Si incrina il servilismo verso Israele, inchiodato dalle accuse dei suoi stessi soldati? (A parte il ministro Frattini, ovviamente) In ogni caso, come era già ben chiaro, fine della Palestina

L’aria in apparenza nuova tra Israele e la Siria potrebbe far pensare all’inizio della soluzione dei vari problemi in Medio Oriente, ma in ogni caso si tratta in realtà della liquidazione definitiva dell’ipotesi di uno Stato palestinese, ipotesi mai realmente esistita perché mai in realtà accettata specialmente dai sionisti arabofobi fin dalla decisione dell’Onu della creazione sia dello Stato palestinese che di quello israeliano. La apparentemente strana alleanza di governo tra un semifascista come Netanyau e un “laburista” (?) come Barak si spiega bene solo con il comune rifiuto di risolvere il problema palestinese con la creazione di un altro Stato. In definitiva si tratta solo di un’altra risoluzione Onu tra l’ottantina in totale gettate nella carta straccia dai governi israeliani. E che siano animati, tanto per cambiare, dalla più decisa opposizione alla creazione dello Stato palestinese lo dimostra l’assegnazione della poltrona di ministro degli Esteri a una figura impresentabile e fascistoide come Avigdor Lieberman, il nuovo teorico – dopo quelli della bibbia – della più radicale pulizia etnica tramite cacciata in blocco di tre milioni di esseri umani che tanto non fanno farte del “popolo prediletto da Dio”. Il sugello di Lieberman è confermato da un’altra indecorosa presenza nel governo, vale a dire quella di Eli Ishai, capoccia del partito religioso (!) ultraortodosso Shas,  al quale è stato dato addirittura il ministero degli Interni onde rendere ben chiaro che i palestinesi, gli arabi cittadini israeliani e i pacifisti ebrei israeliani sono in una morsa di ferro. Normalizzare le relazioni con la Siria, asse portante per soluzione di qualunque problema del Medio Oriente a partire dalla legittimizzazione dello Stato di Israele, significa di fatto gettare definitivamente a mare i palestinesi. Tempo pochi anni, avremo quindi solo una di queste tre realtà: una nuova guerra, capace di inghiottire anche noi; uno Stato israeliano binazionale; una pulizia etnica definitiva e su vasta scala.

Intanto però la domanda è: e adesso? Che diranno adesso i sempre pronti a spaccare i capelli in quattro pur di dare sempre e comunque ragione a Israele? Ragione sempre e “a prescindere”, come diceva Totò. Che faccia faranno i cialtroni – transitati anche per i miei blog – sempre pronti a sparare in faccia l’accusa di “antisemitismo” a chi osa non allinearsi automaticamente alle versioni fornite dal governo o dallo stato maggiore militare israeliano? Che faccia faranno i mascalzoni e gli azzeccagarbugli da quattro soldi – ma spesso da trenta denari – sempre pronti a dare addosso ai palestinesi con argomenti del menga tipo “la colpa dei bombardamenti su Gaza è loro perché hanno votato Hamas”? Che diranno i fini sofisti del cavolo che amano blaterare di “prove scientifiche” per negare tutto ciò che di orribile a volte anche Israele commette, compreso il provatissimo e quindi innegabile uso del bestiale fosforo bianco contro i civili a Gaza? Che diranno le facce come il culo, anzi peggio, sempre scettiche, pronte a negare qualunque porcheria israeliana con la bella scusa che “non ci sono testimoni credibili”? Gente strana questi scettici, perché in compenso sono sempre pronti a credere a qualunque balla tragica sul Tibet, da amplificare anzi al massimo, eppure se c’è un posto dove di testimoni non ne è mai esistita neppure l’ombra è proprio il Tibet. Questa volta le accuse e le prove piovono a dirotto direttamente dagli israeliani, soprattutto dai soldati israeliani. Che affermano chiaro e tondo non solo che il fosforo bianco è stato usato in abbondanza, ma – vergogna assoluta – che i medici israeliani si sono rifiutati di dire ai loro colleghi palestinesi come e con quali medicinali curare i poveri disgraziati, in gran parte bambini, che ne sono stati vittima. Molti soldati israeliani sono più civili e meno feroci dei nostri numerosi amanti delle cannonate israeliane, così come moltissimi giornalisti israeliani, non solo Gydeon Levi ed Amira Haas, sono molto più professionali, onesti e coraggiosi dei nostri, per non dire delle “informazioni corrette” che in realtà sono solo addomesticate.
Ma andiamo per ordine.

Intanto cominciamo col notare una cosa, anche se non c’entra direttamente con la mattanza chiamata “Piombo fuso”, che nel giro di due settimane subito dopo Natale a Gaza ha massacrato a detta dei palestinesi 1400 persone, 926 delle quali civili inermi, e “solo” 309 a detta degli israeliani, straziandone comunque altre migliaia, e distrutto non meno di 5.000 abitazioni e costruzioni di altro tipo. I leader politici incaricati di formare il nuovo governo hanno detto chiaro e tondo che loro uno Stato palestinese non lo vogliono, come del resto è evidente da sempre, però in Europa nessuno ha fiatato, tanto meno è iniziata la bordata di missili di parole pesanti riservata invece a chi osa criticare la politica monocorde di Israele, preferendo magari la soluzione che volevano i sionisti alla Judah Magnes, vale a dire uno Stato unico per tutti i suoi abitanti, musulmani, ebrei, cristiani, ecc., tutti con pari diritti e doveri. Chi vorrebbe uno Stato di Israele diverso da quello odierno è subito tacciato di essere un terrorista. Chi invece non vuole lo Stato palestinese, e lo dimostra armi  e insediamenti coloniali alla mano da decenni, può dirlo ad alta voce senza che le nostra anime belle osino fiatare. La voce grossa la fanno solo per il monaco tibetano o per la foca monaca, ma mai per la  verità specie se scomoda. E’ sordo e muto anche il nostro baldo ministro degli Esteri, quel Franco Frattini che è stato messo in riga dalla signora ministro degli esteri agli sgoccioli israeliano: qualche parola, ed ecco che il nostro è scattato sull’attenti e si è scagliato contro “l’antisemitismo” della bozza di documento per la nuova assiste di Stati a Durban. La prima volta Israele intimò agli Usa di disertare il consesso, grazie alla gigantesca crisi economico finanziaria made in Usa ora il suo potere di interdizione si è ampliato nonostante la nuova mattanza nella Masada palestinese chiamata Gaza.  E a proposito di Gaza:

A – Secondo la filiale israeliana (ripeto: ISRAELIANA) dell’organizzazione Dottori per i diritti umani (Phr) “Tsahal ha violato i codici etici” quando “non solo non ha evacuato famiglie palestinesi assediate e ferite, ma ha anche impedito alle squadre palestinesi di soccorso di raggiungere i feriti”. In un dettagliato rapporto la Ong sostiene che in alcuni casi i feriti sono morti dissanguati. Il che equivale a dire che sono stati uccisi. L’organizzazione aggiunge che Israele ha attaccato otto ospedali e 26 cliniche, uccidendo 16 membri del personale medico palestinese e ferendone altri 25.

B – Il giornale israeliano Haaretz (ripeto: ISRAELIANO) ha rivelato come si sono comportati in realtà i soldati israeliani a Gaza, vale a dire facendo spesso e volentieri il tiro al piccione sugli esseri umani esattamente come hanno fatto a suo tempo i militari francesi in Algeria e quelli statunitensi in Vietnam. Mi limito a riportare un articolo del corrispondente di Repubblica:

“GERUSALEMME – Eccoli i racconti di guerra, l’ultima, combattuta per tre settimane nella Striscia di Gaza. Racconti che non si vorrebbero mai sentire. Perché non soltanto non c’è niente di eroico, ma c’è molto di raccapricciante e di moralmente rivoltante, in un tiratore scelto che spara su una madre e i suoi due bambini che hanno sbagliato strada, perché così vogliono le regole d’ingaggio, o in un soldato che fa fuoco su una vecchia che cammina smarrita, o su altri giovani in divisa che abusano della loro forza per danneggiare, deturpare, offendere una popolazione civile palestinese che, in fin dei conti, viene considerata tutt’uno con il nemico combattente.
Questo e molto altro ancora lo si è appreso non dalla propaganda palestinese, ma dai racconti dei diretti interessati, decine di allievi dell’accademia Yitzhak Rabin, convenuti lo scorso 13 febbraio per discutere le loro esperienze nell’ambito dell’Operazione “Piombo fuso”. Racconti duri, pesanti come macigni, capaci creare molto imbarazzo ai vertici delle forze armate. Al punto che il procuratore militare, quasi a voler bilanciare l’inevitabile scalpore con un gesto rassicurante, ha deciso di rendere pubblica la decisione di aprire un’inchiesta. È stato Haaretz a svelare i contenuti di quella riunione. Ma il merito di aver fatto scattare l’allarme su tutto ciò che queste testimonianze implicano, va al direttore del programma pre-militare dell’accademia, Danny Zamir, che, sentiti i resoconti fatti dai giovani ma già esperti allievi, s’è rivolto direttamente al Capo di Stato maggiore, Gaby Ashkenazy.

“C’era un casa con dentro una famiglia – ricorda il comandante di una piccola unità di fanteria – . Ordinammo alla famiglia di stare tutti in una stanza. Poi ce ne andammo e arrivò un nuovo plotone. Dopo alcuni giorni venne l’ordine di rilasciare la famiglia. Avevamo messo un tiratore scelto sul tetto. Il comandante rilasciò la famiglia, dicendo loro di andare verso destra, ma dimenticò di avvertire il tiratore scelto che quella gente veniva liberata e che era tutto ok, e non avrebbe dovuto sparare”. Anziché a destra, la madre coi due figli prende a sinistra. Il cecchino li vede avvicinarsi alla linea che, secondo quanto gli era stato detto, nessuno avrebbe dovuto oltrepassare. Così “ha sparato subito, uccidendoli”. “Non credo – continua la testimonianza – che si sia sentito troppo male. L’atmosfera generale, da quello che ho capito parlando coi miei uomini, era, come dire, che le vite dei palestinesi sono molto, molto meno importanti delle vite dei nostri soldati”. Regole d’ingaggio assai elastiche, “disprezzo sfrenato”, culto della forza fisica, il pregiudizio che “i palestinesi sono tutti terroristi”, questa la miscela esplosiva che ha portato agli eccessi che le organizzazioni umanitarie hanno denunciato come crimini di guerra. Un’accusa che Israele ha respinto, ribattendo che le perdite tra i civili palestinesi sono state causate dal fatto che i miliziani di Hamas si facevano scudo della popolazione che affolla i centri abitati, nel cuore dei quali, però, l’esercito israeliano non ha esitato ad adoperare una potenza devastante. Qui tuttavia non si parla né di bombe al fosforo né di altri micidiali ordigni sconosciuti. Si parla, per quanto possa sembrare fuori logo trattandosi di una guerra, di morale.

Non è un caso che il ministro della Difesa, Ehud Barak, si sia precipitato a ribadire che l’esercito israeliano “è la forza armata più morale che esista al mondo”. Aggiungendo che, al massimo, quelli da chiarire sono “episodi individuali”. Non la pensano così, invece, i protagonisti dei racconti. A parte alcuni casi di fuoco senza avvertimento contro civili, un comandante descrive alcuni episodi di vandalismo. “Scrivere “morte agli arabi” sui muri (delle case occupate), prendere le foto di famiglia e sputare su di esse soltanto perché lo puoi fare, credo che questa sia la cosa più importante per capire quanto le forze armate israeliane siano precipitate sul piano della morale”.

C – E’ paradossale il modo con il quale è stata smentita la serie di menzogne di Israele riguardo il non uso del fosforo bianco. Riporto qui di seguito due articoli inchiesta scritti per Peacereporter.net dal giornalista Naoki Tomasini di ritorno dalla Striscia di Gaza, dove è entrato con due documentaristi del programma televisivo Presadiretta di Riccardo Iacona.

PRIMO ARTICOLO
( http://it.peacereporter.net/articolo/14474/Munizioni+al+fosforo+minacciano+Israele )
Un rapporto medico-militare israeliano rivela che Hamas ha usato munizioni al fosforo contro Israele. E potrebbe farlo ancora
Un semplice fascicolo, quattro fogli di direttive tecniche prodotte dai medici militari israeliani, per spiegare come riconoscere le ferite causate dalle munizioni al fosforo bianco. E soprattutto come curarle. Il dossier è stato distribuito ad alcuni medici israeliani perché siano pronti nel caso in cui Hamas cominciasse a lanciare razzi contenenti fosforo bianco, cosa che in almeno un episodio è già accaduta.
“Durante l’operazione Piombo Fuso abbiamo ricevuto rapporti secondo cui Hamas sta usando munizioni contenenti fosforo bianco”. Così inizia il dossier, che è stato consegnato ad alcuni medici della Magen David Adom (Stella Rossa di Davide, la società di soccorso israeliana, analoga alla Croce Rossa e Mezzaluna Rossa Internazionali). Compilato da ufficiali medici dell’esercito e della Stella Rossa di Davide, firmato da Zvi Feinberg, capo del dipartimento di medicina al Magen David Adom, e Rami Miller, capo dei paramedici.  Il documento contiene informazioni scientifiche e affidabili sul fosforo bianco, che sarebbero state molto preziose per i medici palestinesi durante l’offensiva. E rimarca inoltre un episodio sfuggito a molti giornali.  Il 14 gennaio, il giorno stesso della data riportata sul documento, dei miliziani palestinesi avevano inserito nella testa di un razzo alcuni frammenti di fosforo, recuperati da un sito bombardato da Israele, e lo avevano lanciato contro il villaggio di Eshkol, nel sud di Israele, senza causare vittime o feriti. Ora il timore, da parte delle forze di sicurezza e sanitarie israeliane, è che Hamas decida di ripetere l’esperimento, trovando un modo efficace per sparare oltreconfine tutto il fosforo caduto su Gaza durante i ventidue giorni di offensiva. Al  momento si sa solo che Hamas dispone di una certa quantità della materia prima.

A un mese dalla tregua unilaterale dichiarata da Israele, i frammenti di fosforo si trovano ancora con facilità in tutta la Striscia. Pezzetti di materiale, che a prima vista sembra legno carbonizzato, sono diventati uno dei giochi preferiti dei bambini palestinesi. Ragazzini ingenui li incendiano smuovendo la superficie e li spengono coprendoli con la sabbia, incuranti delle conseguenze per la loro salute. Buona parte delle bombe inesplose e molti dei frammenti di fosforo caduti sulla Striscia sono stati rastrellati dalle forze di sicurezza di Hamas, che li hanno inizialmente immagazzinati nel cortile di una centrale di polizia a Gaza città. I pezzi di fosforo erano stati inseriti in bidoni pieni d’acqua, per disattivarli. Il sito è stato visitato e filmato da alcuni giornalisti, tra cui anche una troupe della televisione italiana. Due giorni dopo però, l’11 febbraio, quello stesso deposito era stato svuotato. I missili e i bidoni trasferiti in una località segreta.

Il dottor Nafiz Abu Shaban, primario del reparto ustionati dell’ospedale di Shifa, il più grande di Gaza città, racconta che all’inizio dell’offensiva i feriti da munizioni al fosforo venivano trattati come fossero ustionati comuni. Venivano soccorsi e rimandati a casa. Solo che, pochi di giorni dopo, quelli tornavano aggravati, con la carne delle ferite consumata fino all’osso. Alcuni sono anche deceduti, nonostante la scarsa superficie di pelle ustionata. Altri, mostravano una condizione generale aggravata, e alcuni organi interni compromessi.  Dopo aver chiesto aiuto ad alcuni medici internazionali presenti nella Striscia durante l’offensiva, dottori con esperienze in Libano e Iraq, i medici palestinesi hanno cambiato terapia: portare i pazienti ustionati direttamente in sala operatoria, e rimuovere chirurgicamente ogni frammento, anche microscopico, della sostanza”. Le particelle di fosforo bianco, infatti, bruciano a contatto con l’ossigeno finché non sono completamente consumate. Ora i feriti palestinesi che presentavano le ustioni da fosforo meno gravi, sono tornati a casa e cercano di ricominciare a vivere nonostante le amputazioni. I casi più complicati, invece, sono stati evacuati verso cliniche in Egitto e altri paesi in grado di assisterli. Il dottor Nafiz Abu Shaban e gli altri medici della Striscia che hanno durante la guerra hanno dovuto affrontare un’autentica emergenza sanitaria, non sapevano dell’esistenza del dossier israeliano con il quale, con ogni probabilità, avrebbero potuto salvare diverse vite.

SECONDO ARTICOLO
( http://it.peacereporter.net/articolo/14496/Mancato+soccorso )
Mancato soccorso
I medici israeliani si rifiutarono di passare ai colleghi palestinesi le informazioni su come curare le ferite da fosforo bianco
Il dottor Shaban è primario del reparto ustionati all’ospedale Shifa di Gaza, che ha raccolto numerose prove dell’uso di munizioni al fosforo bianco sulla popolazione civile della Striscia. Mentre raccontava delle difficoltà avute durante l’offensiva, quando non sapevano come trattare le ferite da fosforo, rivelò di avere chiesto aiuto ai medici israeliani di Physicians for Human Rights, i quali però non furono in grado di aiutarlo. PeaceReporter ha intervistato Miri Weingarten, l’attivista di Physicians for Human Rights che ha tradotto e divulgato Il documento riservato israeliano di cui abbiamo scritto ieri (NDR: si tratta del testo dell’articolo che ho riportato per primo).

“Il documento, che contiene indicazioni su come riconoscere e curare le ferite da fosforo bianco, è stato realizzato dalla Stella di David Rossa insieme ai medici militari” spiega Miri. “Appena abbiamo saputo della sua esistenza abbiamo chiamato l’unità di guerra del governo e ne abbiamo chiesto una copia. A che vi serve? Ci hanno chiesto dei funzionari, spiegando che si tratta di un documento per uso interno…  Ci è stato chiesto da alcuni pazienti israeliani, gli abbiamo risposto. E così ce l’hanno mandato. A quel punto lo abbiamo tradotto e spedito al ministero della Sanità della Striscia di Gaza, e poi, attraverso una mailing list, alle principali Ong attive nella Striscia”.

Ve l’avrebbero mandato anche sapendo che lo avreste tradotto e fornito ai palestinesi?

“No di certo”.

Il dottor Shaban sostiene di non avere mai visto quel dossier, con il quale sarebbe stato possibile salvare molte vite. E’ vero che non siete stati in grado di aiutarlo?

“Sì, il dottore dice la verità. Fino a prima di ricevere il documento della Magen David Adom non sapevamo come aiutarlo. Abbiamo provato a chiedere aiuto a un importante medico dello Shiba hospital di Tel Aviv, che durante la guerra in Libano del 2006 aveva curato i soldati feriti dal fosforo. Quando però gli abbiamo chiesto se fosse disposto a parlare con un medico palestinese ci ha risposto di no. Il documento, l’abbiamo ricevuto il 15 gennaio, ci sono voluti tre giorni per tradurlo e divulgarlo, quindi verosimilmente è giunto nelle mani dei medici di Gaza dopo il 18, il giorno in cui è scattata la tregua”.

Ma il dottor Shaban, il 10 febbraio, sosteneva di non aver mai visto il documento israeliano…

“Subito dopo la tregua abbiamo mandato a Gaza una missione di medici che ha parlato dei casi di ferite da fosforo insieme con diversi dottori locali, tra cui anche Shaban. Bisogna però capire che in quei giorni il caos è stato totale. E’ possibile che non avesse letto le e-mail… In ogni caso le informazioni che lui ci ha fornito sono state sempre puntuali e affidabili, e anche noi nei suoi confronti crediamo di avere fatto tutto il possibile”.
Non è forse una violazione dei codici etici il fatto che la Stella di David Rossa e tutti i medici che hanno ricevuto il documento non abbiamo fornito quelle informazioni ai colleghi palestinesi?
“Certamente lo è. E’ una chiara violazione della convenzione di Ginevra, che vincola ogni organizzazione medica a prestare tutto il soccorso possibile, senza discriminazioni, ai feriti di qualunque parte. Fosforo a parte, però. la violazione del soccorso mancato riguarda anche l’esercito, che in innumerevoli casi, durante questa offensiva, ha lasciato feriti sanguinare e morire senza prestare loro soccorso. Vedi, il fosforo si spara con l’artiglieria, quindi i soldati non vedono dove va a cadere, mentre nel caso dei colpi di cannone e degli spari sì. Lo ripeto, i soldati e i mezzi di soccorso dell’esercito israeliano sono rimasti impassibili di fronte a decine di casi di persone che avevano bisogno di soccorso medico. Il crimine di guerra è questo, ed è persino più grave dell’uso del fosforo su aree densamente abitate da civili. Riguardo al fosforo, poi, c’è anche un’altra violazione: il fatto che l’esercito fino alla fine della guerra non ha ammesso di averlo usato”.

Nel documento si sostiene che Hamas starebbe lanciando munizioni al fosforo verso Israele, senza spiegare da dove provengano. Ma è ovvio che il fosforo ora nelle mani di Hamas è lo stesso che Israele ha sparato contro la Striscia…

“Sì, ma per quanto paradossale sembri l’accusa con cui inizia il documento, quella non è esattamente un ammissione. Tuttavia le stesse forze armate alla fine hanno ammesso esplicitamente di avere usato quelle munizioni, ma solo dopo il cessate il fuoco, e comunque senza ammettere di averlo usato in aree densamente abitate. Questo è un fatto che va sottolineato, perché la mancata ammissione ha inizialmente complicato la vita ai medici di Gaza. Sapevano di essere in presenza di bruciature insolite, ma non potevano essere certi che si trattasse di fosforo e non di qualche altra misteriosa sostanza. Inoltre, a parziale giustificazione del medico israeliano che si è rifiutato di parlare con i colleghi palestinesi, bisogna dire che non ha voluto dare consigli anche perché non era in grado di verificare di persona che il tipo di arma usata fosse proprio fosforo bianco, piuttosto che qualche altra fantomatica arma sperimentale”.

L’elenco completo di quelli che sembra proprio siano crimini di guerra di Israele lo si trova qui, sia pure in lingua inglese: http://rense.com/general85/incrim.htm . Spero che il nostro forumista Vox, che lo ha inviato tra i commenti della puntata precedente, lo voglia tradurre in italiano.

D – Sapendo di poter contare come sempre sull’omertà occidentale, Israele pare proprio abbia pianificato la demolizione di altre 1.700 abitazioni palestinesi a Gerusalemme Est, lasciando senza tetto ben 17.000 persone, come si può leggere qui: http://atheonews.blogspot.com/2009/03/israel-to-raze-1700-palestinian-homes.html . In linea con la politica di fatto, resa pubblicamente esplicita da quell’immigrato russo che si chiama Avigdor Lieberman fondatore di un partito di destra e nuovo ministro degli Esteri nel governo Netanyau-Barak,  di “trasferire” fuori Israele TUTTI i suoi cittadini arabi, oltre che ovviamente di cacciare i palestinesi. E in linea con la decisione di fregarsene della comunità internazionale facendo di Gerusalemme la “capitale eterna e indivisibile” di Israele. Tant’è che la linea dura ha investito anche i pacifisti che si sono azzardati a proporre il festival “Gerusalemme capitale della cultura araba”. Ecco cosa è avvenuto stando a cosa ci ha raccontato la vice presidente del parlamento europeo Luisa Morgantini:

“Strasburgo, 23 Marzo 2009
Mentre a Gerusalemme Est continuano le demolizioni di centinaia di case palestinesi, anche la cultura palestinese è bersaglio delle politiche israeliane.
Negli ultimi due giorni sono stati arrestati almeno 20 organizzatori delle celebrazioni di Gerusalemme Est “capitale della cultura araba 2009”. Il 19 marzo scorso i soldati israeliani hanno fatto irruzione in un meeting organizzativo degli eventi del festival “Al-Quds Capital of Arab Culture 2009”, confiscando documenti, anche personali, computer portatili, minacciando i membri del comitato. Sabato scorso, 21 marzo, la polizia israeliana ha attaccato una scuola e un centro locale, e oggi 23 marzo almeno sette persone, inclusi due attivisti per la pace, un americano e un danese, sono stati arrestati durante una manifestazione di fronte alla tenda di Sheikh Jarrah, eretta per protestare contro l’allontanamento forzato di migliaia di Palestinesi residenti a Gerusalemme Est.
Secondo le Autorità israeliane il festival sarebbe illegale in quanto sponsorizzato dall’Autorità Nazionale Palestinese e per impedirne lo svolgimento sono state stanziate forze supplementari di polizia. Ogni attività dell’ANP, infatti, è stata bandita dalla città sin dal 2000. Gerusalemme Est è occupata illegalmente dal 1967 e considerata da Israele come “capitale eterna e indivisa” anche se la Comunità Internazionale non ha mai riconosciuto le mire israeliane su Gerusalemme Est.

Queste azioni hanno chiaramente l’intento di cancellare sia fisicamente che culturalmente la presenza palestinese nella propria terra, annientando ogni eredità culturale, passata e presente, a dispetto di ogni legalità.
Eppure tutte queste minacce non hanno impedito lo svolgersi del festival: l’apertura ufficiale si è tenuta domenica scorsa, 22 marzo, a Betlemme, aldilà del muro d’annessione coloniale voluto da Israele – con la partecipazione di circa 1.500 dignitari, delegati, poeti, ufficiali e personalità Palestinesi. Tra le attività, anche una serie di giochi tradizionali per bambini, condotti grazie a decine di volontari, alla Porta di Damasco, l’ingresso principale della città vecchia di Gerusalemme.
La Comunità Internazionale, Europa inclusa, deve dare un segnale forte per sostenere e garantire questo evento. Spetta a noi protestare in modo netto e deciso e fare pressioni su Israele per la fine di tutte le violazioni della legalità e per la fine dell’occupazione a Gerusalemme Est, così come in tutta la Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza sotto assedio.
Dovremmo farlo, non solo per il diritto dei Palestinesi a vivere nella loro terra con la stessa sovranità degli Israeliani, ma anche per la nostra stessa dignità”.
Altro che le urla contro (l’inesistente) antisemitismo di chi s’è scagliato addosso a chi ha protestato civilmente contro la decisione di dedicare la passata edizione del Festival del libro di Torino!

E – Ormai la politica israeliana è tale che un editorialista con un cognome tipicamente ebraico come quello di Roger Cohen ha potuto scrivere sul New York Times ciò che è stato rilanciato sotto forma di intervista da un giornale da sempre filoisraeliano come il Corriere della Sera, che per giunta ha un direttore che il giornalista de L’espresso Sandro Magister ci ha tenuto a dire che è ebreo (conosco Mieli da una vita, non ho mai avuto la più pallida idea se fosse ebreo o no, anche perché la cosa non mi è mai interessata, lo reputo un fatto privato, fors’anche intimo, come essere ateo o cattolico o buddista, ecc.). Ecco cosa ha riportato Il Corriere:

“DAL NOSTRO CORRISPONDENTE – WASHINGTON – «Una delle conseguenze inevitabili del messaggio di Barack Obama agli iraniani sarà una ridefinizione, dolorosa ma necessaria, dei rapporti degli Stati Uniti con Israele, nel momento in cui le differenze di vedute sull’ Iran si faranno più forti». Roger Cohen è uno degli editorialisti di punta del New York Times sulla politica estera. E’ da poco tornato dall’ Iran, dove in febbraio ha trascorso due settimane, che ha raccontato in diversi articoli pieni di sorprese e di novità sulla società iraniana, descritta come «vibrante e curiosa, giovane e ansiosa di aprirsi al mondo».
Come giudica l’ appello di Obama?

«Penso che rappresenti un cambiamento d’ approccio radicale. Nessun presidente o dirigente americano aveva mai usato il termine Repubblica Islamica dell’ Iran, dicendo che deve riprendere il suo posto nella comunità delle nazioni. Di fatto è il riconoscimento trent’ anni dopo della rivoluzione khomeinista. Ed è un punto cruciale: una delle più gravi ragioni di preoccupazione e ansia in Iran era la nozione che l’ obiettivo di fondo degli Stati Uniti fosse quello di minare ed eventualmente rovesciare questo regime. Ora il presidente offre “reciproco rispetto”. In secondo luogo, Obama ha tolto di fatto dal tavolo almeno per il futuro prevedibile l’ opzione militare».

Lei riconosce che il processo sarà lungo e difficile, paragonandolo a quanto è successo in Irlanda del Nord. L’ Amministrazione dovrà affrontare critiche e superare molti ostacoli. E uno di questi saranno sicuramente le divergenze con Israele: quanto peseranno?

«Il punto è di capire cosa sia veramente nell’ interesse di lungo periodo di Israele. La linea dell’ Amministrazione Bush, quella secondo cui Israele non può mai sbagliare, fossero gli insediamenti nei territori palestinesi, la guerra in Libano anche dopo che Kofi Annan aveva negoziato la tregua o gli attacchi indiscriminati e inaccettabili a Gaza che hanno portato alla morte di civili e bambini, è stata disastrosa. Non è questo il solo modo di essere un buon alleato d’ Israele. Penso invece che Obama capisca prima di tutto che occorra un approccio regionale a questi problemi: non ci sarà pace, se non parliamo anche ai nemici. Questa amministrazione è decisa a cambiar corso».

Ma l’ evoluzione politica in Israele va verso una radicalizzazione…

«Certo. Ci saranno tensioni forti con Israele sull’ Iran, specialmente se avremo un governo di destra. Netanyahu ha una posizione intransigente su tutta la linea. E appare intenzionato ad agire militarmente contro Teheran entro l’ anno. Ma la mia previsione è che Obama voglia riequilibrare i rapporti con Israele dicendo: noi vi appoggiamo e difendiamo la vostra sicurezza senza condizioni, all’ interno delle frontiere del ‘ 67. Ma siamo determinati a spingere per un processo di pace, che richiederà flessibilità nell’ obiettivo di portare a una posizione comune le due ali dei palestinesi Fatah e Hamas. Ripeto, il quesito è cosa sia negli interessi di Israele: lo è una linea che ha portato a due guerre in tre anni, ha visto Israele e gli USA criticati nel mondo, non solo in quello islamico? Non credo».

Qualcuno giudica troppo positivi i suoi commenti sull’ Iran.

«L’ Iran è una sorpresa per chiunque ci vada. Il regime è oppressivo, mai suggerito diversamente. La retorica di Ahmadinejad è odiosa e inaccettabile. Ma gli ayatollah non sono pazzi, sono pragmatici, è sbagliato farne una caricatura. Inoltre, due terzi delle popolazione ha meno di 35 anni e in tre decenni ha visto migliorare la qualità della sua vita. Non sono rivoluzionari, non vogliono rovesciare il sistema, vogliono riforme, più pluralismo, più governo rappresentativo. E il modo migliore per aiutarli a muovere il Paese in questa direzione a mio avviso è impegnare il regime, promuovere il dialogo».

F- Ma con il New York Times non è finita. Lo ha fatto notare il sito di luogocomune.net nel link http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=3122 :

“Prima pagina quasi “storica” per il New York Times di oggi, dove le parole “Crimini di guerra” e “Israele” sono comparse ufficialmente una accanto all’altra per la prima volta, generando non poche ondate di fermento all’interno delle comunità ebraiche nel mondo. Tutto è nato da un articolo di Haaretz di ieri, nel quale il quotidiano “liberal” di Tel Aviv denunciava apertamente i crimini di guerra commessi dai soldati israeliani durante l’invasione di Gaza, raccontati dagli stessi soldati.
Pare che vi fossero ordini espliciti ”da molto in alto” di distruggere, uccidere e devastare senza limitazione, dopo che i rabbini avevano adeguatamente infervorato i soldati con sermoni di carattere biblico, nei quali gli ricordavano che “chiunque all’interno della striscia di Gaza è un terrorista”, dandogli poi una forma di assoluzione preventiva per il genocidio che stavano per commettere.
Mentre si può esser portati a pensare, un po’ semplicisticamente, che una certa classe all’interno del mondo ebraico “abbia detto basta” al sionismo più deleterio, è molto più probabile che queste prime pagine vogliano richiamare l’attenzione dello stesso mondo ebraico sul crescente isolamento che Israele sta subendo nel mondo, proprio a seguito dei massacri di Gaza.
In altre parole, potremmo leggere il fatto come un passo avanti verso una presa di coscienza collettiva del popolo ebraico, rispetto agli orrori commessi in passato, ma anche come un campanello di allarme, un “serrate le fila”, in vista di uno scontro finale che non solo Israele è in grado di scatenare in qualunque momento, ma dalla cui tentazione appare purtroppo tutt’altro che immune”.

A proposito di rabbini, a tutt’oggi in Israele ci sono rabbini convinti che nella bibbia “l’ordine di Dio” di uccidere tutti gli amaleciti sia in realtà un ordine in codice emanato in largo anticipo di uccidere tutti i palestinesi! Per fortuna però oltre ai mascalzoni ci sono – come in tutti i cleri del mondo – anche le persone oneste, vedi i rabbini israeliani che aiutano i palestinesi e gli oltre mille rabbini statunitensi che hanno scritto una lettera a Obama contro le prepotenze anti palestinesi.

G –  In tema di crimini di guerra, vale la pena riportare quanto denunciato a chiare lettere da sei organizzazioni israeliane (ripeto: ISRAELIANE) a proposito del mattatoio Masada-Gaza:

“Le organizzazioni Israeliane qui sottoscritte deplorano la decisione del governo israeliano di tagliare le forniture essenziali di elettricità e combustibile (e dunque anche di acqua, poiché le pompe non possono funzionare), come pure di alimenti indispensabili, medicinali ed altre forniture umanitarie per la popolazione civile di Gaza. Un tale comportamento costituisce un chiaro ed evidente crimine contro l’umanità.
Il Prof. John Dugard, Rapporteur Speciale delle Nazioni Uniti per i Diritti Umani nei Territori Palestinesi, ha definito le azioni del governo israeliano “gravi crimini di guerra”, per i quali i funzionari politici e militari dovrebbero essere perseguiti e puniti. L’uccisione di oltre 40 civili, la scorsa settimana viola – ha detto – “il divieto assoluto di punizione collettiva contenuto nella Quarta Convenzione di Ginevra. Viola anche uno dei principi basilari della legge umanitaria internazionale, e cioè che l’azione militare deve distinguere fra obiettivi militari e obiettivi civili”. Ed invero, la stessa cornice legale invocata dal governo di  Israele per realizzare questo atto illegale e immorale – quella di dichiarare Gaza “un’entità ostile nell’ambito di un conflitto quasi di guerra” –  non ha nessun fondamento nella legge internazionale.

Ci appelliamo al Segretario Generale dell’ONU, Mr. Ban Ki-Moon, perché induca il Consiglio di Sicurezza, in occasione della riunione in sessione di emergenza mercoledì, ad una decisa presa di posizione perché cessi l’assedio a Gaza Ci appelliamo ai governi del mondo, ed in particolare al Governo Americano e al Parlamento Europeo, perché censurino le azioni di Israele e, alla luce dei recenti tentativi di ravvivare il processo di pace, facciano cessare tutte le aggressioni contro i civili, comprese le demolizioni delle case dei Palestinesi, che continuano con frequenza allarmante.
Ci appelliamo a tutti gli Ebrei del mondo nel cui nome il governo di Israele pretende di parlare, e in particolare ai Rabbini e ai leader delle loro Comunità perché si oppongano senza ambiguità a  questa offesa al nucleo stesso dei valori ebraici. E ci appelliamo a tutti i popoli del mondo perché facciano sapere ai loro funzionari e governanti che essi ripudiano questo atto crudele, illegale e immorale – un atto che si distingue per crudeltà persino  di fronte alla già oppressiva Occupazione Israeliana.

Condanniamo gli attacchi contro tutti i civili, e riconosciamo le sofferenze degli abitanti di Sderot. Tuttavia tali attacchi non giustificano la massiccia sproporzione delle sanzioni di Israele contro oltre un milione e mezzo di civili, particolarmente alla luce dei 40 anni di oppressiva occupazione da parte di Israele. Queste violazioni della legge internazionale da parte di un governo sono particolarmente gravi e devono essere denunciate e punite se si vuole preservare il sistema stesso dei diritti umani, e la legge internazionale.
La decisione del Governo di Israele di punire la popolazione civile di Gaza, con tutte le sofferenze umane che ne derivano costituisce Terrorismo di Stato contro persone innocenti. Solo quando i decisori delle politiche di Israele dovranno rendere conto delle loro azioni, e la legge internazionale verrà rispettata, una pace giusta sarà possibile in Medio Oriente.
The Alternative Information Center, Bat Tsafon, Gush Shalom, The Israeli Committee Against House Demolitions (ICAHD), Physicians for Human Rights (PHR), Coalition of Women for Peace”.

H – Giovedì 26 marzo lo stesso Corriere della Sera – filoisraeliano da sempre – ha riportato su una buona metà di pagina 11 le testimonianze dei soldati di Israele sparate sotto un titolo quanto mai esplicito: “A Gaza si sparava a tutto ciò che si muoveva”. Testimonianze che fanno rabbrividire, comprese quelle che rivelano “Abbiamo usato molto il fosforo”. I soldati israeliani saranno anche meno feroci di quelli di altri eserciti, ma ce n’è abbastanza per indignarsi. Riassume bene la situazione l’incitazione di un ufficiale alla truppa ”al fronte”, cioè nel mattatoio Masada-Gaza: “Mettete da parte l’etica…. piangeremo dopo”.

67 commenti
Commenti più recenti »
  1. Vox
    Vox says:

    LANCET VERSUS VATICAN

    Aids, “Lancet” contro Benedetto XVI

    Anche la prestigiosa rivista britannica “Lancet” polemizza con le affermazioni sul preservativo.

    “Il pontefice ha distorto la scienza”

  2. Vox
    Vox says:

    SE LA SUONANO E SE LA CANTANO DA SOLI

    Obama: “Al Qaeda prepara attacchi negli Usa dal Pakistan”
    Nuova strategia per l’Afghanistan. “Il nostro obiettivo è smantellare l’organizzazione terroristica di Bin Laden”.

    Ovvero:
    Prima creiamo le organizzazioni “terroristiche” e poi le “combattiamo”, naturalmente sul suolo dei paesi che ci interessano per motivi strategici o per le loro risorse.

    Geniale. Ma sempre piu’ trasparente.
    Sta diventando il segreto di Pulcinella.

  3. Vox
    Vox says:

    ISRAELE

    Mentre molti singoli cittadini e alcune imprese occidentali hanno deciso di portare avanti il boicottaggio dei prodotti israeliani, ecco che il paese furbetto escogita nuovi sistemi per aumentare le entrate.

    Israele ha annullato la necessita’ dei visti per i cittadini russi e di alcuni altri paesi non-EU. Di conseguenza, quest’anno hanno gia’ avuto un afflusso di circa 350mila turisti, l’anno prossimo, per lo stesso periodo, se ne prevedono oltre 400mila. (Molti di questi turisti, comunque, sono ebrei).

  4. sylvi
    sylvi says:

    IL MATTONCINO MAGICO.

    C’è una gran bella notizia su Repubblica di oggi:
    LEGO -Il ritorno del mattoncino-

    Dopo una crisi, ritenuta ormai mortale, ” la Lego è risorta e ha cominciato a riempire con le sue costruzioni le case di mezzo mondo.
    Come spiega il Guardian per ogni persona sulla terra ci sono 62 mattoncini.”
    Ciò significa meno video-game, meno ore davanti alla TV, meno internet per i bambini.
    Più manualità, più fantasia, più creatività..

    Dice il Direttore Mads Nipper:
    -In tempi difficili i consumatori preferiscono i prodotti fatti bene, durevoli e sicuri…
    Tutto quello che conta è che il tuo prodotto sia in cima alla lista dei desideri dei bambini.
    Ed è quello il posto che noi ,ora, siamo tornati ad occupare”.

    Io sono pronta a sommergere tutti i bambini che conosco con i fatati mattoncini.
    Per il mio futuro nipote rispolvero dalla cantina quelli di suo padre!

    Sylvi

  5. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    (Anche) x Anita e x Vox

    L’apertura di Obama all’Iran si spiega con l’avere capito che per evitare la catastrofe in Afganistan la strada passa in modo obbligato per migliori rapporti con l’Iran, se non per un vero e proprio accordo di piena riappacificazione. Anche Obama sa, e lo sa anzi ovviamente meglio di tutti, che il possibile e forse probabile crollo in Afganistan significa il crollo anche in Pachistan, con il conseguente mettere le mani sulle bombe atomiche da parte dei talebani, degli alqedisti e fanatici islamisti vari. E’ un po’ come se in Israele mettessero le mani sull’intero governo gli ultraortodossi o i rabbini che si interrogano sugli amaleciti o negli Usa i fondamentalisti cristiani che fecero vincere le elezioni a Bush figlio (do you remember?). Tutta bella gente innamorata soprattutto dell’Armageddon e che sogna il ritorno del Messia sulla terra. Poiché il Messia sono convinti che torni sì, ma solo alla Fine del Mondo, ecco che una bella guerra nucleare e termonucleare è tutto ciò che serve. Allegriaaa!!!!
    Obama non è scemo, non piange infatti né sulla spalla di Dio né sulla bottiglia. Prima di ridursi eventualmente a tanto, pare che preferisca tentare di evitare le catastrofi allegramente avviate dal poveraccio che lo ha precedeuto alla Casa Bianca e dai suoi demenziali consiglieri.
    pino nicotri

  6. Peter
    Peter says:

    xNicotri

    bravo Pino, concordo. Ora comincia gia’ a vedersi che Obama non e’ tanto sprovveduto, impreparato e digiuno di politica estera come sostenevano in tanti, anche sul blog. Di sicuro, non e’ un uomo di paglia

    Peter

  7. Anita
    Anita says:

    x Pino

    Veramente il Presidente Obama ha chiesto piu’ aiuto internazionale.
    Ha chiesto al Pakistan e Iran di collaborare, nell’interesse delle nazioni nella regione.
    Ha fatto un appello alla Russia e alla Cina.
    Ha fatto un appello agli alleati dicendo che al Qaeda non e’ solo un problema Usa.
    Oltre a maggiori forze militari ha promesso aiuti finanziari al Pakistan per un periodo di 5 anni.

    Le forze Nato stanno perdendo territorio e gli attacchi sono piu’ violenti e piu’ frequenti.

    B.H.Obama intends to do whatever is necessary to win that war.
    We wish him luck, I wish him luck.

    Anita

  8. Anita
    Anita says:

    PS:
    La Korea del Nord e’ preparata a lanciare un missile a lunga gittata.
    Il Giappone e’ preparato a intercettarlo se si avvicina al loro suolo.
    L’Alaska e’ in allerta ed il Presidente ha esattamente “due minuti” per prendere una decisione se il missile si avvicina al territorio degli USA.

    Puo’ essere un’altro bluff del Nord Korea, almeno spero.

    Anita

  9. sylvi
    sylvi says:

    x AZ

    caro Az,
    ho chiesto a mio figlio la programmazione di un robot che recupera i materiali del pc.
    Mi ha risposto che la tecnologia sarebbe ancora troppo costosa rispetto al recupero.
    L’oro dei pettini è troppo poco rispetto al costo e alle possibilità di prelievo.
    Secondo lui conviene evolversi sul nuovo.

    mandi Sylvi

  10. La striscia rossa
    La striscia rossa says:

    SENSAZIONALE, ALLUCINANTE.

    A sud di Urumqui e nelle oasi tra il deserto del Taklamakhan e il Gobi ho visto bere agli anziani centenari quella pozione di lunga vita che ho dato anche a Silvio.

    Umberto Scapagnini, deputato Pdl, medico personale di Berlusconi, quello che ha gettato nella disperazione economica la città di Catania.

  11. el Guerrillero
    el Guerrillero says:

    E RIFLESSIONI DEL COMPAGNO FIDEL

    La menzogna al servizio dell’impero

    La Reuters ha capeggiato ieri la lista delle agenzie di stampa internazionali che presentano Pedro Miret e Osmany Cienfuegos come figure storiche destituite da Raúl Castro.

    Le segue nell’ordine la EFE, che testualmente afferma: “Lo scorso 2 marzo sono stati destituiti da Vicepresidenti del Consiglio dei Ministri .”

    Il pretesto per questo intrigo, ampiamente divulgato nel mondo, è stata la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del 24 marzo del Decreto riguardante la ristrutturazione del Consiglio dei Ministri del Governo di Cuba, approvato il 2 di questo mese.

    Pedro Miret è un magnifico compagno, con grandi meriti storici, che tutti rispettiamo e per cui sento un grande affetto.

    Da diversi anni, per ragioni di salute, non può svolgere nessuno incarico. Il lento diffondersi della sua malattia ha provocato la fine progressiva della sua attività politica. Non è giusto presentarlo come un “destituito”, senza nessuna considerazione.

    Osmany Cienfuegos, fratello di Camilo, ha ricoperto carichi importanti, non solo come Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, ma anche come membro del Partito o adempiendo ai miei ordini quando ero Comandante in Capo. È sempre stato ed è un rivoluzionario. Le sue funzioni si sono progressivamente concluse molto prima della mia malattia. Non era già Vicepresidente del Consiglio dei Ministri.

    Il compagno Raúl Castro, Presidente del Consiglio di Stato, non ha nessuna responsabilità in tutto ciò. In entrambi i casi si trattava di meri adempimenti legali.

    La Reuters e la EFE sono due delle agenzia occidentali più vicine alla politica imperialista degli Stati Uniti. La seconda si comporta peggio, sebbene sia molto meno importante della prima.

    Usando una tecnica abituale, la EFE riprende le parole di Joaquín Roy, direttore dell’European Union Center di Miami, per pubblicare in un’altra nota del 24 marzo quanto segue: “La Spagna è stata riscoperta quale paese chiave in certe regioni del mondo d’interesse per gli Stati Uniti, come l’America Latina ed in particolare in due paesi: Cuba e Venezuela.”

    Di seguito la EFE aggiunge: “L’esperto considera che l’interesse maggiore degli Stati Uniti, più che esercitare una pressione per l’apertura, i cambi, eccetera, sia la stabilità nell’Isola.

    “Ormai da anni, ha spiegato, gli studi delle agenzie di sicurezza statunitensi non segnalano Cuba come una minaccia militare, ma seguono con attenzione lo sviluppo dei cambi per evitare che le eventuali frizioni interne possano destabilizzare la regione.”

    “Agli Stati Uniti non interessa che il risultato dell’apertura sia una guerra civile a Cuba.”

    L’Unione Europea e la Spagna, secondo Roy, non hanno difficoltà a lavorare insieme agli Stati Uniti, però ‘con cautela’ perché non si capisca o si accusi da Cuba che seguono le orme di Washington.

    Limpido come l’acqua: le idee del vecchio impero spagnolo con le stampelle, cercando d’aiutare il corrotto, traballante e genocida impero yankee.

    In oltre mezzo secolo, la superpotenza degli Stati Uniti e la mini-potenza spagnola non hanno appreso nulla dall’eroica resistenza di Cuba.

    Fidel Castro Ruz

    25 Marzo 2009

  12. el Guerrillero
    el Guerrillero says:

    La CIA dietro il complotto per frenare i cambiamenti in Ecuador

    L’Agenzia Centrale d’Intelligence (CIA) degli Stati Uniti, i servizi di spionaggio colombiani ed ecuadoriani hanno partecipato ad un complotto per screditare il governo nazionale, collegandolo al narcotraffico.

    La denuncia è stata fatta ieri sera dall’ex ministro della Sicurezza, Gustavo Larrea, che ha spiegato il tentativo fatto per collegarlo al traffico di droga e la guerriglia in Colombia, per poter così accusare l’esecutivo del presidente Raffael Correa e frenare il processo di cambiamenti nel paese.

    E’ stata disegnata una strategia, “c’è stato un lavoro d’intelligence molto sottile, di guerra mediatica”, con il proposito di legare l’amministrazione nazionale con le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) ed è stato realizzato dai grandi poteri, ha sottolineato.

    Ha spiegato che gli operatori di queste azioni di destabilizzazione sono agenti dell’intelligence nazionale, alcuni in pensione, poliziotti, politici ed anche civili, che si sono creduti minacciati dalla Rivoluzione Cittadina, guidata da Correa.

    Dietro questa gente, però, ci sono la CIA, i servizi colombiani ed anche ecuadoriani, ha ribadito l’ex ministro, annunciando che già sono noti i nomi dei partecipanti al complotto e che saranno diffusi al momento opportuno.

    Ha ricordato che dopo il bombardamento colombiano del 1 marzo 2008 sulla zona di Angostura, nel nord del paese, ha avuto inizio un’operazione per relazionarlo alle FARC.

    Dopo è venuta fuori l’accusa contro un ex funzionario del governo di avere rapporti con i capi di una rete di traffico di droghe, che – ha detto – non ha nessun fondamento.

    Si è trattato di legarlo con questa persona ed adesso si cerca di processarlo nella Commissione Legislativa per una presunta negligenza nel coordinare con i militari e la polizia i piani di sicurezza interna ed esterna dello Stato.

    Larrea ha annunciato la sua disponibilità ad affrontare questo giudizio politico, però per rivelare la verità e screditare i suoi accusatori, deputati del partito Società Patriottica (PSP).

    “Io voglio questo giudizio politico per dimostrare al paese la verità”, così ha concluso.

  13. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x Pietro Falco

    E non solo per la Cnn. Anche secondo l’ex presidente Usa Jimmy Carter e vari altri, spesso israeliani ed ebrei, oltre che secondo la logica: i bombardamenti ai primi dicembre con la scusa dei tunnel sono dei bombardamenti e non delle caramelle. Fermo restando il fatto che non si capisce che tregua sia quella di tenere da così tanto tempo un milione e mezzo di persone sotto assedio della fame, della penuria di medicinali e assistenza sanitaria, dell’impossibilità di andare a scuola regolarmente, ecc. Un assedio NON è una tregua, bensì – appunto – un assedio. Che ricorda quello dei romani a Masada. Anche un cretino capisce che – come da decenni – il governo israeliano punta a costringere i palestinesi ad andarsene anche da Gaza, dopo averne frantumato l’unità territoriale in Cisgiordania. Il professor Ilan Pappe, ebreo e mi pare anche israeliano, ha ampiamente dimostrato quale è in realtà la strategia alla base della costruzione del Muro: rendere impossibile una significativa permanenza territoriale palestinese.
    Un saluto.
    pino
    pino

  14. Pietro Falco
    Pietro Falco says:

    http://www.haaretz.com/hasen/spages/1073771.html

    la radio militare israeliana rivela che Bibi Netanyahu e Avigdor Lieberman avrebbero stretto un patto segreto, non scritto, per nuove espansioni di colonie. L’accordo prevede la realizzazione di 3 mila nuove abitazioni per collegare a Gerusalemme i 33mila coloni di Maaleh Adumin, di fatto tagliando in due la Cisgiordania e rendendo più difficile la futura nascita di due Stati. Un giornale israeliano ne aveva già parlato due mesi fa: è il progetto E-1, accantonato dopo le proteste palestinesi e la contrarietà Usa.

    Netanyahu, Lieberman ‘struck secret deal for West Bank construction’

    By Haaretz Service

    Prime Minister-designate Benjamin Netanyahu has struck a secret deal with Yisrael Beiteinu leader Avigdor Lieberman for highly contentious construction on West Bank land known as E1, Army Radio reported Wednesday.

    A source close to the negotiations between the pair told Army Radio that the plan had been agreed upon even though it did not appear in the official document detailing the coalition deal between Yisrael Beiteinu and Netanyahu’s Likud.

    The plan is for the West Bank settlement of Ma’aleh Adumim to build 3000 new housing units on the territory, which stretches between it and Jerusalem, the source was quoted as saying.

    Construction in the area is particularly sensitive because it would create contiguity between the settlement and the capital, which in turn would prevent Palestinian construction between East Jerusalem and Ramallah.

    This would also make it difficult to reach agreement between Israel and the Palestinians on the question of permanent borders.

    For this reason, the United States has strongly opposed this sort of Israeli construction for more than a decade. Israeli governments have avoided construction in this area, mostly because of U.S. pressure.

  15. Pietro Falco
    Pietro Falco says:

    x Pino
    hai perfettamente ragione: è quello che sottolinea pure Khaled Meshaal in un’intervista all’Espresso del 26 febbraio scorso, nella quale tra l’altro si dichiara pronto ad accettare l’ipotesi dei due Stati entro i confini del 1967 (e non del 1947!!! ricordate le mappe che pubblicammo?), con Gerusalemme Est capitale di quello palesyinese…

    Ma i sionisti prepotenti si comportano come il lupo nei cofronti dell’agnello nella celebre favola di Fedro, e cercano ogni pretesto per tenersi tutto….

    “La pace è possibile solo se nasce una volontà internazionale che prema per il riconoscimento dei nostri diritti. L’obiettivo resta la costituzione di uno Stato palestinese con Gerusalemme Est capitale, il ritorno degli israeliani ai confini antecedenti la guerra del ’67 e il diritto al rimpatrio dei profughi. Meno di questo non possiamo accettare. C’è mai stato un governo di Israele che abbia ritenuto giusto venire incontro alle nostre aspirazioni? Dicono di no a tutto e simulano di essere interessati a una soluzione. Su cosa resta da trattare, allora?”.

    Con Israele non sarà mai pace
    di Gianni Perrelli
    Esclusivo: parla il leader di Hamas in esilio. Annuncia un imminente conflitto. Perché Tel Aviv, dice, non è interessato alle ragioni palestinesi. E dall’America sono arrivate solo parole da Damasco colloquio con Khaled Meshaal

    Khaled Meshaal
    Nel nome di Dio clemente e misericordioso vorrei porre io la prima domanda. È possibile che dopo la guerra di Gaza e la nostra eroica resistenza Israele non abbia ancora capito che nel processo di pace non si può fare a meno di Hamas…? Khaled Meshaal, leader di Hamas, da oltre 40 anni in esilio, lancia l’interrogativo con aria di sfida. Nonostante le gravi perdite (1.400 i palestinesi morti) rivendica la vittoria per il ritiro delle truppe deciso dagli israeliani. Ma mostra di non nutrire illusioni sui tempi brevi. Con il nuovo governo di Benjamin Netanyahu alle porte, si attende solo altre ostilità da Israele. E non nutrendo grandi aspettative neanche sui primi passi di Barack Obama, annuncia la volontà di proseguire sulla strada della forza, “l’unico linguaggio che Israele teme e che può produrre risultati”.

    Questa intervista esclusiva a ‘L’espresso’, ottenuta dopo complicate trattative fra Beirut e la capitale siriana, è la prima che Meshaal rilascia alla stampa scritta dopo la guerra. L’abbiamo incontrato in una sede superblindata alla periferia di Damasco, raggiunta in una macchina con i vetri oscurati. Davanti al portone, militanti armati di Kalashnikov. Misure di sicurezza imposte dall’alto numero (45) di dirigenti del movimento eliminati da Israele. Il capo, in abito grigio e senza cravatta, appare cordiale e rilassato. Mantiene sempre la flemma in una conversazione che prende le mosse dall’incarico di governo affidato a Netanyahu, il premier che nel ’97 ad Amman inviò una squadra del Mossad per avvelenarlo. “Netanyahu è stato il mandante del mio mancato assassinio, ma lui come tutti i premier israeliani ha soprattutto la responsabilità di aver attentato alla vita dell’intero popolo palestinese. Ci sono solo sfumature e non differenze sostanziali fra le posizioni del Likud, di Kadima e del Labour. Da 60 anni non c’è stato un solo governo israeliano che non abbia commesso crimini contro di noi. È meglio fronteggiare una leadership conservatrice che persegue chiaramente i suoi fini piuttosto che l’ipocrisia dei laburisti che fanno solo finta di impegnarsi nel processo di pace e durante i loro governi hanno costruito in Cisgiordania la maggior parte degli insediamenti”.

    Ma con Netanyahu, se Hamas non si apre al dialogo, non si scivola verso un’altra guerra?
    “Non siamo preoccupati di una nuova guerra. Il nostro popolo non sarà mai sconfitto e mai si arrenderà. La sfida ci rafforza perché loro hanno paura di morire e noi no. La pace è possibile solo se nasce una volontà internazionale che prema per il riconoscimento dei nostri diritti. L’obiettivo resta la costituzione di uno Stato palestinese con Gerusalemme Est capitale, il ritorno degli israeliani ai confini antecedenti la guerra del ’67 e il diritto al rimpatrio dei profughi. Meno di questo non possiamo accettare. C’è mai stato un governo di Israele che abbia ritenuto giusto venire incontro alle nostre aspirazioni? Dicono di no a tutto e simulano di essere interessati a una soluzione. Su cosa resta da trattare, allora?”.

    Con l’Anp e Fatah lo Stato ebraico si confronta. Hamas come può sperare nella comprensione se continua a lanciare razzi su Israele?
    “Buona domanda che mi dà occasione di chiarire perché la tregua di sei mesi scaduta in dicembre non sia stata protratta. Israele si era impegnato a porre fine all’assedio di Gaza e ad aprire i varchi. Nulla di tutto ciò è successo. Vogliono asfissiarci, relegarci in un ‘bantustan’. Come si fa a parlare di tregua quando si è sotto assedio? Per garantirsi la sicurezza Israele si ostina nell’errore di scommettere sulla sconfitta militare del nostro popolo. Io ho studiato fisica e sono convinto che anche nelle relazioni politiche valga la legge di Newton: a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Quando cesserà l’aggressione finirà anche la nostra resistenza. Ma se le porte rimarranno chiuse, l’unico sbocco, ripeto, resta la lotta”.

    Che vi lascia isolati.
    “Il mondo dovrà prima o poi aprire gli occhi. La comunità internazionale continua a vedere solo i nostri razzi e a ignorare i loro F 16, e l’uso di bombe al fosforo. Israele si giova del sostegno a priori degli americani, della scarsa credibilità dell’Onu indebolita dalle pressioni di Washington e dalla nebulosità totale dell’Europa che si dimostra inerte o timida. Come fanno tanti leader europei a rimanere impassibili quando vengono calpestati i valori basilari – libertà, diritti umani – della democrazia? Come fanno a non rendersi conto che con una forza di popolo come Hamas non si può non venire a patti?”.

    Ma con Obama il quadro sta cambiando.
    “Tutti lo speriamo. Occorre però un cambiamento sostanziale. Obama parla un linguaggio nuovo, ma non so se è sufficiente. Ci vuole una politica nuova”.

    Se potesse incontrare Obama cosa gli direbbe?
    “Incontrarlo? Ma se neanche mi ha depennato dalla lista dei terroristi… Ma è certo che senza trattare con Hamas neppure Obama potrà fare molta strada. Comunque lo inviterei a considerare l’opportunità di una svolta. Non ci si può appiattire su Israele ignorando i diritti degli altri popoli. Questo cambio di approccio sarebbe nell’interesse non solo della Palestina, ma dell’intero Medio Oriente e degli stessi Stati Uniti. L’America è parte in causa e sarà la prima a perdere se svanirà la prospettiva di pace. I primi segnali purtroppo non sono incoraggianti. Il senatore John Kerry, in visita a Gaza, è rimasto sì sconvolto dalla distruzione, ma ha ribadito il diritto di Israele a difendersi”.

    E come si fa a negarlo? Israele paga da decenni un altissimo tributo di sangue innocente. Prima con gli attentati kamikaze, oggi coi lanci dei razzi anche se nell’ultima guerra c’è stata una sproporzione enorme fra le vostre perdite e le loro.
    “Non siamo sanguinari come ci dipingono. Non vorremmo vittime innocenti, né da noi né da loro. Ma la questione palestinese è diventata una patologia grave. E chi con onestà cerca di diagnosticare le cause non può che individuare nell’occupazione il primo fattore. A noi non resta che reagire”.

    La comunità internazionale sarebbe più attenta alle vostre istanze se riconosceste Israele.
    “Le sembra il momento giusto dopo la barbarie della recente guerra? Israele ha anche troppi riconoscimenti. È il popolo palestinese a dover essere riconosciuto”.

    C’è chi sostiene che a Gaza dopo la guerra parte della gente stia voltando le spalle a Hamas.
    “Le assicuro che il nostro consenso a Gaza, in Cisgiordania e in tutto il mondo arabo è cresciuto notevolmente. Non ci sentiamo isolati. E neanche ci autoghettizziamo. Gli Stati Uniti ci appiccicano l’etichetta di creature dell’Iran o della Siria. Conosciamo questi strumenti di denigrazione. Ma non riteniamo l’America un giudice imparziale. Apriamo le porte a chiunque voglia aiutarci. E chiediamo a chi ci avversa di dire con chi intende negoziare la pace, visto che non vuol legittimare Hamas, andata al potere con elezioni democratiche”.

    Nei territori c’è chi vi rimprovera di aver perso il contatto con la Palestina. Il gruppo dirigente di Hamas sarebbe da troppi anni in esilio.
    “Sì, qualcuno lo insinua. Ma è pura speculazione. Siamo tutti figli della Palestina. Io non posso rientrare a causa dell’occupazione. E come me anche tutta la dirigenza dell’Olp ha vissuto per molti anni in esilio non per volontà, ma per costrizione”.

    A Gaza permane l’incertezza. Olmert subordina la tregua alla liberazione del soldato Shalit.
    “La richiesta aveva già irritato i mediatori egiziani ed è stata seccamente respinta. Olmert è un ipocrita. Solo oggi si ricorda del suo soldato. Noi non accettiamo ricatti. Siamo favorevoli alla liberazione, ma solo tramite uno scambio con i detenuti palestinesi, 12 mila, fra cui bimbi, anziani, malati”.

    Se venisse liberato Marwan Barghouti il traguardo della riconciliazione sarebbe più facile? “Ci auguriamo venga liberato. Ma nessuno può riassumere in sé un’intera causa”.

    Anche all’interno della galassia palestinese c’è bisogno di distensione. È possibile ripristinare un’intesa fra Hamas e la più moderata Al Fatah?
    “Le divergenze possono essere superate a patto di osservare alcune regole. Occorre che i fratelli di Al Fatah rispettino i risultati delle urne. E poi consolidare le basi della democrazia all’interno dell’Autorità palestinese. Il principio irrinunciabile è che tutti difendano in primo luogo gli interessi dei palestinesi. Bisogna stabilire che le nostre forze dell’ordine sono al servizio della sicurezza della Palestina e non – con la regia del generale americano Keith Dayton – di quella di Israele”.

    (26 febbraio 2009)

    Scheda
    Meshaal, il Professore

    Khaled Meshaal, nome di battaglia Abu Walid, è dal 2004 il capo di Hamas. È scampato ad almeno tre attentati. E non dorme mai due notti nello stesso letto. Nato nel 1956 a Silwad, un villaggio presso Ramallah, è padre di sette figli. Nel ’67, dopo la guerra dei Sei giorni, emigra con i genitori (il padre era un imam) in Kuwait, dove a 15 anni aderisce ai Fratelli Musulmani e dove si laurea in Fisica (è soprannominato ‘il Professore’). Cresciuto all’ombra di Al Fatah, se ne distacca e entra in Hamas subito dopo la fondazione. Si trasferisce ad Amman per coordinare le operazioni militari. Da lì si sposta a Damasco da dove gestisce la politica del movimento. (26 febbraio 2009)
    http://espresso.repubblica.it/dettaglio/con-israele-non-sara-mai-pace/2069306/11/0

  16. Pietro Falco
    Pietro Falco says:

    L’Ue ammonisce Israele sulla creazione di uno Stato palestinese

    HLUBOKA NAD VLTAVOU (Repubblica Ceca) – Il nuovo governo israeliano dovra’ accettare il principio della creazione dello Stato palestinese altrimenti “le relazioni diventeranno molto difficili”. Cosi’ il ministro degli Esteri ceco, Karel Schwarzenberg, durante un vertice informale con gli altri responsabili della politica estera dei Paesi membri dell’Unione europea, di cui la Repubblica Ceca e’ presidente di turno. (Agr)

  17. Pietro Falco
    Pietro Falco says:

    Per la cronaca: ricordate Topolanek, che da presidente di turno dell’Ue definì il massacro di Gaza “un’azione difensiva”…?

    la nemesi esiste ancora….

    PRAGA – Dopo che due giorni fa era stato sfiduciato dal Parlamento, il primo ministro ceco, Mirek Topolanek, ha formalmente presentato le dimissioni. Ora, secondo la Costituzione ceca, il presidente Vaclav Klaus dovrebbe accettare le dimissioni e chiedere a Topolanek di rimanere in carica fino alla formazione di un nuovo governo. (Agr)

  18. Pietro Falco
    Pietro Falco says:

    Strette di mano Il ricordo dell’ accordo di Camp David tra le polemiche
    Trent’ anni dopo l’ Egitto congela la pace con Israele
    Solo all’ ultimo il sì del Cairo al suo ambasciatore per una manifestazione. Dagli archivi spuntano gli elogi di Amoz Oz a Begin Dolore Niente celebrazioni, irritati da Lieberman Penso al dolore che hai provato, firmando la fine degli insediamenti ebraici Nobel Hai fatto la battaglia d’ un uomo contro il proprio spirito più profondo. E’ giusto che ti diano il Nobel

    DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GERUSALEMME – «Arriva o non arriva?». Fiati sospesi, nell’ aula magna dell’ Università ebraica. «Dov’ è l’ egiziano?». Forse non viene. «Cominciamo lo stesso?». Aspettiamo ancora, chissà, magari… «Eccolo!». Benvenuto, mister Reda, prego, s’ accomodi: «Signori, buongiorno e benvenuti a questa giornata per il trentesimo anniversario degli accordi di Camp David…». Il benvenuto è soprattutto lui, Yasser Reda, ambasciatore egiziano in Israele. Fino all’ ultimo, dal Cairo non gli hanno dato il via libera. Perché ieri mattina a Gerusalemme si celebrava la storica stretta di mano fra Sadat e Begin, 26 marzo 1979, ma il problema galleggiava da settimane: come festeggiare quella pace, se il nuovo ministro degli Esteri israeliano si chiamerà Avigdor Lieberman? Come far finta di nulla, con uno che qualche mese fa ha mandato Mubarak all’ inferno? I tempi della politica sono più lunghi di quelli della diplomazia, però. E siccome Lieberman non è ancora al governo, via gli imbarazzi. E via coi brindisi, le foto a colori da sovrapporre a quel bianconero della Casa Bianca che stupì mezzo mondo, facendo infuriare l’ altro mezzo. «Nessuno credeva sarebbe durata – ricorda Abdel Said Aly, politologo egiziano -. Invece, quel giorno, finivano 30 anni di guerre e ne cominciavano 30 di pace». Una pace che generò euforia e fu benedetta anche da Amos Oz, già fieramente a sinistra, come si legge da una lettera che scrisse al premier e che oggi spunta dagli archivi: «Non è questo il momento di dirti che cosa ci divide. Grazie e che tu sia benedetto, signor Begin. Penso al dolore che hai provato, firmando l’ eliminazione degli insediamenti. Io che sono sempre stato contrario, so che hai fatto la più difficile delle battaglie: quella d’ un uomo contro il proprio spirito più profondo. E’ giusto che ti diano il Nobel». I costi non mancarono – Sadat ci rimise la pelle, la Lega araba espulse l’ Egitto, 18 Paesi ritirarono i loro ambasciatori dal Cairo, sulle bellezze del Sinai riconquistato calò il cemento selvaggio stile Sharm-el-Sheikh -, ma i vantaggi politici furono maggiori: 15 anni dopo, anche la Giordania capì che fare pace con gli ebrei non era un tabù, e oggi per Israele l’ alleato egiziano è garanzia di stabilità e opportunità economica. Eppure. Quell’ accordo, come intuì Moshe Dayan, resta una pace fredda. Sugli atlanti egiziani, Israele ancora oggi non esiste. «Non facciamo che umiliare l’ unico vicino che ci è alleato», sbottò qualche settimana fa il negoziatore israeliano Amos Gilad, durante le trattative su Gaza. E quando un Lieberman ricorda che «in trent’ anni Mubarak non ha mai fatto una visita di Stato in Israele, che vada all’ inferno», o butta lì che «se l’ Egitto fa troppe storie, possiamo sempre bombardargli Assuan», è vero che urta la sensibilità del Faraone, è chiaro che non si presenti come il migliore dei ministri degli Esteri (dice l’ ambasciatore Reda: «Ci sono tre cose che rappresentano l’ orgoglio egiziano: le piramidi, Assuan e Mubarak. Lieberman ne ha colpite due su tre»), ma intanto dimostra l’ evidenza d’ una relazione senza amore. Nessuna celebrazione, al Cairo: «Gli egiziani continuano a diffidare – scrive Haaretz -. Se andate su una spiaggia di Tel Aviv, non trovate un egiziano». «Questa pace è fredda e schizofrenica – dice l’ analista arabo Emad Gad -. I piani alti dei due Paesi dialogano, fanno affari. Ai piani bassi ci s’ ignora, se non peggio». «La fonte di tante tensioni – rammenta l’ ambasciatore Reda – è sempre e solo la questione palestinese». Ieri, il Jerusalem Post ha invitato Mubarak a venire in Israele. Il Faraone, muto ed enigmatico come una sfinge. In fondo, aveva già risposto un mese fa, quando gl’ iraniani l’ attaccavano per l’ immobilismo su Gaza: «Non accettiamo lezioni. A Israele, noi abbiamo fatto quattro guerre». Francesco Battistini Due Accordi e un Trattato di pace La prima intesa fra un Paese arabo, l’ Egitto, e Israele arriva coi due Accordi del settembre ‘ 78 Il Trattato di pace è del marzo ‘ 79. I contenuti: riconoscimento reciproco, Sinai e circolazione a Suez

    Battistini Francesco

    (26 marzo 2009) – Corriere della Sera

  19. Pietro Falco
    Pietro Falco says:

    Le rivelazioni della Cbs. Avvenuto durante il conflitto a Gaza
    Intrigo internazionale in Sudan,
    raid contro i rifornimenti ad Hamas
    Le autorità di Khartoum avevano accusato gli americani, la tv Usa sostiene la pista israeliana

    WASHINGTON – Intrigo internazionale in Sudan. Durante la crisi di Gaza, misteriosi caccia hanno individuato e distrutto sul territorio sudanese un convoglio di armi destinato ai palestinesi di Hamas. Le autorità di Khartoum, nel rivelare l’episodio hanno fornito due diverse versioni. Inizialmente hanno parlato di 39 vittime, quindi hanno portato il bilancio ad 800 morti (200 sudanesi, il resto somali, etiopi, eritrei). Il ministro delle Infrastrutture Mubarak Saleem ha sostenuto che gli attacchi sarebbero stati due: uno all’inizio di febbraio, il secondo il 10. I camion – secondo la sua versione – trasportavano clandestini e non armi. Quanto alle responsabilità del bombardamento le autorità sudanesi dopo aver accusato gli americani hanno negato di avere informazioni precise mentre la rete tv Cbs – subito ripresa dai media di Gerusalemme – ha sostenuto che i jet erano israeliani. L’azione sarebbe rientrata nel piano d’azione ideato da Gerusalemme e Washington per contrastare il riarmo degli estremisti palestinese. Per questo gli esperti israeliani presentano l’incursione come un chiaro segnale di monito a Teheran.

    LA ROTTA – Da oltre due anni, Hamas, con la complicità di Sudan e Iran, ha creato una “pipeline” che ha permesso di trasferire a Gaza razzi, esplosivi, munizioni. E’ la cosiddetta rotta africana. Il materiale arriva dall’Iran, raggiunge Eritrea o Somalia, quindi prosegue verso l’Egitto attraverso parte del Sudan. Quindi con l’aiuto di alcuni clan beduini del Sinai finisce nella Striscia di Gaza grazie al reticolo dei tunnel. In alternativa al Sudan, i contrabbandieri usano come sponda lo Yemen.

    IL RAID – In base alle indiscrezioni della Cbs l’attacco sarebbe avvenuto in un’area desertica vicino a Mount Al Sha’anoon, a nord ovest di Port Sudan, dove i caccia hanno incenerito 17 camion e i trafficanti di scorta. Forse a bordo dei mezzi vi erano dei missili Al Fajir in grado di colpire Tel Aviv. I sudanesi, inizialmente, hanno ipotizzato che l’incursione potrebbe essere stata lanciata da una base presso Gibuti che ospita anche velivoli statunitensi. Ma le rivelazioni della Cbs che tirano in ballo Israele fanno saltare questo scenario. E sarebbe interessante capire come i jet con la stella di David abbiano bucato le difese aeree degli stati della regione. Altre domande. E’ stato l’unico blitz o ve ne sono stati altri? Sono state colpite anche delle navi? Di certo un mercantile con un carico bellico è stata bloccato a Cipro. E davvero erano armi o, come affermano i sudanesi, si trattava di clandestini? Gli analisti ritengono che per effettuare l’operazione a 1400 chilometri di distanza dal territorio israeliano gli israeliani debbano aver impiegato un buon numero di velivoli. Aerei per la guerra elettronica, rifornitori e di scorta.

    L’INTESA – L’attacco, chiunque sia il protagonista, ha poi risvolti internazionali non irrilevanti in quanto avvenuto in un paese terzo e al centro di un contenzioso diplomatico per il Darfur. Ma soprattutto l’incursione sembra essere il risultato del memorandum di intesa Israele-Usa per impedire le forniture di armi ad Hamas. Un accordo che Gerusalemme aveva posto come pre-condizione per accettare il cessate il fuoco a Gaza. La questione sarà prossimamente al centro di una conferenza internazionale in Canada alla quale parteciperanno rappresentanti di Gran Bretagna, Spagna, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Danimarca, Usa e Israele.

    Guido Olimpio
    26 marzo 2009(ultima modifica: 27 marzo 2009)

  20. Pietro Falco
    Pietro Falco says:

    La rotta
    Dalla Cina alla Striscia il viaggio dei razzi (attraverso l’ Africa)
    Via mare Il percorso alternativo parte sempre da Teheran ma arriva ai palestinesi attraverso imbarcazioni

    WASHINGTON – Hamas conta, da tempo, su un «dipartimento armi» all’ estero, incaricato di agevolare l’ afflusso di materiale verso Gaza. L’ ufficio principale, protetto da riserbo e complicità, si troverebbe a Damasco. Diversi funzionari palestinesi – secondo fonti americane – mantengono i rapporti con i pasdaran iraniani, grandi armieri del movimento, e i trafficanti. Il secondo punto d’ appoggio è in Sudan. Il terzo nel Sinai. Una filiera che ha permesso ad Hamas di dotarsi di strumenti che non cambiano l’ andamento del conflitto ma servono ad alimentare la resistenza. Uno studio statunitense ha rivelato che nel periodo Settembre 2005-Dicembre 2008 i palestinesi hanno ricevuto: 250 tonnellate di esplosivo; 80 tonnellate di fertilizzante utilizzabile per gli ordigni; 4000 razzi anti-carro del tipo Rpg; 1800 razzi. Un quantitativo poi ampliato con l’ acquisizione di missili più moderni: di fabbricazione cinese, sono arrivati smontati, quindi sono stati ricomposti dai «tecnici». L’ intelligence ha anche ricostruito le rotte delle armi. La più importante è quella africana. Il punto di partenza è quasi sempre l’ Iran, anche se non è escluso che alcune «partite» siano state acquistate da mercanti somali e yemeniti. Il terminale è il territorio egiziano del Sinai, la porta per Gaza. I due punti sono collegati da una serie di percorsi che cambiano a seconda delle esigenze. Gli 007 hanno individuato passaggi in Eritrea, Etiopia, Somalia, Sud Africa, Yemen e, ovviamente, Sudan. In Egitto, invece, i palestinesi si affidano ai tradizionali partner: i beduini, che sono in grado di far arrivare qualsiasi cosa, mantengono depositi nel Sinai, sono legati alla mafia dei tunnel che raggiungono Gaza. In qualche occasione entrano nel «giro» alcuni estremisti egiziani. Gli stessi che animano piccole cellule con grandi ambizioni, ma capacità ridotte. L’ altro fronte è quello marittimo. Israeliani e americani sono sicuri che l’ Iran stia utilizzando dei mercantili per trasferire armi dirette ad Hamas ed Hezbollah. Una di queste navi è stata bloccata a Cipro e il suo carico confiscato. Per scoprire le forniture serve un lungo lavoro di ricognizione – satelliti, aerei, unità navali – sommato all’ attività delle spie. Uomini che indicano la partenza di un cargo e il passaggio dei camion. Poi l’ iniziativa passa a forze speciali o caccia che interrompendo la pipeline indeboliscono Hamas e «avvertono» Teheran di non giocare con il fuoco. Guido Olimpio

    Olimpio Guido

    Pagina 15
    (27 marzo 2009) – Corriere della Sera

  21. Pietro Falco
    Pietro Falco says:

    http://www.haaretz.com/hasen/spages/1074443.html

    Ultim’ora

    Netanyahu tira giù la maschera: “Il piano di pace prolungherà l’occupazione”

    Netanyahu peace plan will prolong occupation

    By Haaretz Service

    Tags: Occupation, Netanyahu

    Prime Minister-designate Benjamin Netanyahu’s plan for “economic peace” will only prolong Israel’s occupation of the Palestinian territories, the chief Palestinian negotiator wrote in an opinion piece published Saturday.

    “Rather than ending the occupation, Netanyahu has proposed an ‘economic peace’ that would seek to normalize and better manage it,” wrote Saeb Erekat in the Washington Post.

    “Instead of a viable Palestinian state, his vision extends no further than a series of disconnected cantons with limited self-rule.”

    Netanyahu has said that instead of talking about contentious issues such as the status of Jerusalem, the first step to a lasting peace needs to be the fostering of the Palestinians’ economic situation.

    Under outgoing Prime Minister Ehud Olmert, the Palestinian Authority held negotiations with Israel over a final-status peace accord.

    Erekat, however, said Palestinians have not engaged in years of negotiations to see them fail, warning that their patience was not “unlimited.”

    He urged the incoming government to enforce a complete halt to settlement construction and publicly back the Palestinian bid for statehood.

    “The new Israeli government must unequivocally affirm its support for the two-state solution and the establishment of a viable, independent and fully sovereign Palestinian state based on 1967 borders, and it must commit to past agreements between Israel and the PLO,” he wrote.

    “Without these commitments, Palestinians have no partner for peace.”

    Netanyahu did in fact vow on Wednesday to engage in peace talks with the Palestinian Authority, while stressing the importance of Palestinian economic development.

    In the op-ed, Erekat also praised the United State’s renewed commitment under president Barack Obama to brokering “a just and lasting peace between Palestinians and Israelis.”

    He called on the U.S. to serve as an honest broker capable of creating a level playing field between Palestinians and Israelis during talks.

  22. Pietro Falco
    Pietro Falco says:

    http://www.haaretz.com/hasen/spages/1074437.html

    Un giudice Usa: l’Iran deve pagare 25 milioni di dollari per l’omicidio di un soldato israeliano.

    Domanda: moltiplichiamo per 1400, e facciamo risarcire anche il popolo di Gaza…?

    Per le altre decine di migliaia di vittime degli anni precedenti ne riparliamo un’altra volta…

    U.S. judge: Iran must pay $25 million for murder of IDF soldier

    By The Associated Press

    Tags: Hamas, Nachshon Wachsman

    A U.S. judge on Friday ordered Iran to pay $25 million plus interest to the family of Israeli soldier Nachshon Wachsman, who was kidnapped and executed by Hamas in 1994.

    Wachsman was a 19-year-old U.S. citizen and Israeli army corporal when he was taken by four members of Hamas, designated a terrorist organization by the United States. His abduction damaged Israeli-Palestinian peace negotiations at the time, as he pleaded on videotape for his life.

    Wachsman’s mother and six brothers filed the lawsuit in 2006 against Iran and its ministry of information and security, saying Tehran was responsible for the death because it provided training and support to Hamas. Iran has refused to respond to the lawsuit, resulting in a default judgment in favor of Wachsman’s family.
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    U.S. District Judge Ricardo Urbina awarded $5 million to Wachsman’s mother and $2.5 million to each brother for their emotional distress, and $5 million to Wachsman’s estate for his potential lost earnings and the pain and suffering he endured for six days while he was held hostage before being executed. The court also ruled that Iran should pay 6 percent annual interest from the date of Wachsman’s murder nearly 15 years ago.

    “It is unclear if the family will get any of the money,” said Michael Jacobson, a former senior adviser in the Treasury Department’s office of terrorism and financial intelligence.

    “It’s been historically pretty difficult to collect against those types of cases,” said Jacobson, now a senior fellow at The Washington Institute for Near East Policy. But he noted that the courts could seize any assets of Iranian entities in the United States to help pay a judgment.

    Wachsman was abducted by four members of Hamas on October 9, 1994, as he waited on the side of a public street near the central Israeli city of Lod for a ride to visit a friend. The kidnappers wore black hats and yarmulkes as disguises that allowed them to lure Wachsman into their rented van, which had Israeli license plates.

    The abductors blindfolded and bound Wachsman, then took him to a safe house in Bir Nabala, an Arab village just north of Jerusalem, where they videotaped him with his identification card and Israeli army-issued M-16 rifle. They demanded the release of the jailed Hamas leader and 200 other Muslim fundamentalist prisoners by Oct. 14, 1994, in exchange for Wachsman’s life.

    On video, Wachsman urged Israel to meet the kidnappers’ demands. “If not, they will kill me,” he said. “I ask you to do all you can so I get out of here alive.”

    The kidnapping increased tensions between Israel and Palestine, with Israeli Prime Minister Yitzhak Rabin cutting off peace negotiations and telling Palestinian leader Yasser Arafat that he was holding him personally responsible for the soldier’s safe return.

    Israeli security forces captured one of the abductors, who told them where Wachsman was being held. An Israeli commando unit raided the safe house shortly before the deadline on Oct. 14, and as they attempted to blow down heavily fortified doors with explosives, the kidnappers shot Wachsman. An Israeli soldier and all three remaining kidnappers were killed in an ensuing fire fight.

    The court found that several of the Hamas members instrumental in Wachsman’s abduction and execution either received terrorist training by Iran’s Revolutionary Guard or were related to those who received the training.

    “The financial support, tactical training and political direction that Iran provided to Hamas proximately caused the abduction and execution of Nachshon,” Urbina concluded.

    Wachsman was born in Jerusalem, but was a citizen of the United States. His mother is a U.S. citizen who moved from New York City to Israel in the late 1960s, and his brothers are all dual citizens of the United States and Israel.

    The court says it can issue a ruling against Iran from Washington for several reasons, including that this case involves a hostage taking of a U.S. citizen; that the plaintiffs are U.S. citizens; and that similar conduct by U.S. agents within the United States could be subject to a similar lawsuit.

    The Wachsman family details in court filings how they have struggled with his violent and public death, with his mother diagnosed with post traumatic stress disorder and on medication and one brother having attempted suicide three times in his grief.

    The family also presented evidence that Wachsman, six months out of high school at the time of his death, planned to become a doctor one day. That led to a $3 million judgment for his lost earnings alone.

  23. Vox
    Vox says:

    @ Pino
    Non so se riusciro’ a tradurre quell’articolo prima della prossima settimana, ho un lavoro urgente da finire per martedi’. Faro’ del mio meglio, se ne hai ancora bisogno.

  24. Vox
    Vox says:

    OBAMA

    Piu’ che non essere un uomo di paglia (come tutti vorremmo sperare), a me sembra che la catastrofica situazione economica stia costringendo gli Usa a optare per piu’ sagge soluzioni (politiche invece che militari). Ormai e’ chiaro a tutti, a cominciare dal Pentagono, che l’Afghanistan non e’ conquistabile (a meno di buttarci sopra una bomba atomica,”cosa che non possiamo fare”, come ha detto con una punta di rincrescimento Zbigniew Brezhinsky) e che l’escalation col Pakistan e’ tutt’altro che desiderabile. Finirebbero per impantarcisi alla grande e gli altri membri della Nato, malgrado facciano buon viso a cattivo gioco in pubblico, in realta’ stanno cominciando a recalcitrare e a volersene tirare fuori.

    Se uno dei risvolti della crisi sara’ “meno guerra e piu’ diplomazia”, da un male nascera’ del bene.

  25. Vox
    Vox says:

    BROGHEZIO “INSEGNANTE” FASCISTA

    FRANCIA:
    L’europarlamentare, noto per le sue invettive e azioni razziste e xenofobe, suggerisce le tecniche più efficaci per infiltrare le istituzioni.

    Una di esse, come spiega, è quella di presentarsi come movimento territoriale e occupare in primo luogo i piccoli comuni, per poi arrivare “là dove si vuole arrivare”.

    Tutto questo, ovviamente, va fatto con discrezione, “non bisogna assolutamente cedere alla tentazione di dichiararsi fascisti”.

    Il suo intervento, ripreso dalla tv francesce Canal+, ha fatto velocemente il giro della rete. E ora il corso accelerato di neofascismo è arrivato anche in Italia.
    (La Repubblica)

  26. marco tempesta
    marco tempesta says:

    Una di esse, come spiega, è quella di presentarsi come movimento territoriale e occupare in primo luogo i piccoli comuni, per poi arrivare “là dove si vuole arrivare”.
    —————
    Sarà una tecnica valida per i montanari, ma da noi in Meridione non funzionerebbe e non funzionerebbe neanche nel resto dell’Italia normale. I parametri sono altri.

  27. Sputano su Eluana e sulla Costituzione
    Sputano su Eluana e sulla Costituzione says:

    Il “disegno Anti-Eluana” consente
    ciò che la Costituzione, invece, vieta
    L’articolo 32 della Costituzione repubblicana (richiamato dalla sen. Finocchiaro nella dichiarazione di voto contro il disegno di legge “Anti-Eluna”) vieta espressamente di sottoporre i pazienti a trattamenti sanitari contro volontà. Il principio fu proposto da Aldo Moro. Fu accolto dalla Costituente dopo un’intensa discussione. Di seguito riportiamo il testo costituzionale brevemente commentato.
    “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”, così recità testualmente l’Art. 32 della Costituzione, secondo comma.
    Nell’adunanza plenaria della Commissione per la Costituzione tenutasi il 28.1.1947 fu molto discusso il primo periodo del secondo comma (“Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”).
    Il testo venne infine approvato nell’intendimento di vietare esperimenti scientifici sul corpo umano che non siano volontariamente accettati dal paziente.
    Nel dibattito si parlò di inammissibilità delle “cavie umane”; con l’esclusione tuttavia dei trattamenti sanitari (vaccinazioni, ecc.) che siano resi obbligatori per legge nell’interesse della salute pubblica, sempre che non siano violati i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
    Una spiegazione della portata di questa ultima parte dell’articolo fu fornita dal proponente on. Moro, con particolare riferimento al caso della sterilizzazione: “Non si vuole escludere il consenso del singolo a determinate pratiche sanitarie che si rendessero necessarie in seguito alle sue condizioni di salute”, precisò il giovane leader della DC. “Si vuole soltanto vietare che la legge, per considerazioni di carattere generale e di male intesa tutela degli interessi collettivi, disponga un trattamento del genere”, aggiunse Aldo Moro, già allora fautore di una filosofia del diritto ispirata al personalismo cristiano di Matitain, puntualizzando che: “i casi invece di carattere generale da applicarsi a tutti i cittadini devono essere disposti per legge entro quei determinati limiti di rispetto della dignità umana” (cors. red.).
    Tali limiti, aggiungiamo noi, appaiono letteralmente oltraggiati dal “Disegno anti-Eluana” in quanto esso prevede la possibilità di sottoporre dei pazienti dissenzienti a un accanimento terapeutico che violenterebbe in modo inaudito la loro libera volontà e dunque la loro dignità personale.
    Così la destra berlusconiana, a quindici anni dalla famosa discesa in campo contro “la delegittimazione giudiziaria dell’avversario”, fuoriesce progressivamente dal campo di possibilità della legittimazione costituzionale. Fin quando e fin dove continuerà l’attuale deriva clerico-fascista?

    Cf. La Costituzione della Repubblica Italiana illustrata con i lavori preparatori (a cura di V. Falzone, F. Palermo, F. Cosentino), Milano, Mondadori, 1976.

  28. Controcorrente
    Controcorrente says:

    Meno male che Fini c’è….

    E’ il titolo dell’articolo di Eugenio Scalfari di oggi sulla Repubblica se non vado errato…
    La cosa che più mi ha impressionato è il fatto che “il grande vecchio” del giornalismo liberal-democratico italiano ha ripreso è il concetto di “blocco sociale”.
    Credo di “gramsciana memoria”…
    Da questo punto di vista…osservando con “lucidità” e non con i paraocchi quanto è avvenuto al congresso del PDL e se si vuole essere onesti osservando da un angolo di visuale più “piccolo” quello del “quotidiano” che ci “circonda”..credo che le due cose si saldino perfettamente..

    L’italia oggi è “quella roba Lì!..bella..brutta..che sia ..non importa è quella roba Lì…
    Grosso modo..pur con i dovuti “cambiamenti”sociali ,economici,tecnologici,politici,..è sostanzialmente lo “stesso blocco sociale”che avrebbe dato a Benito Mussolini, se si fosse andati a votare un consenso “bulgaro”dopo la “creazione dell’Impero”…Vi ricordate…

    Che dire ..Eugenio Scalfari ..come Benedetto Croce..e tutti gli altri come gli Aventiniani dispersi e battuti. Non .capirono prima e stentarono a capire anche per molto tempo dopo…
    E cioè che L’Italia è quella roba lì..bella o brutta che sia..

    A questo punto direi che solo fattori “esogeni” possano scalfire nel breve periodo “questo blocco sociale”, ..per cui prepariamoci ad un “lungo periodo”di purgatorio..inteso anche nel senso del “verbo”…chi non vuole far parte di Questo blocco sociale si prepari ad un lungo periodo di metidazione…senza però cospargersi troppo il capo di “cenere”…semmai depurandosi di troppo verbalismo inutile…non si può infatti scalare il Monte Bianco muniti di “pantofole”..credo non ci sia mai riuscito ..nessuno..
    Infatti la “minoranza è attrezzata di pantofole…
    Che dire…smettiamola solo di “dire “ che è tutta “cacca”, si rischia solo il ridicolo…

    Fini..? è solo un fattore endogeno e questo purtroppo temo lo sappia anche lui..

    cc

  29. AZ Cecina Li
    AZ Cecina Li says:

    L’Italia “è quella roba li”, perfettamente d’accordo con Scalfari su quasi tutto, l’unica divergenza è sul fatto che per non rischiare il ridicolo non si deve dire “è tutta cacca”.
    Chi ha conservato narici sensibili e, nonostante il deodorante mediatico sparso a tonnellate da TV e giornali, avverte l’inconfondibile odore della “cacca”, per amore della verità e della propria dignità, deve dire che “quella cosa li è cacca” fregandosene del ridicolo, sempre meglio ridicoli che falsi ed ipocriti.
    NO!! È un film già visto vecchio di 80 anni, per non apparire ridicoli si comincia a far finta che il puzzo di merda sia mughetto, e si finisce a scrivere di mistica fascista e di difesa della razza, questo Scalfaro dovrebbe saperlo.

    Antonio - – – antonio.zaimbri@tiscali.it

  30. Controcorrente
    Controcorrente says:

    Scalfari,ha fatto una brillante “analisi”,si è solo dimenticato di fare il passo finale..anche se pur avendo indivuato i sintomi stenta a concludere che nel nostro “patrimonio genetico” i geni della liberaldemocrazia, non esistono…

    Il riferimento alla cacca era puramente formale , in quanto va letto nel senso che un automobile è sempre un automobile..ovvero è inutile chiamarla “triciclo” per il solo gusto della “differenziazione ad ogni costo..diciamo che è un automobile di c..a

  31. Controcorrente
    Controcorrente says:

    caro antonio,

    ma hai perfettamente ..ragione..gli italiani da sempre hanno finito per scambiare la” m” con il mughetto…è il loro limite strutturale .storico di Poppolo..c’è ben poco da fare..
    Ogni tanto qualcuno se ne accorge ..e fa il Berlusconi..in pieno consenso democratico..

    Mi viene in mente quella vecchia “barzelletta del “guaglione” napoletano che a Posillipo vendeva con un grande cesto palline scure color cacao…”Cento lire signore , solo cento lire ..a pallina che indovina..”

    cc

  32. "I crimini israeliani: dal Muro della Vergogna alle stragi a Gaza e in Libano".
    "I crimini israeliani: dal Muro della Vergogna alle stragi a Gaza e in Libano". says:

    Giovedì 2 aprile 2009 a Cremona, presso la sala Zanoni,Via Vecchio Passeggio 1, ore 21.00, proiezione del film-documento “I crimini israeliani:
    dal Muro della Vergogna alle stragi a Gaza e in Libano”.
    Serata in solidarietà alla resistenza palestinese
    e a Gaza, contro la criminale aggressione israeliana per il
    boicottaggio dei prodotti israeliani.

    Organizzano: L’altra Lombardia – SU LA TESTA e Partito
    di Alternativa Comunista
    Aderiscono: Associazione “Immigrati Cittadini” di Cremona,
    Centro islamico “La Speranza” di Cremona,
    Associazione di Amicizia Italia-Cuba Circolo “Hilda Guevara”
    di Cremona, il Coordinamento giovanile comunista “Emisfero
    rosso” di Cremona

    Questo documentario è stato realizzato da una delegazione
    dell’associazione L’altra Lombardia – SU LA TESTA che si è
    recata in Palestina e in Libano.
    Saranno presenti gli autori del filmato, Mariella Megna e
    Giorgio Riboldi, e Angelo Frigoli (Consiglio Nazionale del
    Partito di Alternativa Comunista).
    Il filmato è stato presentato a Cagliari alla VI rassegna
    internazionale del cinema palestinese organizzata
    dall’Associazione di amicizia Sardegna – Palestina e al
    Cairo (Egitto) alla VI Conferenza del Cairo contro
    l’occupazione USA e sionista.
    Sarà inoltre presentata un’intervista esclusiva di Giorgio
    Riboldi ad Abu Ahmad Fouad, membro dell’ufficio politico del
    Fronte popolare (FPLP) a Damasco.
    L’iniziativa si inserisce in un programma di manifestazioni
    per promuovere la campagna di boicottaggio, disinvestimento
    e sanzioni contro l’entità israeliana iniziata nel 2005 da
    un gruppo di associazioni palestinesi.
    Saranno a disposizione dei partecipanti vari materiali sulla
    questione palestinese e sulla striscia di Gaza.

    Associazione L’altra Lombardia – SU LA TESTA
    Sede nazionale Milano
    e-mail : laltralombardia@laltralombardia.it
    telefoni : 339 195 66 69 oppure 338 987 58 98
    sito internet http://www.laltralombardia.it
    ***************************************************************
    Siamo disponibili per presentazioni. del nostro nuovo filmato
    “I crimini israeliani. Dal Muro della Vergogna alle stragi a Gaza e nel
    Libano”
    Scrivete a laltralombardia@laltralombardia.it

  33. sylvi
    sylvi says:

    Da che ricordo, ci sono sempre stati due treni direttissimi Roma- Vienna, il Romulus e il Remus.
    Fermavano nei centri più grossi e a Tarvisio dove cambiavano personale con quello austriaco.
    Da Udine potevamo andare tranquillamente a Klagerfur o a Graz a treatro o a un concerto.
    Per andare invece ” in Italia” dovevamo cambiare a Mestre!

    Da un anno le FS italiane hanno abolito questi treni, senza fornirci di altri mezzi che non ci obbligassero, al solito, a cambiare a Mestre, per noi caput mundi dello Stivale.

    L’Austria ha ora predisposto dei grandi pullman che fanno Venezia- Vienna con fermate nella capitale della Karinzia e della Stiria.
    Comodissimi!
    Si va e si torna in giornata, a Klagerfur e a Graz,oppure si ritorna il mattino dopo.
    Sono puntuali e puliti. Costa 10 euro a/r.
    A quando lo Stato italiano ci rimporrà il passaporto?

    Alla fine: chi se ne frega!
    Di buona musica in Austria ce n’è a bizzeffe!
    Guten tag.

    Silvy

  34. Vox
    Vox says:

    @ Anita
    Lei che e’ cosi’ pratica di internet lo trovera’ senza problemi spulciando un po’ i vari discorsi e interviste di Brezhinsky.
    Il resto sono mie opinioni e conclusioni personali.
    Saluti

  35. Anita
    Anita says:

    x VOX

    Lei ha scritto:
    ” Ormai e’ chiaro a tutti, a cominciare dal Pentagono, che l’Afghanistan non e’ conquistabile”

    Il Presidente non ha mai detto questo.
    Infatti Barack Obama e’ convinto che vincera’ la querra contro il Taliban e contro al Quaeda.

    Le relazioni col Pakistan sono sempre state amichevoli, il Pakistan ha sempre fatto doppio gioco.

    Barack Obama ha detto:

    ” I vow to eliminate Osama bin Laden and his merry band of terrorists, going right into Pakistan to do it.
    This means a further elevation in the “War on Terror”.
    ~~~~
    Splitting Pakistan into different provinces is a scenario desired by Obama’s foreign policy adviser and Trilateralist Zbigniew Brzezinski.

    Saluti Anita

  36. Controcorrente
    Controcorrente says:

    …………….Secondo quanto è trapelato, una prima candidatura di Carlo Rossella (candidatura gradita ad ambienti berlusconiani e ad alcuni azionisti) sarebbe tramontata proprio all’ultimo momento per il parere contrario di alcuni soci rilevanti, e un successivo accordo si sarebbe trovato nelle ultime ore sul nome di De Bortoli. Formalmente, comunque, lo speciale statuto vigente al quotidiano di via Solferino prevede che la proposta di nomina del direttore debba essere innanzitutto sottoposta dai soci alla redazione………..

    Un comunque sentito “ringraziamento” a quanti, per i più svariati motivi, non hanno “voluto” che un genio come Carlo Rossella , dirigesse il Corsera…
    per lui ci auguriamo vivamente una Premio di consolazione ..con La Carfagna possono sempre fare una ” prestazione ” in coppia …che sò ad Amici..un bel tango..!!

  37. Uroburo
    Uroburo says:

    Eccomi qui dopo tre giorni alle terme: piscina calda, sauna, massaggi e relax. Molto riposante.
    La cucina svizzero-tedesca rimane una cucina molto saporita.
    I vini sono tutti barricati. Leggi: una schifezza.
    Non bevete mai vini barricati, non valgono nulla. U.

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