Si incrina il servilismo verso Israele, inchiodato dalle accuse dei suoi stessi soldati? (A parte il ministro Frattini, ovviamente) In ogni caso, come era già ben chiaro, fine della Palestina

L’aria in apparenza nuova tra Israele e la Siria potrebbe far pensare all’inizio della soluzione dei vari problemi in Medio Oriente, ma in ogni caso si tratta in realtà della liquidazione definitiva dell’ipotesi di uno Stato palestinese, ipotesi mai realmente esistita perché mai in realtà accettata specialmente dai sionisti arabofobi fin dalla decisione dell’Onu della creazione sia dello Stato palestinese che di quello israeliano. La apparentemente strana alleanza di governo tra un semifascista come Netanyau e un “laburista” (?) come Barak si spiega bene solo con il comune rifiuto di risolvere il problema palestinese con la creazione di un altro Stato. In definitiva si tratta solo di un’altra risoluzione Onu tra l’ottantina in totale gettate nella carta straccia dai governi israeliani. E che siano animati, tanto per cambiare, dalla più decisa opposizione alla creazione dello Stato palestinese lo dimostra l’assegnazione della poltrona di ministro degli Esteri a una figura impresentabile e fascistoide come Avigdor Lieberman, il nuovo teorico – dopo quelli della bibbia – della più radicale pulizia etnica tramite cacciata in blocco di tre milioni di esseri umani che tanto non fanno farte del “popolo prediletto da Dio”. Il sugello di Lieberman è confermato da un’altra indecorosa presenza nel governo, vale a dire quella di Eli Ishai, capoccia del partito religioso (!) ultraortodosso Shas,  al quale è stato dato addirittura il ministero degli Interni onde rendere ben chiaro che i palestinesi, gli arabi cittadini israeliani e i pacifisti ebrei israeliani sono in una morsa di ferro. Normalizzare le relazioni con la Siria, asse portante per soluzione di qualunque problema del Medio Oriente a partire dalla legittimizzazione dello Stato di Israele, significa di fatto gettare definitivamente a mare i palestinesi. Tempo pochi anni, avremo quindi solo una di queste tre realtà: una nuova guerra, capace di inghiottire anche noi; uno Stato israeliano binazionale; una pulizia etnica definitiva e su vasta scala.

Intanto però la domanda è: e adesso? Che diranno adesso i sempre pronti a spaccare i capelli in quattro pur di dare sempre e comunque ragione a Israele? Ragione sempre e “a prescindere”, come diceva Totò. Che faccia faranno i cialtroni – transitati anche per i miei blog – sempre pronti a sparare in faccia l’accusa di “antisemitismo” a chi osa non allinearsi automaticamente alle versioni fornite dal governo o dallo stato maggiore militare israeliano? Che faccia faranno i mascalzoni e gli azzeccagarbugli da quattro soldi – ma spesso da trenta denari – sempre pronti a dare addosso ai palestinesi con argomenti del menga tipo “la colpa dei bombardamenti su Gaza è loro perché hanno votato Hamas”? Che diranno i fini sofisti del cavolo che amano blaterare di “prove scientifiche” per negare tutto ciò che di orribile a volte anche Israele commette, compreso il provatissimo e quindi innegabile uso del bestiale fosforo bianco contro i civili a Gaza? Che diranno le facce come il culo, anzi peggio, sempre scettiche, pronte a negare qualunque porcheria israeliana con la bella scusa che “non ci sono testimoni credibili”? Gente strana questi scettici, perché in compenso sono sempre pronti a credere a qualunque balla tragica sul Tibet, da amplificare anzi al massimo, eppure se c’è un posto dove di testimoni non ne è mai esistita neppure l’ombra è proprio il Tibet. Questa volta le accuse e le prove piovono a dirotto direttamente dagli israeliani, soprattutto dai soldati israeliani. Che affermano chiaro e tondo non solo che il fosforo bianco è stato usato in abbondanza, ma – vergogna assoluta – che i medici israeliani si sono rifiutati di dire ai loro colleghi palestinesi come e con quali medicinali curare i poveri disgraziati, in gran parte bambini, che ne sono stati vittima. Molti soldati israeliani sono più civili e meno feroci dei nostri numerosi amanti delle cannonate israeliane, così come moltissimi giornalisti israeliani, non solo Gydeon Levi ed Amira Haas, sono molto più professionali, onesti e coraggiosi dei nostri, per non dire delle “informazioni corrette” che in realtà sono solo addomesticate.
Ma andiamo per ordine.

Intanto cominciamo col notare una cosa, anche se non c’entra direttamente con la mattanza chiamata “Piombo fuso”, che nel giro di due settimane subito dopo Natale a Gaza ha massacrato a detta dei palestinesi 1400 persone, 926 delle quali civili inermi, e “solo” 309 a detta degli israeliani, straziandone comunque altre migliaia, e distrutto non meno di 5.000 abitazioni e costruzioni di altro tipo. I leader politici incaricati di formare il nuovo governo hanno detto chiaro e tondo che loro uno Stato palestinese non lo vogliono, come del resto è evidente da sempre, però in Europa nessuno ha fiatato, tanto meno è iniziata la bordata di missili di parole pesanti riservata invece a chi osa criticare la politica monocorde di Israele, preferendo magari la soluzione che volevano i sionisti alla Judah Magnes, vale a dire uno Stato unico per tutti i suoi abitanti, musulmani, ebrei, cristiani, ecc., tutti con pari diritti e doveri. Chi vorrebbe uno Stato di Israele diverso da quello odierno è subito tacciato di essere un terrorista. Chi invece non vuole lo Stato palestinese, e lo dimostra armi  e insediamenti coloniali alla mano da decenni, può dirlo ad alta voce senza che le nostra anime belle osino fiatare. La voce grossa la fanno solo per il monaco tibetano o per la foca monaca, ma mai per la  verità specie se scomoda. E’ sordo e muto anche il nostro baldo ministro degli Esteri, quel Franco Frattini che è stato messo in riga dalla signora ministro degli esteri agli sgoccioli israeliano: qualche parola, ed ecco che il nostro è scattato sull’attenti e si è scagliato contro “l’antisemitismo” della bozza di documento per la nuova assiste di Stati a Durban. La prima volta Israele intimò agli Usa di disertare il consesso, grazie alla gigantesca crisi economico finanziaria made in Usa ora il suo potere di interdizione si è ampliato nonostante la nuova mattanza nella Masada palestinese chiamata Gaza.  E a proposito di Gaza:

A – Secondo la filiale israeliana (ripeto: ISRAELIANA) dell’organizzazione Dottori per i diritti umani (Phr) “Tsahal ha violato i codici etici” quando “non solo non ha evacuato famiglie palestinesi assediate e ferite, ma ha anche impedito alle squadre palestinesi di soccorso di raggiungere i feriti”. In un dettagliato rapporto la Ong sostiene che in alcuni casi i feriti sono morti dissanguati. Il che equivale a dire che sono stati uccisi. L’organizzazione aggiunge che Israele ha attaccato otto ospedali e 26 cliniche, uccidendo 16 membri del personale medico palestinese e ferendone altri 25.

B – Il giornale israeliano Haaretz (ripeto: ISRAELIANO) ha rivelato come si sono comportati in realtà i soldati israeliani a Gaza, vale a dire facendo spesso e volentieri il tiro al piccione sugli esseri umani esattamente come hanno fatto a suo tempo i militari francesi in Algeria e quelli statunitensi in Vietnam. Mi limito a riportare un articolo del corrispondente di Repubblica:

“GERUSALEMME – Eccoli i racconti di guerra, l’ultima, combattuta per tre settimane nella Striscia di Gaza. Racconti che non si vorrebbero mai sentire. Perché non soltanto non c’è niente di eroico, ma c’è molto di raccapricciante e di moralmente rivoltante, in un tiratore scelto che spara su una madre e i suoi due bambini che hanno sbagliato strada, perché così vogliono le regole d’ingaggio, o in un soldato che fa fuoco su una vecchia che cammina smarrita, o su altri giovani in divisa che abusano della loro forza per danneggiare, deturpare, offendere una popolazione civile palestinese che, in fin dei conti, viene considerata tutt’uno con il nemico combattente.
Questo e molto altro ancora lo si è appreso non dalla propaganda palestinese, ma dai racconti dei diretti interessati, decine di allievi dell’accademia Yitzhak Rabin, convenuti lo scorso 13 febbraio per discutere le loro esperienze nell’ambito dell’Operazione “Piombo fuso”. Racconti duri, pesanti come macigni, capaci creare molto imbarazzo ai vertici delle forze armate. Al punto che il procuratore militare, quasi a voler bilanciare l’inevitabile scalpore con un gesto rassicurante, ha deciso di rendere pubblica la decisione di aprire un’inchiesta. È stato Haaretz a svelare i contenuti di quella riunione. Ma il merito di aver fatto scattare l’allarme su tutto ciò che queste testimonianze implicano, va al direttore del programma pre-militare dell’accademia, Danny Zamir, che, sentiti i resoconti fatti dai giovani ma già esperti allievi, s’è rivolto direttamente al Capo di Stato maggiore, Gaby Ashkenazy.

“C’era un casa con dentro una famiglia – ricorda il comandante di una piccola unità di fanteria – . Ordinammo alla famiglia di stare tutti in una stanza. Poi ce ne andammo e arrivò un nuovo plotone. Dopo alcuni giorni venne l’ordine di rilasciare la famiglia. Avevamo messo un tiratore scelto sul tetto. Il comandante rilasciò la famiglia, dicendo loro di andare verso destra, ma dimenticò di avvertire il tiratore scelto che quella gente veniva liberata e che era tutto ok, e non avrebbe dovuto sparare”. Anziché a destra, la madre coi due figli prende a sinistra. Il cecchino li vede avvicinarsi alla linea che, secondo quanto gli era stato detto, nessuno avrebbe dovuto oltrepassare. Così “ha sparato subito, uccidendoli”. “Non credo – continua la testimonianza – che si sia sentito troppo male. L’atmosfera generale, da quello che ho capito parlando coi miei uomini, era, come dire, che le vite dei palestinesi sono molto, molto meno importanti delle vite dei nostri soldati”. Regole d’ingaggio assai elastiche, “disprezzo sfrenato”, culto della forza fisica, il pregiudizio che “i palestinesi sono tutti terroristi”, questa la miscela esplosiva che ha portato agli eccessi che le organizzazioni umanitarie hanno denunciato come crimini di guerra. Un’accusa che Israele ha respinto, ribattendo che le perdite tra i civili palestinesi sono state causate dal fatto che i miliziani di Hamas si facevano scudo della popolazione che affolla i centri abitati, nel cuore dei quali, però, l’esercito israeliano non ha esitato ad adoperare una potenza devastante. Qui tuttavia non si parla né di bombe al fosforo né di altri micidiali ordigni sconosciuti. Si parla, per quanto possa sembrare fuori logo trattandosi di una guerra, di morale.

Non è un caso che il ministro della Difesa, Ehud Barak, si sia precipitato a ribadire che l’esercito israeliano “è la forza armata più morale che esista al mondo”. Aggiungendo che, al massimo, quelli da chiarire sono “episodi individuali”. Non la pensano così, invece, i protagonisti dei racconti. A parte alcuni casi di fuoco senza avvertimento contro civili, un comandante descrive alcuni episodi di vandalismo. “Scrivere “morte agli arabi” sui muri (delle case occupate), prendere le foto di famiglia e sputare su di esse soltanto perché lo puoi fare, credo che questa sia la cosa più importante per capire quanto le forze armate israeliane siano precipitate sul piano della morale”.

C – E’ paradossale il modo con il quale è stata smentita la serie di menzogne di Israele riguardo il non uso del fosforo bianco. Riporto qui di seguito due articoli inchiesta scritti per Peacereporter.net dal giornalista Naoki Tomasini di ritorno dalla Striscia di Gaza, dove è entrato con due documentaristi del programma televisivo Presadiretta di Riccardo Iacona.

PRIMO ARTICOLO
( http://it.peacereporter.net/articolo/14474/Munizioni+al+fosforo+minacciano+Israele )
Un rapporto medico-militare israeliano rivela che Hamas ha usato munizioni al fosforo contro Israele. E potrebbe farlo ancora
Un semplice fascicolo, quattro fogli di direttive tecniche prodotte dai medici militari israeliani, per spiegare come riconoscere le ferite causate dalle munizioni al fosforo bianco. E soprattutto come curarle. Il dossier è stato distribuito ad alcuni medici israeliani perché siano pronti nel caso in cui Hamas cominciasse a lanciare razzi contenenti fosforo bianco, cosa che in almeno un episodio è già accaduta.
“Durante l’operazione Piombo Fuso abbiamo ricevuto rapporti secondo cui Hamas sta usando munizioni contenenti fosforo bianco”. Così inizia il dossier, che è stato consegnato ad alcuni medici della Magen David Adom (Stella Rossa di Davide, la società di soccorso israeliana, analoga alla Croce Rossa e Mezzaluna Rossa Internazionali). Compilato da ufficiali medici dell’esercito e della Stella Rossa di Davide, firmato da Zvi Feinberg, capo del dipartimento di medicina al Magen David Adom, e Rami Miller, capo dei paramedici.  Il documento contiene informazioni scientifiche e affidabili sul fosforo bianco, che sarebbero state molto preziose per i medici palestinesi durante l’offensiva. E rimarca inoltre un episodio sfuggito a molti giornali.  Il 14 gennaio, il giorno stesso della data riportata sul documento, dei miliziani palestinesi avevano inserito nella testa di un razzo alcuni frammenti di fosforo, recuperati da un sito bombardato da Israele, e lo avevano lanciato contro il villaggio di Eshkol, nel sud di Israele, senza causare vittime o feriti. Ora il timore, da parte delle forze di sicurezza e sanitarie israeliane, è che Hamas decida di ripetere l’esperimento, trovando un modo efficace per sparare oltreconfine tutto il fosforo caduto su Gaza durante i ventidue giorni di offensiva. Al  momento si sa solo che Hamas dispone di una certa quantità della materia prima.

A un mese dalla tregua unilaterale dichiarata da Israele, i frammenti di fosforo si trovano ancora con facilità in tutta la Striscia. Pezzetti di materiale, che a prima vista sembra legno carbonizzato, sono diventati uno dei giochi preferiti dei bambini palestinesi. Ragazzini ingenui li incendiano smuovendo la superficie e li spengono coprendoli con la sabbia, incuranti delle conseguenze per la loro salute. Buona parte delle bombe inesplose e molti dei frammenti di fosforo caduti sulla Striscia sono stati rastrellati dalle forze di sicurezza di Hamas, che li hanno inizialmente immagazzinati nel cortile di una centrale di polizia a Gaza città. I pezzi di fosforo erano stati inseriti in bidoni pieni d’acqua, per disattivarli. Il sito è stato visitato e filmato da alcuni giornalisti, tra cui anche una troupe della televisione italiana. Due giorni dopo però, l’11 febbraio, quello stesso deposito era stato svuotato. I missili e i bidoni trasferiti in una località segreta.

Il dottor Nafiz Abu Shaban, primario del reparto ustionati dell’ospedale di Shifa, il più grande di Gaza città, racconta che all’inizio dell’offensiva i feriti da munizioni al fosforo venivano trattati come fossero ustionati comuni. Venivano soccorsi e rimandati a casa. Solo che, pochi di giorni dopo, quelli tornavano aggravati, con la carne delle ferite consumata fino all’osso. Alcuni sono anche deceduti, nonostante la scarsa superficie di pelle ustionata. Altri, mostravano una condizione generale aggravata, e alcuni organi interni compromessi.  Dopo aver chiesto aiuto ad alcuni medici internazionali presenti nella Striscia durante l’offensiva, dottori con esperienze in Libano e Iraq, i medici palestinesi hanno cambiato terapia: portare i pazienti ustionati direttamente in sala operatoria, e rimuovere chirurgicamente ogni frammento, anche microscopico, della sostanza”. Le particelle di fosforo bianco, infatti, bruciano a contatto con l’ossigeno finché non sono completamente consumate. Ora i feriti palestinesi che presentavano le ustioni da fosforo meno gravi, sono tornati a casa e cercano di ricominciare a vivere nonostante le amputazioni. I casi più complicati, invece, sono stati evacuati verso cliniche in Egitto e altri paesi in grado di assisterli. Il dottor Nafiz Abu Shaban e gli altri medici della Striscia che hanno durante la guerra hanno dovuto affrontare un’autentica emergenza sanitaria, non sapevano dell’esistenza del dossier israeliano con il quale, con ogni probabilità, avrebbero potuto salvare diverse vite.

SECONDO ARTICOLO
( http://it.peacereporter.net/articolo/14496/Mancato+soccorso )
Mancato soccorso
I medici israeliani si rifiutarono di passare ai colleghi palestinesi le informazioni su come curare le ferite da fosforo bianco
Il dottor Shaban è primario del reparto ustionati all’ospedale Shifa di Gaza, che ha raccolto numerose prove dell’uso di munizioni al fosforo bianco sulla popolazione civile della Striscia. Mentre raccontava delle difficoltà avute durante l’offensiva, quando non sapevano come trattare le ferite da fosforo, rivelò di avere chiesto aiuto ai medici israeliani di Physicians for Human Rights, i quali però non furono in grado di aiutarlo. PeaceReporter ha intervistato Miri Weingarten, l’attivista di Physicians for Human Rights che ha tradotto e divulgato Il documento riservato israeliano di cui abbiamo scritto ieri (NDR: si tratta del testo dell’articolo che ho riportato per primo).

“Il documento, che contiene indicazioni su come riconoscere e curare le ferite da fosforo bianco, è stato realizzato dalla Stella di David Rossa insieme ai medici militari” spiega Miri. “Appena abbiamo saputo della sua esistenza abbiamo chiamato l’unità di guerra del governo e ne abbiamo chiesto una copia. A che vi serve? Ci hanno chiesto dei funzionari, spiegando che si tratta di un documento per uso interno…  Ci è stato chiesto da alcuni pazienti israeliani, gli abbiamo risposto. E così ce l’hanno mandato. A quel punto lo abbiamo tradotto e spedito al ministero della Sanità della Striscia di Gaza, e poi, attraverso una mailing list, alle principali Ong attive nella Striscia”.

Ve l’avrebbero mandato anche sapendo che lo avreste tradotto e fornito ai palestinesi?

“No di certo”.

Il dottor Shaban sostiene di non avere mai visto quel dossier, con il quale sarebbe stato possibile salvare molte vite. E’ vero che non siete stati in grado di aiutarlo?

“Sì, il dottore dice la verità. Fino a prima di ricevere il documento della Magen David Adom non sapevamo come aiutarlo. Abbiamo provato a chiedere aiuto a un importante medico dello Shiba hospital di Tel Aviv, che durante la guerra in Libano del 2006 aveva curato i soldati feriti dal fosforo. Quando però gli abbiamo chiesto se fosse disposto a parlare con un medico palestinese ci ha risposto di no. Il documento, l’abbiamo ricevuto il 15 gennaio, ci sono voluti tre giorni per tradurlo e divulgarlo, quindi verosimilmente è giunto nelle mani dei medici di Gaza dopo il 18, il giorno in cui è scattata la tregua”.

Ma il dottor Shaban, il 10 febbraio, sosteneva di non aver mai visto il documento israeliano…

“Subito dopo la tregua abbiamo mandato a Gaza una missione di medici che ha parlato dei casi di ferite da fosforo insieme con diversi dottori locali, tra cui anche Shaban. Bisogna però capire che in quei giorni il caos è stato totale. E’ possibile che non avesse letto le e-mail… In ogni caso le informazioni che lui ci ha fornito sono state sempre puntuali e affidabili, e anche noi nei suoi confronti crediamo di avere fatto tutto il possibile”.
Non è forse una violazione dei codici etici il fatto che la Stella di David Rossa e tutti i medici che hanno ricevuto il documento non abbiamo fornito quelle informazioni ai colleghi palestinesi?
“Certamente lo è. E’ una chiara violazione della convenzione di Ginevra, che vincola ogni organizzazione medica a prestare tutto il soccorso possibile, senza discriminazioni, ai feriti di qualunque parte. Fosforo a parte, però. la violazione del soccorso mancato riguarda anche l’esercito, che in innumerevoli casi, durante questa offensiva, ha lasciato feriti sanguinare e morire senza prestare loro soccorso. Vedi, il fosforo si spara con l’artiglieria, quindi i soldati non vedono dove va a cadere, mentre nel caso dei colpi di cannone e degli spari sì. Lo ripeto, i soldati e i mezzi di soccorso dell’esercito israeliano sono rimasti impassibili di fronte a decine di casi di persone che avevano bisogno di soccorso medico. Il crimine di guerra è questo, ed è persino più grave dell’uso del fosforo su aree densamente abitate da civili. Riguardo al fosforo, poi, c’è anche un’altra violazione: il fatto che l’esercito fino alla fine della guerra non ha ammesso di averlo usato”.

Nel documento si sostiene che Hamas starebbe lanciando munizioni al fosforo verso Israele, senza spiegare da dove provengano. Ma è ovvio che il fosforo ora nelle mani di Hamas è lo stesso che Israele ha sparato contro la Striscia…

“Sì, ma per quanto paradossale sembri l’accusa con cui inizia il documento, quella non è esattamente un ammissione. Tuttavia le stesse forze armate alla fine hanno ammesso esplicitamente di avere usato quelle munizioni, ma solo dopo il cessate il fuoco, e comunque senza ammettere di averlo usato in aree densamente abitate. Questo è un fatto che va sottolineato, perché la mancata ammissione ha inizialmente complicato la vita ai medici di Gaza. Sapevano di essere in presenza di bruciature insolite, ma non potevano essere certi che si trattasse di fosforo e non di qualche altra misteriosa sostanza. Inoltre, a parziale giustificazione del medico israeliano che si è rifiutato di parlare con i colleghi palestinesi, bisogna dire che non ha voluto dare consigli anche perché non era in grado di verificare di persona che il tipo di arma usata fosse proprio fosforo bianco, piuttosto che qualche altra fantomatica arma sperimentale”.

L’elenco completo di quelli che sembra proprio siano crimini di guerra di Israele lo si trova qui, sia pure in lingua inglese: http://rense.com/general85/incrim.htm . Spero che il nostro forumista Vox, che lo ha inviato tra i commenti della puntata precedente, lo voglia tradurre in italiano.

D – Sapendo di poter contare come sempre sull’omertà occidentale, Israele pare proprio abbia pianificato la demolizione di altre 1.700 abitazioni palestinesi a Gerusalemme Est, lasciando senza tetto ben 17.000 persone, come si può leggere qui: http://atheonews.blogspot.com/2009/03/israel-to-raze-1700-palestinian-homes.html . In linea con la politica di fatto, resa pubblicamente esplicita da quell’immigrato russo che si chiama Avigdor Lieberman fondatore di un partito di destra e nuovo ministro degli Esteri nel governo Netanyau-Barak,  di “trasferire” fuori Israele TUTTI i suoi cittadini arabi, oltre che ovviamente di cacciare i palestinesi. E in linea con la decisione di fregarsene della comunità internazionale facendo di Gerusalemme la “capitale eterna e indivisibile” di Israele. Tant’è che la linea dura ha investito anche i pacifisti che si sono azzardati a proporre il festival “Gerusalemme capitale della cultura araba”. Ecco cosa è avvenuto stando a cosa ci ha raccontato la vice presidente del parlamento europeo Luisa Morgantini:

“Strasburgo, 23 Marzo 2009
Mentre a Gerusalemme Est continuano le demolizioni di centinaia di case palestinesi, anche la cultura palestinese è bersaglio delle politiche israeliane.
Negli ultimi due giorni sono stati arrestati almeno 20 organizzatori delle celebrazioni di Gerusalemme Est “capitale della cultura araba 2009”. Il 19 marzo scorso i soldati israeliani hanno fatto irruzione in un meeting organizzativo degli eventi del festival “Al-Quds Capital of Arab Culture 2009”, confiscando documenti, anche personali, computer portatili, minacciando i membri del comitato. Sabato scorso, 21 marzo, la polizia israeliana ha attaccato una scuola e un centro locale, e oggi 23 marzo almeno sette persone, inclusi due attivisti per la pace, un americano e un danese, sono stati arrestati durante una manifestazione di fronte alla tenda di Sheikh Jarrah, eretta per protestare contro l’allontanamento forzato di migliaia di Palestinesi residenti a Gerusalemme Est.
Secondo le Autorità israeliane il festival sarebbe illegale in quanto sponsorizzato dall’Autorità Nazionale Palestinese e per impedirne lo svolgimento sono state stanziate forze supplementari di polizia. Ogni attività dell’ANP, infatti, è stata bandita dalla città sin dal 2000. Gerusalemme Est è occupata illegalmente dal 1967 e considerata da Israele come “capitale eterna e indivisa” anche se la Comunità Internazionale non ha mai riconosciuto le mire israeliane su Gerusalemme Est.

Queste azioni hanno chiaramente l’intento di cancellare sia fisicamente che culturalmente la presenza palestinese nella propria terra, annientando ogni eredità culturale, passata e presente, a dispetto di ogni legalità.
Eppure tutte queste minacce non hanno impedito lo svolgersi del festival: l’apertura ufficiale si è tenuta domenica scorsa, 22 marzo, a Betlemme, aldilà del muro d’annessione coloniale voluto da Israele – con la partecipazione di circa 1.500 dignitari, delegati, poeti, ufficiali e personalità Palestinesi. Tra le attività, anche una serie di giochi tradizionali per bambini, condotti grazie a decine di volontari, alla Porta di Damasco, l’ingresso principale della città vecchia di Gerusalemme.
La Comunità Internazionale, Europa inclusa, deve dare un segnale forte per sostenere e garantire questo evento. Spetta a noi protestare in modo netto e deciso e fare pressioni su Israele per la fine di tutte le violazioni della legalità e per la fine dell’occupazione a Gerusalemme Est, così come in tutta la Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza sotto assedio.
Dovremmo farlo, non solo per il diritto dei Palestinesi a vivere nella loro terra con la stessa sovranità degli Israeliani, ma anche per la nostra stessa dignità”.
Altro che le urla contro (l’inesistente) antisemitismo di chi s’è scagliato addosso a chi ha protestato civilmente contro la decisione di dedicare la passata edizione del Festival del libro di Torino!

E – Ormai la politica israeliana è tale che un editorialista con un cognome tipicamente ebraico come quello di Roger Cohen ha potuto scrivere sul New York Times ciò che è stato rilanciato sotto forma di intervista da un giornale da sempre filoisraeliano come il Corriere della Sera, che per giunta ha un direttore che il giornalista de L’espresso Sandro Magister ci ha tenuto a dire che è ebreo (conosco Mieli da una vita, non ho mai avuto la più pallida idea se fosse ebreo o no, anche perché la cosa non mi è mai interessata, lo reputo un fatto privato, fors’anche intimo, come essere ateo o cattolico o buddista, ecc.). Ecco cosa ha riportato Il Corriere:

“DAL NOSTRO CORRISPONDENTE – WASHINGTON – «Una delle conseguenze inevitabili del messaggio di Barack Obama agli iraniani sarà una ridefinizione, dolorosa ma necessaria, dei rapporti degli Stati Uniti con Israele, nel momento in cui le differenze di vedute sull’ Iran si faranno più forti». Roger Cohen è uno degli editorialisti di punta del New York Times sulla politica estera. E’ da poco tornato dall’ Iran, dove in febbraio ha trascorso due settimane, che ha raccontato in diversi articoli pieni di sorprese e di novità sulla società iraniana, descritta come «vibrante e curiosa, giovane e ansiosa di aprirsi al mondo».
Come giudica l’ appello di Obama?

«Penso che rappresenti un cambiamento d’ approccio radicale. Nessun presidente o dirigente americano aveva mai usato il termine Repubblica Islamica dell’ Iran, dicendo che deve riprendere il suo posto nella comunità delle nazioni. Di fatto è il riconoscimento trent’ anni dopo della rivoluzione khomeinista. Ed è un punto cruciale: una delle più gravi ragioni di preoccupazione e ansia in Iran era la nozione che l’ obiettivo di fondo degli Stati Uniti fosse quello di minare ed eventualmente rovesciare questo regime. Ora il presidente offre “reciproco rispetto”. In secondo luogo, Obama ha tolto di fatto dal tavolo almeno per il futuro prevedibile l’ opzione militare».

Lei riconosce che il processo sarà lungo e difficile, paragonandolo a quanto è successo in Irlanda del Nord. L’ Amministrazione dovrà affrontare critiche e superare molti ostacoli. E uno di questi saranno sicuramente le divergenze con Israele: quanto peseranno?

«Il punto è di capire cosa sia veramente nell’ interesse di lungo periodo di Israele. La linea dell’ Amministrazione Bush, quella secondo cui Israele non può mai sbagliare, fossero gli insediamenti nei territori palestinesi, la guerra in Libano anche dopo che Kofi Annan aveva negoziato la tregua o gli attacchi indiscriminati e inaccettabili a Gaza che hanno portato alla morte di civili e bambini, è stata disastrosa. Non è questo il solo modo di essere un buon alleato d’ Israele. Penso invece che Obama capisca prima di tutto che occorra un approccio regionale a questi problemi: non ci sarà pace, se non parliamo anche ai nemici. Questa amministrazione è decisa a cambiar corso».

Ma l’ evoluzione politica in Israele va verso una radicalizzazione…

«Certo. Ci saranno tensioni forti con Israele sull’ Iran, specialmente se avremo un governo di destra. Netanyahu ha una posizione intransigente su tutta la linea. E appare intenzionato ad agire militarmente contro Teheran entro l’ anno. Ma la mia previsione è che Obama voglia riequilibrare i rapporti con Israele dicendo: noi vi appoggiamo e difendiamo la vostra sicurezza senza condizioni, all’ interno delle frontiere del ‘ 67. Ma siamo determinati a spingere per un processo di pace, che richiederà flessibilità nell’ obiettivo di portare a una posizione comune le due ali dei palestinesi Fatah e Hamas. Ripeto, il quesito è cosa sia negli interessi di Israele: lo è una linea che ha portato a due guerre in tre anni, ha visto Israele e gli USA criticati nel mondo, non solo in quello islamico? Non credo».

Qualcuno giudica troppo positivi i suoi commenti sull’ Iran.

«L’ Iran è una sorpresa per chiunque ci vada. Il regime è oppressivo, mai suggerito diversamente. La retorica di Ahmadinejad è odiosa e inaccettabile. Ma gli ayatollah non sono pazzi, sono pragmatici, è sbagliato farne una caricatura. Inoltre, due terzi delle popolazione ha meno di 35 anni e in tre decenni ha visto migliorare la qualità della sua vita. Non sono rivoluzionari, non vogliono rovesciare il sistema, vogliono riforme, più pluralismo, più governo rappresentativo. E il modo migliore per aiutarli a muovere il Paese in questa direzione a mio avviso è impegnare il regime, promuovere il dialogo».

F- Ma con il New York Times non è finita. Lo ha fatto notare il sito di luogocomune.net nel link http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=3122 :

“Prima pagina quasi “storica” per il New York Times di oggi, dove le parole “Crimini di guerra” e “Israele” sono comparse ufficialmente una accanto all’altra per la prima volta, generando non poche ondate di fermento all’interno delle comunità ebraiche nel mondo. Tutto è nato da un articolo di Haaretz di ieri, nel quale il quotidiano “liberal” di Tel Aviv denunciava apertamente i crimini di guerra commessi dai soldati israeliani durante l’invasione di Gaza, raccontati dagli stessi soldati.
Pare che vi fossero ordini espliciti ”da molto in alto” di distruggere, uccidere e devastare senza limitazione, dopo che i rabbini avevano adeguatamente infervorato i soldati con sermoni di carattere biblico, nei quali gli ricordavano che “chiunque all’interno della striscia di Gaza è un terrorista”, dandogli poi una forma di assoluzione preventiva per il genocidio che stavano per commettere.
Mentre si può esser portati a pensare, un po’ semplicisticamente, che una certa classe all’interno del mondo ebraico “abbia detto basta” al sionismo più deleterio, è molto più probabile che queste prime pagine vogliano richiamare l’attenzione dello stesso mondo ebraico sul crescente isolamento che Israele sta subendo nel mondo, proprio a seguito dei massacri di Gaza.
In altre parole, potremmo leggere il fatto come un passo avanti verso una presa di coscienza collettiva del popolo ebraico, rispetto agli orrori commessi in passato, ma anche come un campanello di allarme, un “serrate le fila”, in vista di uno scontro finale che non solo Israele è in grado di scatenare in qualunque momento, ma dalla cui tentazione appare purtroppo tutt’altro che immune”.

A proposito di rabbini, a tutt’oggi in Israele ci sono rabbini convinti che nella bibbia “l’ordine di Dio” di uccidere tutti gli amaleciti sia in realtà un ordine in codice emanato in largo anticipo di uccidere tutti i palestinesi! Per fortuna però oltre ai mascalzoni ci sono – come in tutti i cleri del mondo – anche le persone oneste, vedi i rabbini israeliani che aiutano i palestinesi e gli oltre mille rabbini statunitensi che hanno scritto una lettera a Obama contro le prepotenze anti palestinesi.

G –  In tema di crimini di guerra, vale la pena riportare quanto denunciato a chiare lettere da sei organizzazioni israeliane (ripeto: ISRAELIANE) a proposito del mattatoio Masada-Gaza:

“Le organizzazioni Israeliane qui sottoscritte deplorano la decisione del governo israeliano di tagliare le forniture essenziali di elettricità e combustibile (e dunque anche di acqua, poiché le pompe non possono funzionare), come pure di alimenti indispensabili, medicinali ed altre forniture umanitarie per la popolazione civile di Gaza. Un tale comportamento costituisce un chiaro ed evidente crimine contro l’umanità.
Il Prof. John Dugard, Rapporteur Speciale delle Nazioni Uniti per i Diritti Umani nei Territori Palestinesi, ha definito le azioni del governo israeliano “gravi crimini di guerra”, per i quali i funzionari politici e militari dovrebbero essere perseguiti e puniti. L’uccisione di oltre 40 civili, la scorsa settimana viola – ha detto – “il divieto assoluto di punizione collettiva contenuto nella Quarta Convenzione di Ginevra. Viola anche uno dei principi basilari della legge umanitaria internazionale, e cioè che l’azione militare deve distinguere fra obiettivi militari e obiettivi civili”. Ed invero, la stessa cornice legale invocata dal governo di  Israele per realizzare questo atto illegale e immorale – quella di dichiarare Gaza “un’entità ostile nell’ambito di un conflitto quasi di guerra” –  non ha nessun fondamento nella legge internazionale.

Ci appelliamo al Segretario Generale dell’ONU, Mr. Ban Ki-Moon, perché induca il Consiglio di Sicurezza, in occasione della riunione in sessione di emergenza mercoledì, ad una decisa presa di posizione perché cessi l’assedio a Gaza Ci appelliamo ai governi del mondo, ed in particolare al Governo Americano e al Parlamento Europeo, perché censurino le azioni di Israele e, alla luce dei recenti tentativi di ravvivare il processo di pace, facciano cessare tutte le aggressioni contro i civili, comprese le demolizioni delle case dei Palestinesi, che continuano con frequenza allarmante.
Ci appelliamo a tutti gli Ebrei del mondo nel cui nome il governo di Israele pretende di parlare, e in particolare ai Rabbini e ai leader delle loro Comunità perché si oppongano senza ambiguità a  questa offesa al nucleo stesso dei valori ebraici. E ci appelliamo a tutti i popoli del mondo perché facciano sapere ai loro funzionari e governanti che essi ripudiano questo atto crudele, illegale e immorale – un atto che si distingue per crudeltà persino  di fronte alla già oppressiva Occupazione Israeliana.

Condanniamo gli attacchi contro tutti i civili, e riconosciamo le sofferenze degli abitanti di Sderot. Tuttavia tali attacchi non giustificano la massiccia sproporzione delle sanzioni di Israele contro oltre un milione e mezzo di civili, particolarmente alla luce dei 40 anni di oppressiva occupazione da parte di Israele. Queste violazioni della legge internazionale da parte di un governo sono particolarmente gravi e devono essere denunciate e punite se si vuole preservare il sistema stesso dei diritti umani, e la legge internazionale.
La decisione del Governo di Israele di punire la popolazione civile di Gaza, con tutte le sofferenze umane che ne derivano costituisce Terrorismo di Stato contro persone innocenti. Solo quando i decisori delle politiche di Israele dovranno rendere conto delle loro azioni, e la legge internazionale verrà rispettata, una pace giusta sarà possibile in Medio Oriente.
The Alternative Information Center, Bat Tsafon, Gush Shalom, The Israeli Committee Against House Demolitions (ICAHD), Physicians for Human Rights (PHR), Coalition of Women for Peace”.

H – Giovedì 26 marzo lo stesso Corriere della Sera – filoisraeliano da sempre – ha riportato su una buona metà di pagina 11 le testimonianze dei soldati di Israele sparate sotto un titolo quanto mai esplicito: “A Gaza si sparava a tutto ciò che si muoveva”. Testimonianze che fanno rabbrividire, comprese quelle che rivelano “Abbiamo usato molto il fosforo”. I soldati israeliani saranno anche meno feroci di quelli di altri eserciti, ma ce n’è abbastanza per indignarsi. Riassume bene la situazione l’incitazione di un ufficiale alla truppa ”al fronte”, cioè nel mattatoio Masada-Gaza: “Mettete da parte l’etica…. piangeremo dopo”.

67 commenti
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  1. Controcorrente
    Controcorrente says:

    Caro Uroburo,
    così” ben temprato” ti vedo pronto per affrontare un “nuovo “percorso”..pieno di soddisfazioni sia affettivo che lavorativo..insomma nuove e più esaltanti sfide ci attendono..per noi ,per i nostri figli, per l’Italia e perchè no , per l’umanità intera.
    La scintilla imperitura da cui è partità la fiaccola della libertà e della civiltà ha nuovamente i fiachi”gradivi” di nuove e più esaltanti avventure..
    Non vede l’Ora di sgravidarsi…per inondare la Terra infeconda che altro non aspettava che questo nuovo “speme”..

    beh , bentornato..!!

    cc

  2. Peter
    Peter says:

    xUroburo

    vedo che non sono il solo ad apprezzare saune, massaggi e piscine (calde! senno’ brrrrr). Si vede che le vecchie tradizioni romane durano a morire…Anche se ormai le ricordano solo gli eredi dei ‘barbari’, o quasi (absit iniuria verbis per i germanici).
    Cosa sarebbero i vini ‘barricati’? mi ricordo la dicitura ‘affinato in barrique’ di un certo Brunello di Montalcino (che non e’ affatto male…). Non sara’ mica la stessa cosa??!
    La cucina svizzero-tedesca e’ molto ricca in colesterolo, temo.
    un caro saluto

    Peter

  3. Vox
    Vox says:

    BERLUSCONI, PRODOTTO DI CEFIS E GELLI

    di Daniele Martinelli

    Forza Italia è la P2 evoluta. E’ il partito del golpe bianco che ha vinto il consenso politico dell’Italia grazie alla manipolazione e al controllo degli organi di informazione.
    Forza Italia è il partito dopato dalle “bombe” che hanno eliminato anticorpi come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

    Berlusconi ha eseguito il sogno di Eugenio Cefis, numero uno di Eni e Montedison degli anni ‘60 nell’era post Mattei, secondo il Sismi il fondatore della Loggia P2, il primo a capire che per godere incontrastati del consenso nazionale non era necessario spargere sangue come fece fare per il suo predecessore Enrico Mattei nel 1962.

    Non era necessario andare a segno col “Piano Solo” progettato dai Carabinieri nel 1964. Non era necessario attuare il “golpe borghese” come si tentò di fare con la regia di Licio Gelli nell’inverno del 1970.
    Bastava, appunto, conquistare “democraticamente” il controllo dei giornali.

    Eugenio Cefis non riuscì a mettere le mani sul Corriere della sera di Piero Ottone, il “sinistroide” che dava spazio in prima pagina agli editoriali del “frocio comunista” Pierpaolo Pasolini. Pestato a morte da un commando composto dai fratelli Franco e Giuseppe Borsellino, fascisti militanti della sezione Msi del Tiburtino, come ha rivelato nel settembre scorso l’ex giovinetto marchettaro Pino Pelosi, l’unico ad aver pagato col carcere il violento omicidio di Pasolini, che con tutta probabilità, a 17 anni, magro e smilzo com’era, potrebbe non aver mai commesso. Pelosi sembra sia rimasto in galera dopo aver ceduto alle minacce che gli sarebbero state rivolte dai veri assassini del giornalista. I nomi dei fratelli Borsellino, Pelosi, li ha fatti soltanto ora che sono morti entrambi di aids, ma nel plotone di esecuzione potrebbe anche esserci stato Giuseppe Mastini, detto Jhonny lo Zingaro, (vivente) in una trappola premeditata. (Ansa) Omicidio che risale al 1975, periodo in cui Pasolini stava completando “Petrolio” che faceva luce sul ruolo di Eugenio Cefis, personaggio chiave per capire a che punto era già arrivata la degenerazione della politica italiana. Periodo in cui il Corriere era già diretto dal piduista Franco Di Bella (tessera 1887) e che accettò passivamente il teorema della brutta storia tra froci.

    MATTEI, DE MAURO E PASOLINI:
    UN’UNICA PISTA ALL’ORIGINE DELLE STRAGI DI STATO

    PASOLINI fu il primo a collegare l’attentato all’aereo di Enrico Mattei, alla strage di piazza Fontana, e ad altre stragi misteriose dell’Italia degli anni di piombo. Con la complicità silenziosa dei Giulio Andreotti e degli Amintore Fanfani.

    Pasolini era un personaggio scomodo come il giornalista Mauro MAURO DE MAURO, rapito a Palermo 5 anni prima, nel 1970 e mai più ritrovato. Stava scrivendo i dettagli dei movimenti degli ultimi 2 giorni di vita siciliani di Enrico Mattei, da consegnare al regista Francesco Rosi, che stava preparando un film sulla vicenda.

    ENRICO MATTEI, decollato il 27 ottobre 1962 col suo aereo privato dall’aeroporto di Catania, morì assieme al suo pilota e a un giornalista americano nell’aereo che esplose in volo e andò a schiantarsi in fiamme sui prati di Bascapè, a pochi chilometri dalla pista di atterraggio di Linate.

    CEFIS […] da numero 2 di Eni, fu licenziato in tronco da Mattei nove mesi prima del disastro, per essere stato colto in flagrante a sbirciare documenti aziendali riservati nel suo ufficio. Enrico Mattei era potente, era l’uomo del petrolio che stava indirizzando la politica del suo mercato col nord Africa e col Medioriente, in totale contrasto con l’alleata America tanto cara alla Democrazia cristiana. Che vedeva minacciato il suo dominio nell’Italia vaticana da un ricco industriale, poco docile ai ricatti e per nulla americanista.
    Le inchieste sulla fine di Mattei sono finite tutte in nulla.

    Un rapporto della Guardia di Finanza citata dal pm di Pavia Vincenzo Calia, dice che una delle società accomodanti della Edilnord centri residenziali di Umberto Previti (papà del corruttore di giudici Cesare) già Edilnord Sas di Silvio Berlusconi & c. con sede a Lugano, si chiama CEFINVEST.

  4. Vox
    Vox says:

    BERLUSCONI, PRODOTTO DI CEFIS E GELLI

    Parte II

    Da Cefis a GELLI, fino al Berlusconi odierno: espressione liftata della degenerazione istituzionale e democratica che ha raggiunto l’Italia. Le decine di milardi in tangenti versate sui conti svizzeri di Bettino Craxi, di cui i figli deputati godono ancora oggi la rendita, sono servite a creare le televisioni del consenso Fininvest, assieme al controllo della Rai.
    L’ultima nomina alla sua guida di Paolo Garimberti “gradita a Berlusconi” che non crea né scandalo né rivolte fra gli italiani, è la dimostrazione che il Piano di rinascita piduista è andato a segno senza divise e senza armi[…]

    Intanto, alla luce di ciò che hanno scritto Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza in “Profondo nero” edito da Chiarelettere, la criminologa Simona Ruffini e l’avvocato Stefano Maccioni hanno presentato al Procuratore della Repubblica di Roma, Giovanni Ferrara, una istanza per chiedere la riapertura delle indagini sulla morte di Pierpaolo Pasolini. Richiesta che giunge al termine di una loro inchiesta che combacia con le conclusioni del libro, in cui si ipotizza una connessione tra l’omicidio di Pasolini, Mauro De Mauro ed Enrico Mattei.

    Gli accertamenti tecnici scientifici che si possono fare oggi, permetterebbero di far luce su tanti aspetti mai chiariti dell’omicidio di Pasolini. A cominciare dalle macchie di sangue (secche) rimaste sulla sua camicia, custodita ancora oggi al museo di criminologia di Firenze.

    ora Berlusconi predica pieni poteri per arrivare al Quirinale. Non capisco che tipo di libertà e di liberalismo abbia raccontato da quel palco della fiera di Roma Silvio tessera Loggia P2 1816, ma capisco che il golpe bianco, per ora, è andato a segno ed è ormai rodato[…]

    http://www.danielemartinelli.it/2009/03/29/berlusconi-prodotto-di-cefis-e-gelli/

  5. Vox
    Vox says:

    UN COLPO, DUE PREDE
    (One shot, two kills)

    A comprare una T-shirt non ci sarebbe nulla di male, lo fanno migliaia di giovani al mondo. Comprare una T-shirt sulla quale sta scritto “One shot, two kills”, pero’, e’ tutta un’altra cosa. Soprattutto se la frase e’ scritta in inglese e in evrit, e sotto porta il disegno di una donna palestinese incinta, dentro il mirino di un fucile…

    Orrido, macabro, criminale cattivo gusto? Forse, per coloro che hanno ancora dei sani sentimenti umani. Uno spasso, invece, per i giovani di Tel Aviv. Veramente cool…

    Vedi foto su:
    http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=5723

  6. Vox
    Vox says:

    VENEZUELA

    Le forze di opposizione venezuelane “sperano” che la crisi mondiale dia un colpo mortale alla rivoluzione bolivariana e alla popolarita’ di Hugo Chavez.

    Il quale risponde loro che, invece, dovrebbero pregare che la crisi non colpisca troppo forte il Venezuela, perche’ se cio’ avvenisse, la rivoluzione diventerebbe ancora piu’ radicale.

    http://www.zmag.org/znet/viewArticle/20998

  7. Vox
    Vox says:

    Economic Boycott of Israel Works: 21% of Israeli Exporters Affected

    21% of Israeli exporters have been directly affected by the boycott movement since the beginning of 2009.
    So reports today (29 March) The Marker, a Hebrew-language economic newspaper

    http://www.alternativenews.org/content/view/1665/381/

    BOICOTTAGGIO
    Il boicottaggio funziona: colpito il 21% degli esportatori israeliani dall’inizio del 2009!

  8. Uroburo
    Uroburo says:

    Caro Peter,
    le propongo un giochino. Scoperto per la prima volta a Siviglia due anni fa.
    Ordinato la miglior (la più cara) bottiglia di vino spagnolo del ristorante in cui festeggiavo un anniversario mi viene portata una bottiglia incantevole per profumi e sapori. Ne beviamo una parte e ci mettiamo a chiacchierare con una coppia olandese arrivata un po’ dopo di noi seduta la tavolo di fianco al nostro. La chiacchierata prosegue con reciproco piacere tanto che decidiamo di unire i tavoli. Dopo un paio d’ore io mi accorgo che rimane una mezza bottiglia di vino e la offro ai miei commensali che accettano volentieri. Ne assaggio un dito anch’io per controllare e scopro che il vino ha una punta acida e che il profumo è scomparso.

    Nella mia breve vacanza termale ho ordinato due bottiglie di vino: una di un Pinot Nero dei Grigioni (un Blauburgunder) ed una di Sassella, che è un vino di ottimo livello della Valtellina (famiglia dei nebbiolo-barolo). Alla fine del pasto, durato un paio d’ore di piacevoli conversari, ambedue le bottiglie (con permanenza in barriques per 12 mesi o forse anche più) sono acide ed hanno perso il loro aroma.
    Risultato: d’ora in poi mi faccio portare le bottiglie e se sono vini che sono stati messi in barriques li rimando indietro. Io non bevo vini barricati, li ritengo vini mediocri e ritengo la permanenza in barriques una truffa. Naturalmente questo vale solo per me.
    C’è qualcuno che mette in barriques perfino il miglior Barolo per non parlare del Brunello; io lo ritengo un errore procedurale, una puttanata alla francese.
    Barricato vuol dire esattamente lasciato ad “affinare” in barriques. Il temine è dei più strani: la permanenza in barriques non affina un fico secco, al contrario aggiunge qualcosa che prima non c’era del tutto. Per me rimane una truffa, fatta per fare in fretta.
    Poi il mondo è grande e ciascuno fa quel che gli pare.
    Un caro saluto U.

  9. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    Se però il papa imparasse a rispettare prima lui gli altri sarebbe meglio. Questa pretesa di essere rispettato anche quando spara offende sputando in faccia al prossimo e sparando fesserie “scientifiche” puzza ormai di putrefazione.
    ————————

    Il Parlamento di Bruxelles protesta contro le parole di Benedetto XVI sul preservativo
    Scende in campo l’Osservatore romano: “Rispettate l’autorità religiosa”
    Aids, Belgio contro Santa Sede
    “Il Papa sbaglia”. “E’ libero di parlare”

    ROMA – Non accenna a placarsi la polemica accesa dopo le parole pronunciate dal Papa sulla lotta all’Aids. Alle critiche sollevate dallla Francia e dalla Germania, si unisce il Belgio che ieri ha votato in Parlamento una mozione in cui giudica “inaccettabili” le dichiarazioni sull’uso del preservativo fatte da Benedetto XVI durante il recente viaggio in Africa, quando aveva detto che “l’epidemia di Aids non si può superare con la distribuzione dei preservativi che, anzi, aumentano i problemi”.

    A grande maggioranza – 95 voti a favore, contrari solo i nazionalisti fiamminghi e i parlamentari di estrema destra – la Camera ha approvato il documento di protesta dopo quattro ore di dibattito. “Non spetta al Papa – ha detto il premier Herman Van Rompuy – mettere in dubbio le politiche della sanità pubblica, che godono di unanime sostegno e ogni giorno salvano delle vite”.

    Giudizi che hanno provocato una levata di scudi in Vaticano e tra i vescovi del Belgio. L’Osservatore romano e il direttore della sala stampa, padre Federico Lombardi, si dicono “stupiti” per la presa di posizione della Camera dei deputati belga e richiamano i parlamentari affinché portino rispetto verso “un’autoriotà religiosa alla quale fanno riferimento oltre un miliardo di persone in tutto il mondo”.

    “In ogni paese democratico – spiega padre Lombardi – appare ovvia la libertà del Santo Padre e della Chiesa cattolica di esprimere le proprie posizioni. Viene anche da domandarsi se le posizioni del Santo Padre siano state considerate con sufficiente attenzione e serietà, o piuttosto attraverso il filtro non obiettivo ed equilibrato di echi nei media occidentali”.

  10. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x Peter e Uroburo

    E che ne dite di questo?

    “Sappiamo dai Vangeli, che Simone, figlio di Giona, era un pescatore e che quindi aveva a che fare con i pesci e sappiamo anche che il soprannome datogli da Gesù, era “roccia”, vale a dire “Pietro”, cioè “Cefa”(1). Questa parola ricorda il nome di un pesce dalla grande testa, il cefalo e anche il concetto di “testa” diventa ora un importante elemento.

    Le parole testa, capo, derivano etimologicamente dall’aramaico “kefa”, dal greco “kepha” e dal sanscrito “kapalas”, che vuol dire vaso, cranio, teschio, guscio.

    Ora, la definizione apostolica “Pietro” proviene da antiche sedi di dottrine segrete religioso-politiche, dette “Misteri”, presiedute dallo ierofante, o gran sacerdote, che aveva il titolo caldeo di “patar”, pietro, cioè interprete, vaticinatore, colui che spiegava presagi e oracoli, costruendo così un “ponte” per il passaggio dal mondo materiale a quello spirituale. Il senso di “Pontefice”, letteralmente “facitore di ponti”, comportava tale funzione.

    Si tratta di quello stesso titolo che Augusto, dopo aver fatto in modo che si raccogliessero e si spedissero a Roma ogni specie di opere d’arte e di testimonianze delle antiche civiltà magiche e misteriche dei popoli conquistati, volle per sè, come carica di Pontefice Massimo. Il suo intento era infatti quello di edificare in Roma la massima sede di misteri, un Pantheon, un centro religioso universale, in cui tutte le divinità del mondo avrebbero dovuto avere il loro tempio e il loro culto, preparando così il momento in cui si sarebbe proclamato Sommo Sacerdote, non solo di Roma, ma del mondo intero.

    Formule come “Roma caput mundi” o la benedizione apostolica “Urbi et Orbi”, hanno, in tale contesto storico, il loro fondamento e ciò vale anche per la sede romana del “Vaticano”, parola proveniente da Vate, il vaticinatore o interprete del mondo spirituale e dei suoi presagi, appunto, i “vaticinia”.

    L’istituzione del Pantheon e del culto cesaréo romano veniva così incontro alla grande attesa del Messia, vibrante allora in tutti i popoli. Ben presto, infatti, si cominciò a venerare Augusto come un dio, secondo l’usanza del mondo antico nei confronti dei suoi sovrani. Augusto veniva magnificato come l’Unico, il Messia inviato da Dio. In molti luoghi vennero innalzati templi, con iscrizioni quali ci sono conservate in Alicarnasso e Priene:

    Al Divino Augusto
    Dio vi ha inviato il Redentore
    Terra e Mare gioiscono della Pace
    Non vi sarà alcuno più grande di Lui
    Si è compiuto l’Evangelo della nascita del Dio”

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