due ineffabili ed ipocrite mignotte-ministro dimostrarono le loro rispettive ed altissime dignità di donne autonome e determinate interrogandosi su come soddisfare il sultano e sulle iniezioni pelviche da operare prima di ogni rapporto per farglielo star su dritto… Provo anzi ad immaginare di essere una delle privilegiate che ha potuto sentire integralmente quella telefonata che molti giornalisti sentirono e quasi nessuno pubblicò ( mi pare solo Le Nouvel Observateur edizione 06/08/2009 , con un articolo di Serge Raffy ). E così mi sembra di ricordare che in quella telefonata fosse la Carfagna a spiegare alla collega più bruttina ed imbranata alcune cosine del mondo usando la metafora delle riforme ed un linguaggio cifrato tecnico giuridico.

    Non sono sicurissima ma …in veritò pensandoci bene fu proprio così, usarono una metafora.

    Non saprei dire se entrambe usassero questo codice perché più eccitante – in confronto Moana Pozzi ed Ilona Staller erano due sincere e frigide educande – o perché preoccupate di poter essere intercettate : so solo che quella chiacchierata confondeva di proposito l’eventuale uditore celando l’eccitante vero soggetto del discorso.

    Il contenuto ? Ecco svelato .

    I consigli alla collega più esperta vertevano su come eseguire tecniche adatte ad ottenere un “premierato forte” . La Gelmini però non capiva bene e rilanciava invece l’idea di abbandonare il bicameralismo perfetto, adducendo che non occorreva più “dare uguale valenza ai membri che entrano nell’una o nell’altra camera così il Senato sarebbe rimasto la “camera alta”, modello alla “spagnola “.

    Alle precisazioni della Gelmini sulla riforma dei regolamenti parlamentari , la stessa Carfagna ricordo bene obiettò consigliando interventi orali più brevi, per evitare lungaggini che potevano “ammorbidire la posizione del membro della camera”; in caso di difficoltà , aggiungeva , “invoca in aiuto la manipolazione diretta dei media per ottenere subito maggiore potere ai membri del governo”.

    Il tutto si concludeva per entrambe con la disponibilità di fondi liquidi da erogare senza controllo, “finanziamenti a pioggia dorata” mi pare che dissero…

    Questo è quanto ricordo di quella istruttiva telefonata: devo dire che nonostante l’abile tentativo di camuffamento tecnico giuridico , i bravi intercettatori son riusciti a decifrare il codice criptato e così abbiamo potuto finalmente leggere le cosine che si son dette le due infermiere.

    Perché pochi l’hanno letta e nessuno l’ha pubblicata?Perché anche l’opposizione giudicava che non fossero maturi i tempi per quella riforma…

    Smetto un attimo di seguire i ricordi e registro con soddisfazione un particolare che per ridere stavo dimenticando e cioè che dalle dichiarazioni emerge che ora anche il Ministro Carfagna ha scoperto che numericamente coloro che infliggono le sofferenze maggiori al genere femminile sono proprio i partner o comunque i membri del nucleo familiare

    Ma vi ricordate la bestiale campagna elettorale del partito della Carfagna, il Pdl, che legava il fenomeno della violenza sulle donne esclusivamente al problema degli immigrati?

    Sembrava che le uniche violenze perpetrate alle donne fossero opera di rumeni ubriachi o di zingari senza scrupoli, i media del sultano non dicevano altro bombardando ogni giorno…

    Poi dopo aver creato la famosa ” insicurezza percepita” andavano all’incasso coi loro sondaggi corretti ed imparziali tipo ” cosa farebbe al rumeno bavoso che le stupra la figlia minorenne ? “

    In quei giorni pareva che per una donna l’unica possibilità di non subire un’aggressione fosse quella di non uscire di casa. Dimenticando strumentalmente che l’orco, però, molto spesso abita con la vittima e che quando non risiede proprio con lei comunque gliela portano direttamente a domicilio a Villa Certosa per 1.000 euro e tante promesse.

    Ma questa è un’altra storia , non scherziamo, non c’entra nulla con la violenza il maschilismo e la dignità delle donne nel mondo…questa é storia privata di un libero cittadino e non vi riguarda!!!

    Rosellina

  25. alex
    alex says:

    @ Sylvi (45)
    “…Ne sanno molto i tedeschi, campeggiatori impenitenti, anche se ora girano con il Camper e la Smart appollaiata sopra!…”
    – – – – – – – –
    Incrociati ieri sulla Bologna-Taranto, altezza Faenza. Saranno stati gli stessi?

  26. Linosse
    Linosse says:

    X Sylvi rif. 130 della precedente puntata
    “I cittadini non devono crescere in modo educato, che pressupone una forzatura, devono crescere in modo cosciente, che presuppone anche le libertà possibili.”
    Ps: la televisione non ce l’ha ordinata il medico.
    Genitori attenti possono organizzare accettabilmente il tempo dei figli, basterebbe rinunciare a un po’ del tempo individuale.”
    :::::::::::::::::::::::::::::::::::::
    Questa mattina mi sono svegliato …..e preso da voglia di mare ginopaoliana con una mazzetta ho rotto questo ghiaccio polare e mi sono calato nella lattea acqua con il risultato di avere un pensiero più “fresco”.
    Dunque:
    Siamo e restiamo un popolo strano noi ittagliani con 1e1/2 cellulare, 0.78 auto per persona( anche quelli che vanno in passeggino lo hanno motorizzato) e la TELEVISIUN, che la ga una forza de un liun!,in quantità ,siamo un popolo evoluto, di due se non tre televisioni pro capite (a volte sotto vuoto spinto) e non solo come un p-ossesso ma consacrato dai genitori come “tutor “ ad personam(e sennò) per i loro pargoletti già da piccini picciò.
    Quindi,laonde,per cui la educazione,da educare:
    “guidare,formare specialmente i giovani,affidandone e sviluppandone le facoltà intellettuali e le qualità morali(e si neh!) in base a determinati principi”
    ( non lo dico io ma il voc.della lingua Italiana Zingarelli(anche loro!)),
    anche se non la ordina il medico ,la preordina qualcun altro.
    Concludo.
    Se dovessero scrivere un Riccardo IV (il terzo ha gia detto)direbbe:
    Un cavalierato ed un regno ,quello del televisore anche non a plasma, ed io plasmerò lo stesso il mondo;se poi oltre le quattro o cinque me ne date un paio in più………..
    Allegria e…..tutto il resto
    L.

  27. sylvi
    sylvi says:

    caro Alex,

    i ragazzi girano di solito con bicicletta e abbonamento ai treni europei per giovani.
    Le famiglie con una selva di biciclette, di tutte le misure, appese al camper, quelli della” mia età” hanno un camper extralarge e sopra la Smart!!!
    Ci sono ancora parecchie roulottes ma le piazzano di solito in campeggio a inizio stagione e poi fanno su e giù; in Bassa Sassonia ne ho viste moltissime, naturalmente di famiglie che devono piuttosto “accontentarsi”.
    Nei grandi campeggi nostrani,ma anche in Croazia, anche a ridosso di marina,c’è chi campeggia nel camper mentre fa carena alla barca …e attorno aleggiano odori di cucina prettamente teutonica.

    Ma ora moltissimi comprano l’appartamento con il posto barca!
    Il venerdì a mezzogiorno partono e arrivano da noi per il weekend!
    Sylvi

  28. Anita
    Anita says:

    x Pino

    No, le foto non si possono mettere in rete a meno che non siano gia’ state pubblicate o in un website, giornale o fare un avatar.

    Io mandai delle mie, ma erano gia’ su un website.
    Cosi’ solo si puo’ copiate l’URL.

    Cari saluti,
    Anita

  29. Anita
    Anita says:

    x Pino

    No, le foto non si possono mettere in rete a meno che non siano gia’ state pubblicate o in un website, giornale o fare un avatar.

    Io mandai delle mie, ma erano gia’ su un website.
    Cosi’ solo si puo’ copiare l’URL.

    Cari saluti,
    Anita

    Scusate se questo e’ un doppio, il mio post e’ sparito mentre scrivevo.

  30. sylvi
    sylvi says:

    caro Linosse,

    alcune cose, per il confronto, le ho dette ad Alex.
    Sarò schietta: Berlusconi ha avuto fortuna con i parvenu, quelli che si sono trovati, dopo tanta miseria, a disporre di un po’ di denaro, ma non di un corrispondente bagaglio culturale per spenderlo!
    E le TV del cav. erano lì, pronte a offrire cose…cose…cose…

    Mio nonno, grand’uomo, diceva sempre:
    -qua no se spende schei in tanta panada gratada!-
    Dove per panada si intende il pane gratuggiato e cotto tipo pappa al pomodoro povera.
    Intendeva : non si buttano soldi in sciocchezze. Si investono!

    Ma in Italia abbiamo avuto la prosperità per sprecare, e la libertà di renderci schiavi …della tv e dei “consigli per gli acquisti”!
    Non dico che sia facile dire di no ai figli mentre il vicino dice si…
    baruffe, stanchezza, voglia di cedere “purchè la finisca”!

    Eppure altrove, anche in Francia, sono riusciti a far meglio di noi, come genitori, e oltretutto i nostri sono più maleducati dei loro!
    Dovremo pur farci qualche domanda…

    Sylvi

  31. controcorrente
    controcorrente says:

    Stringatamente parlando..!

    Dunque , per Pino…direi che il post di apertura merita di essere letto,come da te “suggerito”..e riflettuto ,anche se ormai “la pelle di salame” è malattia congenita e colpisce l’80%del genere italiota,direi una “cataratta di massa”..

    Per Az,”Toscanaccio”del genere gentile ,direi..”oltre ogni limite di aspettativa”, il tutto..,compresi alcuni dialoghi che mi hanno confermato dell’idea che mi ero fatto…tra “manutentori”del genere non equivoco , ci si intende..

    Prima di passare a Faust..(comincia a tremare..!!),direi le doverose scuse a tutta la compagnia del cacciucco,(meglio di quella dell’anello)per il mio essere “logorroico”..sarà che normalmente ormai parlo con “pochissime persone”…

    Breve Diario di viaggio..
    Arrivo a Rho, scopro che i treni provenienti da Torino più non fermano a Rho centrale, ma a Rho fiera..tipico esempio di nuovissima stazione ad alto rischio..nel senso che se ci capiti all’una di notte ..presumo sia meglio essere armati…disarmante ,fermata nuovissima…del tipo periferia anonima dove i punti cardinali più non esistono…
    Ma se un luoguo pubblico non è dotato di servizi essenziali, perchè aprirlo..
    Già dimenticavo siamo nell’Italia berluschina, nellaMilano Morattiana, e nel secolo dei Grandi manager che dirigono i Pubblici servizi..!!
    Quando viaggio, sempre mi porto un tascabile,..a seconda della compagnia può essere utile…andata.:.letto quasi nulla ..nonna con “dolcissima bimbetta bionda ricciolina” dotata di quella simpatia e intraprendenza che solo i bimbi sanno fornire senza essere per nulla invadenti…
    Poco più avanti,Rossa lentigginosa sui venti , modello “irlandese”..che cito tranquillamente tanto la “consorte” non legge ilBlog…

    Ritorno da Rho…letto molto, coppia di Giovani in fase di “sbaciucchiamenti” ..neache eccessivi direi ,visto il “trend” corrente, lei “nera”altezzosa ,aristocratica …direi del genere ..meglio perderle che trovarle..!!

    Di tutto il resto posso solo dire che hanno parlato diffusamente gli altri della compagnia , salvo che oggi dovendo accontentarmi di un self-service ,non ho mangiato quasi nulla..sapete ..il gusto..non si riesce facilmente a riabituarsi..credo che il cervello “memorizza i sapori”…

    Infine faust,….già ..devo dire che se la tua preocupazione è quella di non farti comprendere ..credimi “non esiste”..anzi devo dire che le tue “cronache da cecina” denotano un raffinamento dello stile notevole…
    In quanto a me ,spero di essermi fatto capire…

    Ah, il libro ..erano le “lettere dal carcere” di Antonio Gramsci”..piene di quella umanità che pur non essendo mai disgiunta in Lui dalla capacità di analisi acutissime , mi hanno fattopensare che Lui non sarebbe durato a lungo come segretario del Partito Comunista d’Italia…
    Povera Italia, quanto pattume…ormai..,ci sovrasta!

    un saluto a tutti

    cc
    PS-
    Negli anni trascorsi mi era sfuggito..Gramsci ,quando parla di Pedagogia,..non ne parla quasi mai a proposito di scuola..perchè il rapporto pedagogico esiste in tutta la società nel suo complesso e investe egualmente i livelli “universali”, cioè Stato e società, rapporto uomo natura, e il livelli “molecolari, cioè rapporto genitori figli, famiglia..
    Può essere un altro modo per leggere L’Italia di oggi, con la Gelmini a capo dell?istruzione pubblica..
    Dedicata a chi se ne intende…!!!!

  32. Anita
    Anita says:

    Peccato, quando Pino mette un nuovo articolo, gli ultimi commenti del precedente vanno persi.
    Non molti vanno indietro a leggerli.

    Anita

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