In attesa di sapere se davvero Olmert attaccherà anche l’Iran ecco i racconti di una brava inviata in Israele

Non so se l’Israele bombarderà davvero l’Iran il giorno 20, schiaffeggiando così pubblicamente e clamorosamente anche Obama nel giorno del suo insediamento alla Casa Bianca. Il governo israeliano è ormai fuori controllo, condotto da omuncoli come Olmert capaci di lucrare perfino sugli orfani gonfiando le note spese dei viaggi sta spingendo il suo Paese in un tunnel sempre più buio, ma sa che può contare su gran parte dell’opinione pubblica occidentale grazie all’ignoranza in cui è tenuta dalla propaganda dei mass media, che quando si tratta di Israele di informazione ne fanno meno che mai. Tant’è che tutti si bevono la balla dei civili usati come scudi umani dagli stessi palestinesi, balla inventata per tentare di giustificare l’ignobile mattanza e pulizia etnica in corso nella Striscia di Gaza. Che sia una balla lo dimostra sia la mancanza di ribellione dei civili contro Hamas – e anzi anche Al Fatah, cioè gli uomini di Abu Mazen,  ora combatte affianco ad Hamas! – e sia il fatto che si tratta di affermazioni dell’ufficio stama (e propaganda) delle forze armate israeliane, cioè di uno dei due contendenti. Che per giunta – guarda caso – non vuole la presenza di giornalisti, così come da sempre non vuole l’Onu tra i piedi. Ora forse si capisce meglio cosa successe in realtà a Jenin, quando anche nostre balde giornaliste di parte si bevvero, e propinarono, la bella versione scodellata loro a botta calda da un ben preciso ufficiale portavoce dell’esercito. Ora non ne ricordo il nome, ma quanto prima tornerò su quella vergognosa vicenda.
In attesa dei giorno 20, giorno comunque fatidico se non altro perché si insedia Obama e in troppi sperano da lui l’impossibile, vi propongo dei reportage di una collega da Israele. Vi propongo i post della collega Barbara Schiavulli, de L’espresso, scritti per il suo blog. Barbara ha lavorato a lungo anche in Iraq per vari giornali dopo l’invasione angloamericana, quando i giornali preferivano non mandare i loro inviati per paura dei continui attentati e del pericolo di rapimenti.  Barbara è quindi una collega brava e coraggiosa, oltre che sempre molto informata specie per il Medio Oriente. Dopo l’invasione di Gaza è stata mandata in Israele, dove anche a lei è stato impedito di mettere piede nella disgraziata Striscia di Gaza. Ho deciso di dedicare una puntata alle sue annotazioni in Israele riguardo le cose che ha visto e vissuto.

BENVENUTA IN ISRAELE

1 gennaio 2009 – Non c’è niente da fare. Ci sono cose che non cambiano mai. Nemmeno le mie reazioni riescono ad essere più evolute di dieci, o cinque o due anni fa. Nemmeno di tre mesi fa. Arrivo all’aeroporto di Tel Aviv, con un volo Alitalia, come sempre in ritardo. Scendo, sono con un collega. Il sole filtra attraverso le grandi vetrate, c’è sempre un po’ di emozione a tornare in Israele. D’altra parte tutto è cominciato qui anche per me. Questo posto è stato lavoro, casa, amici, ho scritto i miei primi pezzi, ho raccontato le prime storie, ho visto persone morire, persone fuggire, persone scomparire. Ho conosciuto il dolore in questo posto. La rabbia. La rassegnazione. Mi sono imbattuta nella forza delle persone che affrontano la sofferenza, le loro vite fatte a pezzi. Quando vivevo a Gerusalemme, ho vissuto la sottile paura che ti accompagna quando sali su un autobus o ti fermi a fare uno spuntino in un bar. Ho imparato ad abituarmici come fa la gente che vive in situazioni estreme. Da una parte o dall’altra. Sono trascorsi anni e faccio a fatica a distinguere il dolore dei palestinesi da quello degli israeliani. Non riesco a essere di parte. Ricordo una ragazza di 19 anni che doveva sposarsi e invece è morta con il padre il giorno prima delle nozze, spazzata via da un kamikaze. Credo di non aver mai pianto tanto ad un funerale circondata dai parenti della ragazza che erano venuti per il matrimonio. “Tu sarai sempre la mia sposa”, disse il suo fidanzato mettendole l’anello sul panno di velluto che copriva il suo corpo devastato. Poche ore prima invece avevo visto morire un bambinetto palestinese colpito da un pezzo di cemento schizzato da una casa. Un carro armato israeliano stava sparando contro l’edificio per far uscire quattro militanti. Il bimbo che indossava una magliettina rossa è stato colpito in piena faccia. E’ rimasto un buco nero.
Insomma torno a oggi. Era solo per dire che questo è un posto che ho dentro. Con tutte le sue contraddizioni, con i suoi problemi, i suoi torti e le sue ragioni. Arrivo all’aeroporto, la ragazza del controllo passaporti guarda schifata il mio passaporto quasi nuovo. Ho solo tre timbri: Emirati Arabi Uniti, Afghanistan e Pakistan. Un attimo prima le ho chiesto con gentile fermezza di non mettermi il timbro israeliano. Altrimenti al mio ritorno dovrei rifare il passaporto, perché molti paesi arabi non ti lasciano entrare se hai un visto israeliano. Giusto o sbagliato che sia, questo è quanto. La ragazza, una ricciolina che vedrei meglio su un cubo in discoteca, che immersa nella sua divisa troppo stretta, chiama la sicurezza. Vorrei già cominciare a urlare.
Arriva un poliziotto, mi accompagna in una stanzetta e si dimentica di me. Accanto ho un ragazzetto svizzero che ha la mamma israeliana e la sorella che l’aspetta fuori, più in là c’è una ragazza bionda, probabilmente russa e uno con una giacca rossa firmata Ferrari dai tratti somatici che sembrano arabi. “E tu che ci fai qui? Perché sei pericoloso?”, dico al ragazzo, che andrebbe punito solo per la bruttezza delle scarpe. “Ho il timbro del marocco, ci sono andato in vacanza un paio di mesi fa”. Annuisco. Cavoli, un israeliano che va in vacanza in marocco. Molto pericoloso. “E tu?” mi chiede lui. “Sono una giornalista, capita spesso, soprattutto perché ho tanti visti di paesi arabi”. “Eh già – dice lui – questa è la democrazia israeliana, ma bisogna anche capire”. Capisco sul momento, ma dopo due ore non capisco più. “Mi scusi?”, mi affaccio e chiamo una poliziotta. “Stia seduta e aspetti il suo turno non vede che sto parlando con qualcun altro?”. Comincio a pensare che invece di arrabbiarmi forse dovrei chiamare l’ambasciata. Poi penso, cavoli e il primo dell’anno, non possono tirarla tanto per le lunghe. Neanche quella poliziotta può essere maleducata e prepotente come quasi sempre accade. Ovviamente sono solo ottimista. Scalpito. Sbuffo. Fumo. (non una sigaretta, dalle orecchie). Una piccola tv manda le immagini di Gaza. Dovrei essere già essere in albergo e pensare al da farsi. Invece sto qui. Tiro fuori un libro, mi metto a leggere. Piano piano tutti se ne vanno, arrivano altri.
“Venga”, mi dice una della sicurezza che mi porta in uno stanzino. “Dobbiamo farle qualche domanda”. “Ok”. “Vedo che è stata tante volte qua”. “Seguo questa zona”. “Ah si?”. “Già”. “E conosce persone suppongo”. “Qualcuna, sa faccio la giornalista”. “E per chi lavora? E da quando? E quanto resta, e dove andrà?, ha un tesserino? Non ne ho mai visto uno così”. Lo so, il tesserino dell’ordine dei giornalisti è un po’ ridicolo, ma è quello che passa il convento, per il resto, rispondo come posso, nel modo più vago possibile. “In quali paesi arabi è stata?”. “Tutti”. “Tutti quali?”. Sciorino un elenco, non mi ricordo neanche cosa ho mangiato ieri, figuriamoci dove sono stata catapultata negli ultimi anni. “Conosce qualcuno in quelle zone?”. “No parlo con le piante”.
“Intendo se ha amici”. “Non ho amici. Sono antipatica e asociale”. Mi chiede dove abito, il mio numero di telefono. “Sono qui solo per raccontare questa storia”. Quale storia? “Quello che sta succedendo a Gaza”. “Ah – dice lei – e ha intenzione di entrare?”. Quando apriranno entrerò con tutti i colleghi del resto del mondo. “Non lo sa che è zona militare e non si può entrare?”. Lo so, ma prima o poi apriranno. “Non credo”. Strabuzzo gli occhi. Ammetto di essere esausta. Ho fame. Le vetrate non filtrano più il sole, è buio. “Va bene può andare”. Mi alzo e aspetto la poliziotta maleducata che mi deve riportare il passaporto. “Va bene la lasciamo andare”, mi dice venendomi incontro. “naturalmente”, le rispondo io. “Naturalmente? Possiamo anche rispedirla indietro se vogliamo”. Fatelo. Rispeditemi.
Invece mi volto e vado verso l’uscita. Prendo un taxi, chiamo i miei amici israeliani per salutarli, chiamo i miei amici palestinesi per salutarli. Non voglio parlare di politica, voglio solo sapere come stanno. Arrivo a Gerusalemme, il tassista non è molto pratico, fa un giro lungo, non gli dico niente, mi godo la vista, mi lascio avvolgere dalla bellezza della Città Vecchia. Le guglie delle mura nascondono un tesoro di viuzze. Mi piace anche la parte ovest quella israeliana, da qualche parte c’è la mia vecchia casa. Arrivo in albergo. Non ho ancora cominciato a lavorare e già sto dando di matto. Meno male che Gerusalemme mi calma. Amo questa città. I visi conosciuti di quelli dell’albergo mi accolgono come una vecchia amica. “Appena abbiamo visto il casino, sapevamo che saresti arrivata, ma ci verrai mai qui una volta che non succede niente?”. Chissà se non succederà mai niente in questo posto. Chissà se si potrà morire di noia, di vecchiaia e di gentilezza? Da una parte e dall’altra.
TELEFONI E TRAMONTI

5 gennaio 2009 – Saluto un mio amico. Gli telefono, mi racconta che si e trasferito in a Tel Aviv, l’aria di Gerusalemme non trattiene i giovani. Troppe tensioni, troppi radicalismi, troppi problemi. La gente ha voglia di serate spensierate e di non pensare sempre alla politica che pende sulle loro teste. Non parliamo della situazione a Gaza, perché entrambi ci conosciamo da abbastanza tempo da sapere che non andiamo d’accordo. Ma si puo essere amici lo stesso. O per lo meno un tipo di amici. Decidiamo di vederci per un caffe quando scendo a tel aviv per delle interviste, ma mentre parliamo, arriva una telefonata. Anche se non capisco quasi niente, tranne che “si” e “si”, so che qualcosa sta accadendo. Torna con la voce un po’ mesta. “Niente caffe, sono stato appena richiamato in servizio, magari, invece, ti vedo a Gaza. Ma stai attenta, questa volta si fa sul serio”. In un attimo un ragazzo normale si trasforma in un soldato. Che si facesse sul serio non c’erano dubbi. Anche il fatto che i giornalisti siano tenuti fuori da quello che accade è significativo. Non era mai accaduto che il mondo restasse fuori. I tempi cambiano e quasi mai in meglio. Chiudo la telefonata, chiamo un altro amico, questa volta a Gaza. La sua voce è spezzata. Dice che vista la situazione sta bene, ma è molto preoccupato per i bambini, vogliono uscire a giocare e non riescono a capire che non si può. Ormai da giorni stanno tappati in casa e tremano quando sentono le esplosioni. Scherziamo sulle vacanze, mentre in sottofondo sento dei tonfi. Parliamo di tutto, tranne di quello che accade. Mi chiede dell’Italia, del Natale, di quello che ho fatto nell’ultimo viaggio in Pakistan, mi rendo conto di essere i suoi cinque minuti di evasioni. Per un attimo lo trascino fuori da Gaza, gli racconto dei regali di Natale, del pranzo, della mia famiglia, alcune cose le invento per renderle ancora piu belle e dall’altra parte del cellulare lo sento sorridere. Ci salutiamo, gli prometto di chiamarlo ancora, gli dico di salutarmi i bambini e di fare tanta attenzione. Chiudo. Ho la pelle d’oca. E’ uno dei pochi posti dove non sembrano esserci spiragli, da una parte un paese che fa credere ai suoi cittadini di volerli proteggere, e anche se credessi alle buone intenzioni, non credo sia tutto lì, soprattutto quando le guerre scoppiano sotto elezioni. Dall’altra un paese che indossa l’abito da vittima sempre e che lo giustifica per qualunque cosa. Se per una volta provassero a non guardare sempre indietro. Non so che dire, ogni volta che si da ragione ad uno, sembra si voglia dare torto all’altro. Ma qui non e cosi semplice. Non lo è affatto. Vado a vedere il tramonto sulla citta vecchia, l’unica cosa che gli uni e gli altri non si possono portare via.

SENZA TITOLO

5 Gennaio 2009 – Per noi giornalisti la guerra si vede da una collinetta di Sderot. Si lascia di poco la cittadina, si segue una strada deserta, poi si sale un piccolo mucchio di terra, quattro scalini e si raggiunge l’ombra di un albero. Ci sono due corde che reggono una tavola di legno che faceva da altalena. Doveva essere un bel posto per dondolarsi e perdersi in quell’orizzonte che sconfina nel mare calmo. Solo che tra il mare e noi c’è Gaza e colonne di fumo che si alzano verso il cielo.
Intorno decine di telecamere accese che puntano sull’unica cosa che possono vedere. Non si entra a Gaza, e gli israeliani, te lo dicono senza tanti problemi, non vogliono giornalisti dentro che si muovano senza controllo. Obiettivi tirati al massimo dunque, che sobbalzano al suono dell’artiglieria israeliana. Non arrivano le grida di dolore di Gaza, a pochi chilometri, ma qualche razzo non manca di atterrare nei campi aperti. La gente si butta nei rifugi, molti tremano di paura. Una donna piange e un’altra le accarezza il viso e cerca di rassicurarla.
Sono due mondi inconciliabili, sono le loro paure e le loro similitudini a dividerli. Mi chiedo perché io riesca a sentire l’orrore delle famiglie di Gaza e quello di Sderot, e loro non riescono a vedere quello dell’altro. Sanno solo rinfacciarsi accuse, torti, forse anche ragioni, ma non riescono a capire quanto il loro dolore sia simile alle loro paure. Nessuno come un residente di Sderot sa cosa significa vivere con un missile che vola sulla testa, nessuno come uno di Gaza sa cosa significa vivere un razzo che vola sulla testa. Ognuno chiede all’altro di fare il primo passo, ma in realtà nessuno si muove, si lasciano martoriare al cospetto della cattiva politica di entrambi i popoli, al cospetto dell’odio.
Ieri un palestinese mi ha detto “vogliono ucciderci tutti, per questo resistiamo”. Oggi un israeliano mi ha detto: “vogliono ucciderci tutti per questo ci difendiamo”. Stamattina a colazione un’israeliana mi ha detto: “un morto israeliano vale cento arabi, d’altra parte a loro non interessa morire, non soffrono, vogliono tutti diventare martiri, lo vediamo, lo dicono in continuazione”. Poco dopo un palestinese mi diceva che “non esistono israeliani innocenti perché sono tutti soldati pronti ad imbracciare un fucile per uccidere i palestinesi”. Fanno gli stessi discorsi. Sono tutti pronti a morire per questa terra maledetta, nessuno per dividerla pur di viverla.
LACCA E POLVERE DA SPARO
7 gennaio 2009 – Salgo su un taxi. L’autista con la kippa incollata alla testa guarda nello specchietto retrovisore e dopo aver capito che non parlo ebraico mi chiede di dove sono. Italiana. “Giornalista allora. Tutti gli stranieri in questo momento sono giornalisti”. E’ vero, almeno 500 stranieri scalpitano per entrare a Gaza. Ma la guerra sembra finita. O meglio dopo il colpo alla scuola delle Nazioni Unite e dopo l’annuncio che in questi dodici giorni sarebbero morti almeno 100 bambini e degli altri molti sarebbero ragazzini, qualcosa si è spezzato. Anche gli israeliani che hanno silenziosamente appoggiato questa invasione, alle parole “bambini morti”, storcono il naso.
Va bene difendersi, va bene fare piazza pulita, ma i bambini sono ancora bambini. Non per il mio tassista, almeno non all’inizio. “Quei terroristi usano i bambini come scudo. Noi dobbiamo difenderci e quei maledetti usano i bambini”. E’ vero, è orribile. Disumano. Ma sapere che un terrorista si nasconde dietro un bambino e uccidere lo stesso per far fuori il terrorista, mi suona alquanto difficile da digerire. Non riesco a vedere chi ha più pelo sullo stomaco tra chi mette un bambino in pericolo per proteggersi e chi spara sapendo che ci sono dei bambini, anche se le intenzioni sono di salvarne altri. E’ un po’ come per uccidere dei terroristi che hanno in mano degli ostaggi, si decidesse di fare fuori anche loro, così si è risolto il problema. Molti palestinesi sono ostaggio di Hamas. Sono in quella pentola a pressione che si chiama Gaza, una terra dove non si può fuggire, dove non si può pensare, dove non puoi prendere la macchina e trovare un’aiuola dove far giocare i tuoi bambini. E’ sabbia, polvere, macerie.
“Abbiamo lasciato le colonie di Gaza, potevano costruire case e lavorare. Potevano trasformare Gaza in un resort. Ma non hanno voluto”, dice il tassista e l’israeliano medio. E come si costruisce una Gaza felice dove un palestinese non può uscire neanche per farsi un esame medico? Frontiere chiuse. “Certo perché loro ci lanciano i razzi”. Non tutti lanciano i razzi, ma tutti vengono puniti e trattati come bambini cattivi. “Allora non c’è soluzione”. No, fino a che vi chiederete chi ha iniziato prima e chi deve smettere prima. E’ nato prima l’uovo o la gallina? Hanno sparato prima gli israeliani o i palestinesi?
Entro dal parrucchiere. Il solito degli ultimi 11 anni quando sono in Israele. Il parrucchiere non è mai un posto qualsiasi. E’ dove donne di ogni età e ceto si incontrano, si rilassano, scambiano due chiacchiere fra sconosciuti tra una spazzolata e il suono sordo del phon. Non è certo una sala universitaria traboccante di persone con un’opinione, ma è il posto dove ci si lascia trasportare dall’umore delle donne. Non tira una bell’aria. Ci sono tre signore, una di origine greca, un’altra polacca e un’altra russa. Due di loro hanno una certa età, l’altra è più giovane. I parrucchieri, rigorosamente uomini, ci portano tè e caffè, anche loro quando capiscono che non parlo ebraico, passano subito all’inglese, un po’ sdentato. Due signore hanno i figli al fronte e sono preoccupate, una si emoziona mentre lo dice e con delicatezza il parrucchiere le solleva la testa. “Ha solo 19 anni, il mio bambino”. Il bambino stringe tra le mani un m16 e probabilmente negli occhi conserverà l’orrore di quello che ha visto in questi giorni. Perché per quel poco che ho conosciuto i militari, non è vero che tutto scivola addosso, così come non è vero che “ai palestinesi non importa niente dei figli”. Non so quante volte ho sentito questa frase.
L’altra signora dice che suo figlio ha appena finito di studiare all’università, che entrerà a lavorare nello studio legale del padre. Mi dice che i suoi genitori sono arrivati qui dopo la seconda guerra mondiale, che della loro famiglia non era rimasto nessuno, erano stati tutti sterminati. “E’ un dolore che ti porti dentro anche se non lo hai vissuto, ti viene trasmesso, non so spiegare”. Ho una botta di cinismo e mi chiedo quando potrebbe guadagnare un analista in questa terra. E i bambini palestinesi morti? Le signore non rispondono come il tassista. “E’ una cosa orribile, se penso a quelle madri mi si stringe il cuore”, dice una, l’altra va oltre, “se penso che uno dei nostri figli tornerà con il peso di aver ucciso qualcuno, anche fosse solo un terrorista, sento già una parte di me morire”. L’altra annuisce. “Questa terra ci ha trasformato in carnefici, tutti quanti, che lo si faccia per difendersi o per resistere, non conta. Uccidere è uccidere”. Annuiscono ancora. “Dovremmo essere migliori, ma siamo intrappolati dal nostro volere e dal desiderio di sopravvivere e questo non può essere sbagliato, ma da qualche parte c’è un intoppo”. Scuotono le teste asciutte mentre una nuvola di lacca profumata addolcisce l’aria.
“Andiamo a casa ora, la televisione è sempre accesa, speriamo che tutto finisca presto, quando squilla il telefono, tremo per paura che mi dicano qualcosa di brutto”, dice una. “Lo so, sono venuta qui solo costringermi ad uscire di casa, stavo diventando matta”.
Domani forse si entra a Gaza. Era giugno l’ultima volta che ci sono stata. La jihad islamica lanciava i razzi, mai avrebbero pensato ad un risposta tanto dura. Immagino che le persone che intervistai non ci sono più, come la metà di quelle che ho tentato di rintracciare in questi giorni.
SENZA TITOLO
10 gennaio 2009 –  Stamattina leggevo i giornali a colazione in albergo. Un raggio di sole filtrava dai vetri annunciando che sarebbe stata una bella giornata. Tanto sto per partire. Un articolo mi ha colpito molto di un collega israeliano. Chiedeva che gli israeliani la smettessero con l’ipocrisia che hanno tentato di vendere al mondo in questi giorni. “Chiunque giustifica questa guerra giustifica tutti i suoi crimini. Chiunque la vede come una guerra difensiva, deve sopportare la responsabilità morale delle sue conseguenze. Tutti quelli che vogliono questa guerra e giustificano l’omicidio di massa che questa infligge, non ha alcun diritto di parlare di moralità e umanità” e ancora: “gli spariamo e poi piangiamo, li uccidiamo e poi ci lamentiamo, abbattiamo donne e bambini e poi cerchiamo di preservare la nostro dignità. Non funziona così, non si può uccidere e poi far entrare gli aiuti umanitari”.
Per il nostro collega israeliano è solo ipocrisia. La cosa che mi colpisce è quanto sia difficile in questo posto essere liberi di avere un’opinione. Se quello che è accaduto ora a Gaza fosse accaduto in Kashmir, o in Afghanistan o in Iraq, nessuno avrebbe protestato sulle nostre cronache. Qui invece ogni riga viene analizzata. Siamo stati messi sul confine a guardare questa guerra, su una collinetta con il binocolo, dove è vero non abbiamo potuto vedere i funerali dei bimbi morti, non abbiamo potuto vedere le donne fatti a pezzi, i ragazzi arrestati, legati, bendati e trascinati via dai soldati.
Non abbiamo potuto raccontare le mamme di Gaza che stringono i loro figli e li costringono a dormire in corridoio per paura di qualche proiettile vagante. Non abbiamo raccontato degli ospedali straripanti, della mancanza di sangue, di quelli che dovevano andare a fare la chemioterapia. Non abbiamo raccontato dei fratellini uccisi mentre giocavano. Delle case bombardate con la gente dentro. Non abbiamo raccontato delle urla di dolore, delle ossa che si sgretolano sotto il peso di un soffitto che crolla. Non abbiamo raccontato dei bambini che hanno visto morire i genitori, di quelli che hanno perso un braccio o una gamba. Non abbiamo raccontato il buio delle notti senza elettricità, la mancanza di cibo e di speranza. Neanche il terrore degli animali che tremavano sotto i bombardamenti. Quasi 900 morti. Quasi novecento storie.  Che non saranno mai raccontate, perché anche il giorno che entreremo, sarà troppo tardi.
Qualcosa è arrivato tramite le telecamere di Al Jazeera che era presente a Gaza al momento dell’attacco, ma quanti hanno abbandonato i canali locali per spostarsi di qualche pulsante per inorridire davanti alle loro immagini? Una collega ieri sera aveva gli occhi gonfi di lacrime mentre guardava le immagini che a spizzichi e bocconi arrivavano, ma che non vengono trasmesse, perché troppo crude, troppo scomode più per noi che per loro.
D’altra parte gli israeliani per giustificare una guerra possono anche avere le loro ragioni, ma noi per sostenerla o semplicemente per non dire nulla? Nessuna. Ho sempre pensato che se qualcuno di noi sapesse di qualcosa di orrendo che sta succedendo farebbe il diavolo a quattro per impedirlo, lo griderebbe con tutta la voce, fino a quando non fosse ascoltato. Poi penso al Rwanda, alla Somalia, al Sudafrica, al mio Iraq, abbandonato da quasi tutti i media italiani. La maggior parte della gente guarda e lascia che il tempo passi, un giorno chi avrà salvato qualcuno, diventerà un eroe, sarà uno dei “giusti” come accadde cinquant’anni fa in Europa quando nessuno voleva o riusciva a vedere.
La Torah, il libro sacro degli ebrei, dice che chi salva una vita, salva il mondo intero. Noi non riusciamo neanche a raccontare quello che succede a Gaza. Crediamo di essere migliori oggi, ma non riusciamo ancora a dire le cose come stanno. Noi giornalisti per primi, quelli che hanno il dovere di raccontare quello che accade. Chiudo con il nostro collega israeliano: “Chiunque sostiene la guerra, sostiene anche il terrore”. Qualsiasi siano le ragioni,

460 commenti
« Commenti più vecchiCommenti più recenti »
  1. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x TUTTI

    I due post del signor P li ho cancellati. D’ora in poi mi riservo di cancellare tutti i post comunque disonestamente fuorivianti o umanamente rivoltanti come per esempi quelli di chi se la ride sui morti ammazzati altrui.
    pino nicotri

  2. Israeliani scellerati. Ma è una novità?
    Israeliani scellerati. Ma è una novità? says:

    08:23 Colpita scuola Onu, morti due bambini
    Sono almeno due le persone rimaste uccise – due fratellini -, nella scuola gestita dall’Onu colpita da una cannonata israeliana a Beit Lahiya, nel nord della Striscia di Gaza. Un primo bilancio, poi corretto, riferiva di sei morti. Lo ha riferito il portavoce dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. Nella scuola al momento dell’attacco c’erano 1.600 persone che cercavano riparo.

    19:43 Ban Ki-Moon condanna bombardamento scuola Unrwa
    Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, ha condannato lo “scellerato” bombardamento israeliano sulla scuola gestita dall’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i palestinesi, avvenuto a Beit Lahiya. “Un’altra scuola dell’Onu è stata colpita dall’esercito israeliano, ore dopo che un’altra struttura a Beit Lahiya, dove avevano trovato riparo 1.600 persone, era stata colpita

  3. Israeliani scellerati e massacratorii.
    Israeliani scellerati e massacratorii. says:

    12:02 Bilancio vittime: 1200 palestinesi uccisi

    Secondo un bilancio aggiornato diffuso dal quotidiano francese Le Figaro, l’offensiva israeliana contro la Striscia di Gaza ha fatto a tutt’oggi 1200 morti palestinesi. Tra questi sono da contare 410 bambini e 100 donne (oltre a 5285 feriti). Secondo il centro palestinese per i diritti dell’uomo di Gaza il 65% delle vittime sono civili.
    Da aggiungere le migliaia di mutilati e storpiati più le centinaia di morti in seguito a ferite e malattie che si verificheranno in seguito, ma che non verranno conteggiati nelle statistiche ufficiali

  4. Perfino a qualche giornalista Usa il mostro Tzipi Livni fa rivoltare lo stomaco
    Perfino a qualche giornalista Usa il mostro Tzipi Livni fa rivoltare lo stomaco says:

    11:59 Livni contestata da giornalisti Usa

    Il ministro degli esteri israeliano, Tzipi Livni, è rimasta sorpresa ieri notte da alcuni giornalisti che le hanno rivolto pesanti accuse e l’hanno bollata come “terrorista” per l’offensiva militare nella striscia di gaza. Lo scrivono i quotidiani Haaretz e Yediot Ahronot.
    Il fuori programma è avvenuto al circolo della stampa di Washington, dove Livni ha sottoscritto un accordo di cooperazione con il segretario di Stato degli Stati Uniti, Condoleezza Rice, finalizzato alla prevenzione del contrabbando di armi dall’Iran ad Hamas. Uno dei giornalisti ha dato della “terrorista” a Livni e si è lamentato perchè lo stato ebraico sta impedendo ai giornalisti di coprire l’offensiva militare a Gaza. “Cos’è, siete come lo Zimbabwe?”, ha detto un’altra donna al ministro degli Esteri israeliano. Ci sono stati attimi di tensione quando la scorta della Livni è sembrata sul punto di intervenire perchè una persona, che non si era presentata, ha iniziato ad accusare Israele per la morte di civili innocenti. Malgrado l’imprevisto, il ministro degli esteri dello stato ebraico ha mantenuto la calma e ha ribadito le tradizionali posizioni del Paese.

  5. La pulizia etnica prosegue
    La pulizia etnica prosegue says:

    14:47 Oltre 4.000 edifici residenziali distrutti

    Si calcolano in oltre 4.000 gli edifici residenziali distrutti o pesantemente danneggiati nella Striscia di Gaza nei 22 giorni trascorsi dall’avvio dell’offensiva militare di Israele contro il territorio controllato da Hamas. Lo riferisce oggi l’Ufficio centrale di statistiche palestinese, dando conto pure dei danni subiti da strutture pubbliche ed economiche e stimando in quasi mezzo miliardo di dollari (476 milioni) i costi economici complessivi di una eventuale ricostruzione e in una cifra analoga quelli per lo sgombero di macerie e gli interventi di prima necessità. Secondo il rapporto, le devastazioni provocate dai raid aerei e dall’artiglieria hanno riguardato anche diverse decine di edifici pubblici, una ventina di moschee, 18 scuole e parte delle infrastrutture per la distribuzione dell’acqua e dell’elettricità nella Striscia.

  6. Un altro falso di Repubblica on line: Non si tratta del delinquente israeliano Barak, ma del presidente egiziano Munarak.
    Un altro falso di Repubblica on line: Non si tratta del delinquente israeliano Barak, ma del presidente egiziano Munarak. says:

    16:35 Leader Ue: “Sostegno a Olmert e Barak”

    Silvio Berlusconi, ha inviato oggi una lettera congiunta con il presidente francese Sarkozy, il primo Ministro inglese Brown ed il cancelliere tedesco Merkel al presidente egiziano Mubarak ed al primo ministro israeliano Olmert. Nella lettera – si sostengono gli sforzi dei Governi israeliano ed egiziano per giungere ad un cessate il fuoco duraturo a Gaza e si manifesta la disponibilità ad assumere una serie di misure tese a facilitare il raggiungimento di questo risultato.
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    Non si tratta del delinquente israeliano Barak, ma del presidente egiziano Munarak.

  7. AZ Cecina Li
    AZ Cecina Li says:

    Cara Sylvi.
    Premessa. …. Anche come toscano (trapiantato ma molto ben attecchito)) sono atipico, almeno per le bestemmie, io non bestemmio mai, devo però ammettere che a volte sarei tentato di farlo, non per la bestemmia in se, che ateo sarei se lo facessi, ma per cimentarmi con i miei conterranei che sul tema sfoggiano dei virtuosismi linguistici che raggiungono livelli sublime arte oratoria.
    Certo che nessuno mi ha impedito di esternare INDIVIDUALMENTE il mio ateismo, anche perché farlo non sarebbe cosa particolarmente agevole. Che degli atei costruiscano templi ed è assai improbabile, noi dato che Dio non esista in nessun posto lasciamo volentieri a voi la contraddizione di avere la necessità di venerare tra quattro mura un dio che “è in cielo in terra ed in ogni luogo.
    Ma tornando a quella che era l’origine della discussione, si parlava del fatto che è stato PROIBITO di esternare pubblicamente su una fiancata di un autobus una convinzione degli atei, ansi la base del loro modo di pensare, la scritta “Dio non esiste”. Dove sta la mancanza di rispetto e soprattutto dové la sempre citata, e spesso a sproposito, reciprocità se, di due modi antitetici di concepire l’universo mondo, uno e libero di esternare la sua visione in mille modi concreti, visivi, sonori (a volte anche grotteschi) e all’altro si nega anche una semplice scritta su bus. Siamo al vecchio adagio … ma qualcuno è più uguale!!!
    Poi saltano fuori i “i Gay pride” le preghiere, abusive in piazza Duomo, manco fossero le borse finto Prada e poi l’immancabile Stalin che è come Albano al festival. ….. ma che c’azzeccano????
    Tanto per precisare, il tuo attribuirmi l’intenzione di emulare ex seminarista Stalin, il ciacchero con i baffi che, ben prima delle “TUE” chiese aveva chiuso i “MIEI” soviet degli operai e dei contadini, questo si che è letteralmente bestemmiare.
    Sono sinceramente dispiaciuto, che l’arguta, espiritosa Sylvi, con cui condivido molte cose come l’amore per le semplici cose della cultura contadino, che su molti temi si dimostra aperta al confronto aperto anche se dialettico, ad un certo punto su alcune cose si chiuda a riccio o svicola zigzagando, sembra di aver a che fare con due persone diverse a volte nello stesso post.

    Antonio - – – antonio.zaimbri@tiscali.i

    PS. Non intervengo sul massacro di Gaza solo per evitare denunce per apologia di reato e altre noie a Pino.

  8. ENNESIMA PROVA CHE SONO SOLO CRIMINALI: sparano senza motivo anche all'inviato del Corriere della Sera!
    ENNESIMA PROVA CHE SONO SOLO CRIMINALI: sparano senza motivo anche all'inviato del Corriere della Sera! says:

    Sotto il fuoco dei mitra israeliani nella terra di nessuno della Striscia. Decine di proiettili colpiscono l’automobile e ci sfiorano

    NETZARIM (Gaza) — C’è, nel mezzo della striscia di Gaza, un’area larga meno di un chilometro che da un paio di settimane è stata per lo più chiusa dagli israeliani al passaggio dei palestinesi. Corre dal confine con Israele sino al mare per circa 10 chilometri e combacia con i resti della vecchia colonia ebraica di Netzarim, evacuata da Israele assieme a tutti gli altri insediamenti della regione il 10 settembre 2005. Divide Gaza in due. Non ha leggi precise. Talvolta si passa senza problemi e in un altro momento ti sparano contro.

    Ieri abbiamo cercato di passare attraverso questa regione. Senza riuscirci. Partiamo verso le quindici, con l’autista e il traduttore palestinesi, da Khan Yunis direzione Gaza city centro. Sono una ventina di chilometri. Sappiamo che i giornalisti qui non sono graditi da Gerusalemme. Ma prima della partenza chiamiamo Daniel Seaman, il direttore dell’Ufficio Stampa, il quale indirizza ad Avital, addetta ai media dell’esercito. E la risposta è abbastanza chiara: «Noi non possiamo garantire la vostra incolumità al cento per cento. E’ regione di guerra. Ma abbiamo avvisato i comandi, che hanno avvertito le unità sul posto. Diteci il percorso, tipo di mezzo e orari». E così avviene. La nostra Mercedes scassata è color amaranto, ci dicono che non servono le insegne della stampa. Il percorso che segnaliamo è quello che segue Salahaddin, la provinciale che passa per l’incrocio di Netzarim sul lato orientale. Pochi minuti percorsi lentamente, dopo i campi profughi di Dir El Balah e Al Bureij. La strada è vuota, attorno la case sono devastate dalle bombe, ogni tanto passa sulla nostra testa un proiettile di tank che finisce verso Gaza. Brucia un bidone dell’acqua in plastica situato sul tetto di un palazzo ridotto a gruviera. In questa zona, sapremo dopo, è appena stata sterminata una famiglia: mamma e 5 bambini dai 7 ai 12 anni.

    Improvvisamente davanti alla Mercedes una barricata di terra e sassi sbarra la via. Le prime case di Gaza sono forse a 200 metri. Sulla destra, appostati su un terrapieno distante un’ottantina di metri, si vedono gli elmetti dei soldati israeliani coperti di foglie mimetiche. Sono i primi che incontriamo da quattro giorni a Gaza. Usciamo dall’auto e in ebraico e inglese urliamo: «Itonaiim, itonaiim italkim, press, stampa italiana». E’ un attimo. Loro rispondono a mitragliate alzo zero. Colpi secchi, mirati per uccidere, colpiscono le portiere, i finestrini laterali, che vanno in frantumi assieme al lunotto posteriore. Tre proiettili entrano dal tetto e si conficcano nei sedili, altri passano il baule. Altri ci sfiorano alla testa e al torace per pochi centimetri. Tra le dieci e le quindici pallottole colpiscono la Mercedes. Noi ci buttiamo a terra. Urliamo. E urliamo ancora terrorizzati, sorpresi, sbalorditi. Autista e traduttore, entrambi sui 25 anni, si sentono traditi e gridano: «L’avevamo detto noi che degli israeliani non ci si può fidare». Le mitragliate continuano, si mischiano al rombo delle cannonate sull’intera zona. I tank sparano dalla regione di confine con Israele verso le zone abitate lungo la fascia costiera. Un paio di abitazioni prendono fuoco.

    Ogni tanto urliamo da dietro una duna di terriccio verso la postazione israeliana, loro rispondono a mitragliate che si infrangono un paio di metri da noi. La Mercedes resta immobile, vuota in mezzo alla strada, il motore ancora acceso. Poi avviene qualche cosa di strano. Per telefono Avital dice che possiamo andarcene, salire in auto e tornare a Khan Yunis. «L’unità è stata avvisata, non vi spareranno», assicura. Con mossa rapida si fa manovra per tornare indietro. Ma sono trascorsi forse cinque secondi e i colpi riprendono più fitti di prima. L’auto è colpita ancora al tetto, sul cofano. Ci ributtiamo a terra. Ancora chiamiamo Avital. «Non so. Non capisco, occorre che l’ordine arrivi dai comandi superiori alla pattuglia avanzata», dice preoccupata. L’incubo delle burocrazie militari. Ma anche, per una volta, capire le paure palestinesi. Il trovarsi di fronte a fucili che sparano e sparano, anche se pensi di non essere un obbiettivo, che a te non possono fare male perché sei ovviamente un civile. Alla fine, sono le cinque del pomeriggio, comincia a imbrunire, Avital sempre per telefono ci dice di sventolare le nostre giacche. «Loro vi segnaleranno che potete andare ». E così avviene. Via, via di corsa verso Khan Yunis. Avital chiama per sincerarsi che ce l’abbiamo fatta. Nel campo profughi palestinese siamo accolti in trionfo. «Sahafi shahid» (giornalista martire), dicono ridendo. Per una volta anche un occidentale ha provato quello che provano loro, sulla sua pelle.

    Lorenzo Cremonesi
    17 gennaio 2009

  9. Faust x Avviso ai bloghisti di arruotalibera
    Faust x Avviso ai bloghisti di arruotalibera says:

    … … nel blog dellEspresso di Wlodek Goldkorn, si denigra e calunnia l amico e blogmaster Pino Nicotri ed di alcuni blogghisti, come Marco e Uroburo, oltre ad AZ, Faust e suo cuggino CocoLoco…

    SABOTAGGIO?¿? non permettiamo questo sfregio alla cultura e all informazione che ci garantisce il ns. blogmaster

    SOSTENIAMO PINO NICOTRI E DIFENDIAMO IL NS. BLOG!!!
    Grazie amici!!!
    Faust, cuggino di nicola metta

    Ps.: x brevita, dora in ppoi, solo Faust. x tacciare la bocca di sciacalli in fuga dal manicomio criminale… ho firmato con le mie generalita… se x caso… sono qqui… non aggiungo mio indirizzo, sarebbe inutile, nel caso qualche simpaticone vuol venire a trovarmi, se sono SSecret Intelligens… non dovrebbe essergli difficile trovarmi… se no cche mossad è?¿? 1200 assassinati e 4000 storpiati e menomati a vita… israele VERGOGNATI!!!
    F.

  10. Sylvi
    Sylvi says:

    caro cc,

    c’è chi non si pone problemi e vive felice (forse).
    C’è chi se li pone e fa il Don Chisciotte contro i mulini:
    C’è anche chi, impotente, impreca.
    C’è chi si agita senza costrutto.
    C’è chi sogna la rivoluzione che lavi i mali del mondo.
    C’è chi sta nelle disgrazie altrui come il topo nel formaggio.
    C’è chi cura il suo noce, conscio che non può curare tutti quelli del mondo.
    C’è chi fa della demagogia, scambiandola per democrazia.
    C’è chi scrive le regole per poterle aggirare.
    C’è chi porta il suo secchiello di sabbia per fare la spiaggia, sperando di trovare molti compagni.
    C’è chi si abbatte e non si rialza e altri che,invece, si rialzano prontamente.
    C’è chi vede lontano e programma il futuro.
    C’è chi non vede e non programma, ma combatte strenuamente .
    C’è chi si mimetizza….
    Ci sono i bambini…

    Poi ci stanno quelli che hanno Potere !!!!

    Buonanotte sylvi

  11. Vox
    Vox says:

    Il post 336 mi sembra un falso. Difficilmente un musulmano userebbe un linguaggio del genere e sosterrebbe Israele in questo modo smaccato, specialmente in questo frangente.

  12. Anita
    Anita says:

    Sorry, il Video non si apre su questo forum. (362)
    ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
    x VOX
    RE: 336
    Se clicca sul nome si apre un website:
    Assemblea Musulmana
    d’Italia
    (A.M.d’I.)

    Cosa facile da fare….basta inserire il link su: name o su website, appare in blue.
    Anita

  13. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    Ricevo e volentieri posto:

    Gli aquiloni di Gaza
    di Ettore Masina

    Vi sono momenti in cui la storia e il vangelo si incrociano e pare si confermino a vicenda. Il 28 dicembre di ogni anno la Chiesa rilegge la pagina del Nuovo Testamento in cui si racconta della strage di bambini di Betlemme ordinata da Erode. La Chiesa definisce quei piccoli con il nome di Santi Martiri Innocenti. In realtà si tratta di un racconto midrashico, cioè simbolico: nessun testo storico registra un avvenimento del genere nella Palestina di quel tempo. Adesso questo avvenimento e il nome che lo descrive sono diventati realtà: proprio a partire dagli ultimi giorni del dicembre scorso e proprio in Palestina, decine e decine di bambini vengono uccisi, non da sgherri assatanati ma da un esercito fra i più potenti della Terra con generali, bandiere, ferrea disciplina, minuziosi piani di battaglia.
    Perché Santi e Martiri quei bambini di Betlemme coetanei del Signore? La liturgia risponde con una formula che a me pare stupenda: martiri e dunque santi perché non loquendo sed moriendo confessi sunt, perché non con parole ma con la morte hanno testimoniato il Cristo. Così, una volta di più, la riflessione evangelica coglie il nesso intimo fra il Salvatore e i più poveri dei poveri: il loro destino, la loro storia ignorata dai libri, persino la storia effimera (di pochi giorni, mesi o anni) dei piccini uccisi dalla violenza degli adulti sono storia sacra, inscritta nel mistero della croce. Qualcuno mi ha detto tempo fa che nelle icone ortodosse dell’Epifania la culla di Gesù bambino ha la forma di una bara. (Ma le notizie che arrivano da Gaza mentre scrivo, il 6 gennaio, dicono che la popolazione non riesce più a seppellire i suoi morti).
    Non con le parole ma con la morte testimoniano la realtà tutti i piccoli schiantati dalla nostra follìa o dalla nostra inerzia. Siano i bambini violati dai “turisti del sesso” o quelli schiacciati dalle fatiche di certi lavori “minorili”, le creaturine vietnamite che nascono deformi a causa dei defolianti disseminati dagli americani durante la guerra; o siano i ragazzini-soldati di certe aree africane o quelli uccisi, mutilati o psichicamente straziati dai conflitti, come i piccoli afghani e congolesi e sudanesi, quelli israeliani assassinati dai terroristi o, adesso, quelli massacrati dall’esercito israeliano, le vittime infantili del nostro tempo testimoniano che il male distende le sue ali di tenebra in tutte le epoche e i luoghi, e può insediarsi nel cuore di ogni uomo. I bambini violati e uccisi accompagnano con le loro ombre il nostro cammino e vanificano con i loro lamenti o i loro insanguinati silenzi la nostra pretesa di essere autori di una civiltà sempre più “umana”: giusta, cioè, libera, generosa. E tenera.
    Credo fermamente che nessuno di noi possa “chiamarsi fuori” da queste realtà planetarie, che legami più o meno visibili ci saldino ai mali del nostro tempo e che non sia possibile uscire dalla nostra inevitabile condizione di carnefici (o, almeno, di favoreggiatori di carnefici) se non cercando di cogliere in tutta la sua valenza le nostre responsabilità. Credo, cioè, che innanzi tutto il nostro dovere non sia soltanto di piangere le piccole vittime ma di conoscere le condizioni storiche che le hanno crocifisse, per vedere se non sia possibile da parte nostra qualche intervento per un mutamento della realtà.

    SEGUE SU:
    http://www.ettoremasina.it/testi/Lettere/L138gen09.html

    Ma voglio postare anche le ultime parole di questa interessantissima lettera:
    ” E però noi non possiamo richiedere coraggio soltanto ai governanti. Decine di riservisti israeliani in questo momento si stanno trasformando in refuznik, obiettori di coscienza, che per questo saranno incarcerati. Non vogliamo assomigliargli almeno un poco? Davvero ci terrorizza la probabilità di essere definiti “amici di Hamas”?”.
    Ettore Masina

  14. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    Cancello il post 336 perché postato da un tizio di Roma che ho bannato e non voglio neppure nominare.
    pino nicotri

  15. AZ Cecina Li
    AZ Cecina Li says:

    Il messaggio 236 è la copia di un postato dal lurido ciacchero huato van ghetz, sul blog espresso ” Contaminazioni” di Wlodek Goldkorn.

    Si tratta del solito falso del solito falsario che ben conosciamo.

    Come già detto spiegandone i motivi sono decisamente contrario, in linea di massima, al boicottaggio dei negozi degli ebrei. Ma si possono sempre fare eccezioni, in un caso specifico di via Costanzo Cloro gestito da un viscido individuo dedito alle falsificazioni

    Antonio - – – antonio.zaimbri@tiscali.i

  16. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x AZ

    Non ammetto si diano indicazioni di indirizzi, che qualche imbecille potrebbe usare pro domo propria. Per fortuna quella via è lunga, perciò è impossibile identificare un esercizio senza specificarne il nome o il numero civico.
    Lasciamo certi comportamenti a chi preferisce essere merdoso. E gioisce del sangue altrui innocente.
    pino nicotri

  17. Faust x ... x capire ¿¿?¿? dal Tg3...
    Faust x ... x capire ¿¿?¿? dal Tg3... says:

    … dunquedunque: un centro di asilo x visitatori della SINAGOGA di …. il gestore del centro (due serrande con vetrina) il responsabile del negozio, si accorge al mattino (oggi sabato, quindi gli ebrei non lavorano) di una bomboletta di gas e della carta bruciata, nellintercapedine fra la serranda (a maglie..) e la vetrina, se ne torna a casa ed aspetta la sera x denunciare alle autorita di polizia, del ritrovamento del mattino…

    mi vengono spontanee alcune addizioni e sottrazioni… Cosa sara veramente successo?¿?
    …la faccenda mi incuriosisce…. e il mistero sinfittisce!!

    ….. forse ddio è in semicoma x overdose di manifestazioni di immenso affetto e amore dei suoi adepti… certo cche è un ddio con i coglioni fumanti… ma xcchi delle tre religioni è ello è il Re… il DDIO x 3 o diviso 3 … ppoi… fossero almeno popoli decenti, Onesti, Pacifici, Solidali, Fratelli…. ma come il lloro ddio, il ddio dei coltelli… e dei sacrifici x la gloria di isdraele…. nevvero?¿? chi mette il coltello non vuole pagare la merce…. saccontenta di un % …. chiaramente dai tre adepti… tanto il copyrigt del marchio, diverso fra i tre… èssuo… diciamo tre contribuenti, cche portano Orii et Odii a ello, il ddio!!!
    … mica scemo quello cche ha scritto il copione di questa truffa divinizata…
    …come dice Pino, mah!
    Faust

  18. Faust x AZ e Pino... x capire ¿¿?¿? dal Tg3...
    Faust x AZ e Pino... x capire ¿¿?¿? dal Tg3... says:

    Oh!! ragazzi ho letto ora i vostri post, come al solito dopo aver inviato il mio…. non sso in cche citta è successo il fatto… dovrebbe essere Roma… ho visto solo la fine del servizio Tv… ddeee!!! ocche vvoi sapete qualcosa?¿? del negozio vicino alla Sinagoga… di ppiu non sso!!! lha detto il Tg3 ed io lho postata immediatamente dopo averla vista in Tv.
    Voglio dire vvvabbe che il virus mi sta come mi è sempre stato sui cojoni… ma cche gli facciano del male, mi dispiacerebbe…. magari come a raccamin… gli dispiace dei brandelli di bambini… corpicini fosforati figli dei suoi nemici… lho detto se dio non esiste, ci penseranno i vermi a castigarli, ma se esiste è come i suoi adepti…
    Faust

    … nientaltro che salutarvi e cechero di sapere di ppiu sul fatto “attentato” ma come?¿? il proprietario, non deve aprire il negozio xcche sabato, ma dichiara di averlo visto (lordigno (sic) una bomboletta da campeggio con una miccia di carta.. cosi mi è sembrato di capire, ed il commentarista diceva che è stata ppiu una provocazione che un attentato, in quanto “lordigno” non avrebbe potuto esplodere ed anche se… non avrebbe fatto danni di rilievo…. dunquedunque… non deve andare a lavorare xcche sabato… ma ci va… vede… e se ne torna accasa…mah!!?¿

  19. AZ Cecina Li
    AZ Cecina Li says:

    Caro Pino

    Tempo fa parlando con un amico mi diceva che a Roma è bella non solo a V. Fori Imperiali, ci sono sono anche strade di media lunghezza come Via Terni e di soli 100 m, come altre. .
    Quando la stagione migliora ho proprio voglia portare mia moglie a fare una bella gita a Roma di tre o quattro giorni , ma non nei soliti siti turistici, vorrei girando un po’ per le stradine dove si possono fare scoperte e incontri interessanti.

    Domani sveglia prima delle sette trasferta per le campestri perciò, Buona notte a tutti.

    Antonio - – – antonio.zaimbri@tiscali.i

  20. Contro la barbarie la non violenza
    Contro la barbarie la non violenza says:

    di Giovanni Sarubbi
    Sugli attacchi israeliani alla striscia di Gaza

    L’attacco di Israele contro la striscia di Gaza è l’ennesima barbarie di una guerra che dura da 60anni. Sessant’anni sono per qualsiasi uomo un tempo enorme, quasi un’intera vita. Rimanere in guerra per così lungo tempo stravolge completamente la vita, fa perdere qualsiasi umanità, distrugge qualsiasi possibilità di ritornare ad una vita pacifica in tempi ragionevoli. Troppi lutti e dolori ci sono stati per pensare che essi non abbiano strascichi duraturi. Ogni guerra getta le basi per quella successiva, per le vendette e le contro vendette in una spirale senza fine. E’ ora di dire basta, di fermare tutti gli eserciti, di deporre le armi, di cercare l’incontro con l’altro popolo.
    Non è umano chi bombarda indiscriminatamente le città. Al momento in cui scriviamo le agenzie parlano di oltre 200 morti e quasi mille feriti gravi. E fra queste vittime innocenti centinaia sono i bambini. Che umanità è quella che distrugge i bambini? Può dirsi civile e democratico un paese che fa strage di bambini?
    Ci chiediamo come sia possibile continuare in questo modo. Come sia possibile pensare, con i moderni mezzi di distruzione di massa, di condurre una guerra e vincerla, visto che questi mezzi di distruzione inquinano irrimediabilmente il terreno, l’aria, le acque che vengono colpite.
    Le guerre sono tutte assassine, ma distruggere e rendere inutilizzabile per le generazioni future persino quello che potrebbe essere il bottino della guerra non è solo una cosa criminale, ma è anche una grande stupidità. E’ noto, infatti, che Israele ha usato e continua ad usare nuove e sofisticate armi che inquinano e distruggono in modo mai visto finora. Qual è l’obiettivo, quello di desertificare la striscia di Gaza, distruggere i suoi abitanti e renderla inabitabile per i prossimi mille anni? E a che cosa serve una simile mostruosità?
    Lo Stato di Israele è nato 60 anni fa per dare una patria agli ebrei perseguitati dall’occidente cristiano. A distanza di 60 anni si può ben dire che quel progetto non solo era una follia per come è stato realizzato e per l’ideologia che lo ha ispirato, ma esso è completamente fallito e la strage odierna ne è l’ennesima conferma. Che Stato è quello che è costretto ad essere perennemente in guerra con i suoi vicini o con una parte consistente dei suoi abitanti? Quale pace e quale sicurezza può garantire un simile stato ai propri cittadini che vengono per di più da una storia bi millenaria di persecuzioni? Nessuna!
    Non ci vuole una grande intelligenza per capire che perseguendo su una strada sbagliata non possono esserci che errori su errori. E la strada della violenza e delle guerre preventive non porta da nessuna parte.
    Chiediamo quindi a gran voce la cessazione di qualsiasi azione militare, il ritiro di tutte le truppe e il loro disarmo e l’apertura immediata di negoziati di pace. Chiediamo anche che la popolazione della striscia di Gaza venga aiutata ad uscire dalla situazione drammatica nella quale si trova.
    Ma un’altra cosa crediamo sia necessario fare. Fino a quando si risponderà alla guerra con la guerra questa non avrà mai fine. C’è bisogno di dare una risposta nonviolenta alla guerra. E la risposta nonviolenta la possono dare solo i popoli in prima persona quando si muovono tutt’insieme per incontrare gli altri popoli con i quali si sta combattendo, per mettere i propri occhi negli occhi del “nemico” che è l’unico modo per scoprire in loro il volto del proprio fratello.
    Ma altrettanto importante è una corretta informazione di quanto avviene in quelle terre ben sapendo che ogni falsità conduce solo a nuove violenze e a nuove guerre.
    Solo la nonviolenza potrà salvare il Medio Oriente e l’umanità.
    Sabato 27 Dicembre,2008 Ore: 23:09

    «Il Dialogo – Periodico di Monteforte Irpino»
    Prima Pagina/Home Page: http://www.ildialogo.org
    Direttore Responsabile: Giovanni Sarubbi
    Registrazione Tribunale di Avellino n.337 del 5.3.1996

  21. Sheyk Palazzi e la cosiddetta ASSOCIAZIONE MUSULMANI ITALIANI sono da evitare come la peste!
    Sheyk Palazzi e la cosiddetta ASSOCIAZIONE MUSULMANI ITALIANI sono da evitare come la peste! says:

    Dialogo fra le fedi
    Stupore
    Non può esserci dialogo con i provocatori ed i fomentatori di divisione
    di Hamza Picardo,
    segretario generale dell’Ucoii (Unione delle comunità ed organizzazioni islamiche in Italia)

    Dal dott. Hamza Piccardo, segretario generale dell’Ucoii (Unione delle comunità ed organizzazioni islamiche in Italia, riceviamo la seguente segnalazione che facciamo nostra e su cui invitiamo i nostri lettori a prendere posizione inviando email ai seguenti indirizzi:
    web@chiesacattolica.it;
    web@progettoculturale.it;
    ORNET@OSSROM.VA;
    islam@cadr.it;
    incroci@diocesi.milano.it;
    direttore@avvenire.it.

    Cari amici,
    siamo oltremodo stupiti che personaggi che si permettono di insultare il Pontefice in modo tanto volgare possano essere invitati a parlare di dialogo e, credeteci, saremmo davvero tristi che un uomo come il cardinal Martini, che stimiamo sinceramente si trovi a fianco ad un noto provocatore.
    Con viva cordialità
    Hamza Piccardo

    Di seguito i motivi di questa presa di posizione dell’UCOII

    Tra i relatori spicca il sig. Palazzi, noto millantatore, a capo di una cosiddetta ASSOCIAZIONE MUSULMANI ITALIANI, che non ha neppure una sede fisica e imperversa su Internet giocando sul virtuale.

    «Il Dialogo – Periodico di Monteforte Irpino»
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    Registrazione Tribunale di Avellino n.337 del 5.3.1996

  22. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    Non essendo uno “zingaro” né un “marocchino di merda”, dell’automobilista che ha fatto questa “piccola” strage non si dà il nome in pasto ai giornali. Per ora resta anonimo.
    Poi lo chiamano giornalismo…..
    p. n.
    ———————-
    Maria Carmela Sgrò e il marito stava aiutando le vittime di un altro incidente
    Vani i tentativi dei medici di salvare almeno una delle creature che portava in grembo
    Donna incinta di due gemelli
    travolta e uccisa nell’Agrigentino
    di FABIO RUSSELLO

    AGRIGENTO – Tragico incidente stradale questa sera lungo la Strada Statale 115, in contrada Makauda, tra Sciacca e Ribera. La vittima è una donna di 33 anni di Ribera, Maria Carmela Sgrò, incinta al settimo mese di due gemellini, anche loro morti, nonostante il disperato tentativo di salvarli. La donna è stata falciata mentre stava cercando, insieme al marito, Santo Pinella di 40 anni anche lui di Ribera, di soccorrere altri automobilisti che poco prima avevano avuto un incidente.

    La coppia è stata travolta da un’altra auto, una Rover, che stava sopraggiungendo. La donna, già morta, è stata trasportata all’ospedale Giovanni Paolo II di Sciacca dove i medici hanno disperatamente cercato fino all’ultimo di salvare le due creature che portava in grembo. Ma tutti gli sforzi del personale sanitario sono stati vani.

    Alla guida dell’auto che ha travolto Maria Carmela Sgrò c’era un giovane di 25 anni. E’ in stato di choc ed è a disposizione dei carabinieri di Sciacca che stanno conducendo le indagini per stabilire la dinamica dell’incidente.

  23. Giornalismo o analfabetismo?
    Giornalismo o analfabetismo? says:

    Caro Nicotri, leggo nel suo post numero 373 un articolo di tale Fabio Russello nel cui sommario prima del titolo (si dice “occhiello”?) si legge: “Maria Carmela Sgrò e il marito stava aiutando…”.
    I soggetti sono due, la signora e il marito, ma il verbo “stava” è al singolare anziché al plurale. Ormai nel Belpaese è andata in vacca anche la lingua italiana.
    Dante&Manzoni

  24. Sheyk Palazzi e la cosiddetta ASSOCIAZIONE MUSULMANI ITALIANI sono da evitare come la peste!
    Sheyk Palazzi e la cosiddetta ASSOCIAZIONE MUSULMANI ITALIANI sono da evitare come la peste! says:

    x Nicotri 373

    Ovviamente l’automobilista pluriassassino è palestinse. Di Hamas! Un kamikaze, che voleva compiere una strage suicida. Ma voi giornalisti non vi vergognate mai?
    Woody Allen

  25. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    http://blog.mondediplo.net/-Nouvelles-d-Orient-

    Ho postato qui sopra il link del sito dell’intellettuale francese Alain Gresh, direttore aggiunto della rivista “Monde diplomatique” e specialista del Medio Oriente. Gresh è autore di libri – alcuni pubblicati in Italia da Einaudi – anche sulla Palestina e la politica di Israele, e il suo sito tra l’altro riassume e smonta le balle contro Gaza e i palestinesi a cominciare da quelle a getto continuo del filosofo-fighetto Bernard-Henri-Levy, tanto caro al Corriere della Sera e a invasate come Fiamma Nierenstein, la piccola Oriana Fallaci da kibbutz sempre avvolta nella bandiera israeliana e portata in parlamento – italiano – da Berlusconi. Vi riporto qui l’inizio dell’articolo che fa polpette delle menzogne e idiozie di Levy, il resto lo potete leggere cliccando sul link specifico riportato in basso.
    Buona lettura.
    pino nicotri
    —————————————

    Libérer les Palestiniens des mensonges de Bernard-Henri Lévy
    samedi 10 janvier 2009, par Alain Gresh

    Il manquait encore sa voix dans le débat. Il vient enfin de s’exprimer dans un texte exemplaire paru dans Le Point, « Libérer les Palestiniens du Hamas ». Exemplaire ? oui, car, comme celui d’André Glucksmann, il résume tous les mensonges, toute la mauvaise foi de ceux qui pensent que, au-delà de telle ou telle erreur, la politique d’Israël doit être défendue contre ses ennemis, contre les barbares qui menacent de le submerger. Ce bloc-note mérite donc une analyse de texte détaillée (je mets en gras les citations de BHL).
    http://blog.mondediplo.net/2009-01-10-Liberer-les-Palestiniens-des-mensonges-de-Bernard

  26. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    Per disinfettarsi dagli imbecilli e mascalzoni di casa nostra, compresi gli esegeti dello scazzo Lucia Annunziata Santoro, vi propongo quanto segue, che potrete approfondire su http://www.democracynow.org/2009/1/14/leading_israeli_scholar_avi_shlaim_israel . Da notare che Avi Shlaim, professore di relazioni internazionali alla Università di Oxford ha servito nell’esercito israeliano negli anni sessanta ed è considerato uno di maggiori studiosi al mondo del conflitto arabo-israeliano. Altro che le porcherie servite in tavola e in tv dai nostri boss “grandi firme” e i virus immessi in continuazione dagli zelanti “amici” di Israele.
    pino nicotri
    ——————————————————-
    Quanto sta accadendo da ventidue giorni a Gaza è indicibile, ma è anche guerra dei media. La filiale locale della Lobby filo israeliana si è scatenata per ventiquattro ore sulle miserie della nostra informazione televisiva. I peones politici italiani si son dati da fare, da par loro, seminando ulteriore indignazione prezzolata e sostenendo le veline di regime. Ma mentre sui nostri monitor impazzano le sintesi storiche da rotocalco, i proclami di esperti avariati e il pollaio mediatico, altrove emittenti di più accurata fattura e ben altro livello – ma anche fonti indipendenti con mezzi assai più esigui – diffondono il pensiero dei maggiori studiosi della questione palestinese. Di esempi, dalla BBC in giù, ce ne sono a bizzeffe. E’ di tutta evidenza che la vergogna non alberga nelle menti, men che meno negli animi, dei molti capintesta istituzionali, dei frequentatori professionisti e dei censori per vocazione che fanno capolino nei nostri media o imbrattano la carta stampata per fornire una versione edulcorata dei crimini di questi giorni.
    Sull’episodio mediatico – di una pochezza annunziata – cui si è fatto riferimento, si sono esercitate centinaia di testate in queste ore italiane e si è crogiolata la schiuma politica del bel paese (trascurando con malcelato sollievo la storia, i fatti e la disperazione di quei luoghi). Non merita che il silenzio.
    Di seguito trascrivo invece un breve intervento di Avi Shlaim (Professore di relazioni internazionali alla Oxford University), che ha servito nell’esercito israeliano negli anni sessanta ed è considerato uno di maggiori studiosi al mondo del conflitto arabo-israeliano, da una lunga intervista filmata rilasciata a “DemocracyNow!” il 14 gennaio scorso ( http://www.democracynow.org/2009/1/14/leading_israeli_scholar_avi_shlaim_israel ). Una sola frase, perché basta poco per capire. E per cominciare non c’è molto altro da sapere. Il resto è sangue e tutti già possono vederlo.
    “In una prospettiva storica di lungo periodo comincerei dalla creazione dello stato di Israele nel 1948. Ho scritto un libro -che hai menzionato nell’introduzione- che si intitola Il Muro di Ferro: Israele e il Mondo Arabo (Avi Shlaim, The Iron Wall: Israel and the Arab World). E’ la storia del conflitto arabo-israeliano dal 1948. E’ un libro molto lungo, ma posso riassumerlo in una frase. Lungo i suoi sessant’anni Israele è stato notevolmente restio nell’intraprendere negoziati significativi con le sue controparti arabe per risolvere la disputa tra di essi e sempre troppo disposto a ricorrere alla forza militare per imporre la sua volontà su di essi. L’attuale orribile massacro israeliano della gente di Gaza è l’apice della vecchia politica israeliana di sfuggire alla diplomazia e basarsi sulla forza bruta militare”.
    “Israel must be like a mad dog, too dangerous to bother” (Israele deve essere come un cane pazzo, troppo pericoloso da disturbare), ha detto a suo tempo Moshe Dayan. Ma non tutti si rendono conto che il cane, reso pazzo dalla sofferenza e dal lutto mai elaborati, sembra indirizzato dall’odio che ormai lo accompagna, con il sangue ingiustamente reclamato, verso un percorso suicida.

  27. Uroburo
    Uroburo says:

    IMPORTANTE PER TUTTI
    Cari tutti,
    permettetemi una breve annotazione sui messaggi di stamattina.
    Questo blog è anonimo se non per coloro che scrivono in chiaro il loro nome, cognome ed indirizzo.
    Questi, e sono veramente pochissimi, hanno fatto un’altra scelta, rispettabilissima naturalmente ma che comunque rimane del tutto personale. Io non lo farei mai perché i frequentatori si questo blog sono molto più numerosi di noi che ci conosciamo e perché nel web gira gente assolutamente non raccomandabile. Francamente mi darebbe fastidio di farmi riempire il PC di schifezze da qualche esaltato mascalzone (come abbiamo avuto anche qui in passato).
    Io trovavo veramente insopportabile che certi mascalzoni, come il ***/NN, usassero le loro conoscenze, più o meno dirette, per creare difficoltà e fastidi a Faust, cosa valeva ovviamente per chiunque altro. Trovo che quei sistemi, tra il mafioso ed il ricattatorio, non debbano avere diritto di cittadinanza in questo blog.
    Allo stesso modo mi dà veramente fastidio che si possa mettere in atto qualunque tipo di accenno che possa permettere l’identificazione di Tizio piuttosto che Caio. Cosa che vale nei confronti di chiunque, qualunque cosa abbia fatto e qualunque sia la sua posizione politica.
    Non è necessario dire che Tizio abita in via Costaggiù n.1 per dire che lo si ritiene complice e sostenitore di una politica genocida. E questa nuova conoscenza non aggiungerebbe assolutamente nulla alle mie idee ed alle mie posizioni politiche.
    Io penso che si debba rispettare la forma e le regole basali della civile convivenza nei confronti di chiunque, anche se la pensa in modo opposto al nostro. E che il rispetto per la riservatezza debba essere un punto fermo di questo (e di tutti) i blog.
    Un cordiale saluto a tutti Uroburo

  28. marco tempesta
    marco tempesta says:

    Dietro indicazione di Faust, sono andato a verificare sul blog di Goldkorn.
    Esistono post a mio nome.
    Tengo a ribadire che io non intervengo MAI nei blog dell’Espresso, nè apro più la pagina dell’Espresso e men che mai lo compro, da quando è andato via Nicotri. E’ la mia protesta, chiamiamolo un ‘boicottaggio’ in piccolo. Ognuno deve portare la sua pietra per costruire la parete, dicono a Bisceglie ( anche se da noi, ‘parete’ è maschile: IL parete).

  29. marco tempesta
    marco tempesta says:

    Esiste un proverbio arabo che dice: “Allah toglie il senno ai popoli che vuole distruggere”.
    Credo che il senno lo abbiano perso in più d’uno,tra i popoli qui sulla Terra.

  30. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    LA PAROLA AGLI ISRAELIANI DI GUSH SHALOM (Blocco per la Pace), organizzazione fondata dall’ex-parlamentare israeliano Uri Avnery.

    Dal sito http://zope.gush-shalom.org l’articolo originale in inglese: The war in Gaza – vicious folly of a bankrupt government

    Qui la traduzione estratta dalla pagina http://www.confinionline.it/ShowRassegna.aspx?Prog=11476

    “La guerra a Gaza, lo spargimento di sangue, le uccisioni, la distruzione e la sofferenza su entrambi i lati del confine sono la perversa follia di un governo in fallimento. Un governo che si è lasciato trascinare da militari avventurieri e da una rozza demagogia nazionalista in una guerra distruttiva e inutile che non darà soluzione ad alcun problema, né per le comunità del sud di Israele sotto una pioggia di missili né per le terribili povertà e sofferenze di Gaza assediata. Il giorno dopo la guerra, rimarranno gli stessi problemi – con l’aggiunta di molte famiglie in lutto, persone ferite e invalide per tutta la vita e di mucchi di macerie e distruzione”.

    “L’escalation verso la guerra poteva e doveva essere evitata” – prosegue la nota di Gush Shalom. “A rompere la tregua è stata Israele con l’incursione compiuta in un tunnel nella notte delle elezioni americane due mesi fa. Da allora è stato l’esercito ad accumulare fiamme di escalation con incursioni e uccisioni mirate, ogni volta che il lancio di missili su Israele diminuiva. Il ciclo del massacro potrebbe e dovrebbe essere rotto. Il cessate- il -fuoco può essere ristabilito immediatamente e su basi più solide. È diritto di Israele chiedere la fine totale del lancio di razzi sul suo territorio e i suoi cittadini, ma deve por fine a tutti i suoi attacchi e alla morte per fame del milione e mezzo di abitanti di Gaza, smettendo anche di interferire con il diritto dei palestinesi di scegliersi i loro capi. La dichiarazione di Ehud Barak secondo cui avrebbe sospeso la campagna elettorale per concentrarsi sull’offensiva di Gaza è una barzelletta. La guerra a Gaza è di per sé la campagna elettorale di Barak, un tentativo cinico di comprare i voti con il sangue e le sofferenze di Netivot e Sderot, Gaza e Beit Hanun”.

    Contact: Gush Shalom Spokesperson Adam Keller, adam@gush-shalom.org

  31. marco tempesta
    marco tempesta says:

    per il post 329:
    questa, non l’ho proprio capita. Quando il petrolio è aumentato, nei mesi scorsi, quale beneficio ne ha ricevuto il dollaro?
    Aumentare il costo del petrolio genera un avvitamento su se stessa di tutta l’economia mondiale ed è dannoso per tutti, proprio perchè i paesi produttori investono il ricavato nell’economia dei paesi consumatori e, crollando l’economia ci perdono i loro soldi al pari degli altri, tant’è che il prezzo del petrolio è nuovamente riabbassato drasticamente.
    Non solo, ma un persistente aumento del petrolio fa diventare sempre più competitive le energie alternative, col risultato che alla fine il valore stesso del petrolio verrebbe talmente ridimensionato che dovrebbero distribuirlo a prezzi di realizzo. Non conviene a nessuno.

  32. Faust x Uroburo
    Faust x Uroburo says:

    Caro Uro, come sempre sono daccordo con quel che pensi, ti ringrazio x la tua difesa. Voglio rimarcare che questi squallidi come il virus e lingegnere brookkolino, ed anche di questo maiale, che onestamente devo dire che mi ha sempre dimostrato, in una o due mail che mi ha inviato, la sua stima x Faust e apparte le schermaglie sul blog, con insulti incorporati… mentre il virus, mi tocca da vicino, in quanto mi calunnia come anche a Pino su altri blog, i due continuano a calunniare Nicotri e altri di questo blog, incluso te r me. Ora ho voluto attirare lattenzione del blog x mettere sotto gli occhi di tutti cosa continuano affare sti due inutili… mi tocca da vicino, il continuo calunniare di un tipo del quale conosciamo come trovarlo a Roma ed altre cosette mooolto infamanti… del gringo terrone, penso di essere lunico di questa sporca storia che ssa come trovare popey… fatto questo che conferma o la cretineria dei due o lincoscenza idiota dei malati in oggetto… e Faust non ha paura a pubblicare le generalita… ma è una scelta mia e rispondo x me, dopo aver superato a suo tempo gli attacchi delinquenziali e fastidiosi da te ricordati, mi sono premunito e sono tranquillo… ho le generalita dei due in questione e sso chi sono i loro familiari… tanto mi basta x sapere di essere coperto, chi di dovere è stato gia messo al corrente x minaccie e calunnia… decidero allabbisogna quali azioni intraprendere… Ti saluto caro amico… ma stai tranquillo sso cosa faccio, al momento li considero due deficenti con problemi in culla.. comunque sso cazzi loro… basta che mi stiano alla larga…
    Faust

  33. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    Questo è puro fascismo. Dieci foto di puro fascismo. Una vergogna per la comunità romana:
    http://roma.repubblica.it/multimedia/home/4415488
    E questa la didascalia che accompagna le 10 foto degli indecorosi cartelli.

    “Al Ghetto presidio e slogan contro Santoro
    Mentre per le strade di Roma sfilava il corteo pro-Palestina al Ghetto trecento rappresentanti della comunità ebraica romana e hanno affisso ai muri di via Portico d’Ottavia le bandiere israeliane e un vessillo italiano con una stella di David. Tanti anche i cartelli contro il conduttore di Anno Zero, Michele Santoro: “Santoro servo di Hamas”, “Santoro ti manca solo di bruciare la bandiera di Israele”, “Santoro la tua pace è unilaterale e senza Israele”, “Santoro sta all’Anno Zero, noi al 5769″ e “Santoro è un razzo contro l’informazione”.

    Come si vede, si tratta di cartelli che la polizia – sempre presente nel ghetto – avrebbe dovuto sequestrare perché non si può impunemente offendere ed esporre al pubblico ludibrio una persona. Per molto meno ci sono state condanne per diffamazione e anche per calunnia. Ma in Italia, sia sa, le legge è come l’elastico delle mutande…. Non ci lamentiamo poi se qualcuno comincerà a chiedere se il ghetto è territorio italiano o israeliano.

  34. marco tempesta
    marco tempesta says:

    Io penso che si debba rispettare la forma e le regole basali della civile convivenza nei confronti di chiunque, anche se la pensa in modo opposto al nostro.
    ——————–
    Toh, la civile convivenza di Uro non lo esime dal chiamare ‘testa di caxxo’ o assimilabili, chiunque non la pensi come lui.
    Fate ciò che dico io, non fate ciò che faccio io.
    Molto ‘religioso’, come concetto. L’ho sempre detto che in Uro alberga l’animo del ‘predicatore’!

  35. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x TUTTI, compreso FAUST

    Per cortesia, qui niente indirizzi o cose simili. Se c’è qualche mascalzone che compie porcherie, e sappiamo bene che ci sono, non è il caso di scendere al loro livello, cosa che comunque io non voglio nel mio blog. Non ho mai sopportato non solo i comportamenti da fascisti, ma neppure la semplice goliardia. C’è già una causa giudiziaria in corso, con comparsa davanti al magistrato ad aprile. Evidentemente ne vogliono un’altra, e anche a carattere penale. Contenti loro, contenti tutti.
    Un caro saluto e buona domenica.
    pino nicotri

  36. Ricordiamo cosa ha detto e dimostrato anche il professor Ilan Pappe, ebreo israeliano
    Ricordiamo cosa ha detto e dimostrato anche il professor Ilan Pappe, ebreo israeliano says:

    Ilan Pappe: vado via da Israele
    “Trattato come un appestato, impossibile lavorare per chi come me è contrario al sionismo”. Il professore dell’Università di Haifa – uno dei più celebri tra i “nuovi storici” – denuncia un clima di ostilità insostenibile e annuncia che lascerà lo stato ebraico per trasferirsi in Gran Bretagna
    di Michele Giorgio

    Gerusalemme
    23 marzo 2007
    Rompere gli schemi, sfidare il pensiero dominante, raccontare un’altra verità, più scomoda e compromettente di quella ufficiale. È questo che nella sua lunga attività accademica ha fatto lo storico ebreo israeliano Ilan Pappe, superando ostilità e diffamazioni. Il suo percorso tuttavia si sta complicando, la sua strada è piena, oggi più di prima, di insidie di ogni genere. Così è giunta la decisione temuta dai suoi lettori ed estimatori in giro per il mondo. «Lascio Israele, non riesco più a lavorare con serenità, sono continuamente preso di mira», dice Pappe con tono di profonda amarezza. Poi, accennando un sorriso, aggiunge «Ma dall’estero continuerò la mia battaglia affinché il conflitto israelo-palestinese venga riportato nel suo vero contesto storico, lontano dal mito e dalle false verità che lo hanno segnato in tutti questi decenni». Docente presso il Dipartimento di scienze politiche dell’Università di Haifa e rappresentante dell’Istituto Emil Touma per gli studi palestinesi, Ilan Pappe ha scritto numerosi libri e collabora con riviste locali e internazionali. Tra i suoi saggi sono da segnalare «The Making of the Arab-Israeli Conflict» (London and New York 1992), «The Israel/Palestine Question» (London and New York 1999), «La storia della Palestina moderna» (Einaudi 2004), «The Modern Middle East» (London and New York 2005) e l’ultimo, «The Ethnic Cleansing of Palestine» (2006). Prima di rispondere alle nostre domande, Ilan Pappe ha ricordato la figura e il lavoro della sua collega e amica Tanya Reinhart, morta qualche giorno fa negli Stati Uniti.

    Lei ha deciso di lasciare Israele, come è arrivata questa difficile scelta?
    Lascio il paese ma spero non per sempre. Per il momento so soltanto che per alcuni anni vivrò in Gran Bretagna dove da giovane ho completato la mia formazione accademica e posso contare su colleghi ed amici che mi stimano e che mi aiuteranno a continuare il mio lavoro. Sento molto forte il bisogno di proseguire le mie ricerche, i miei studi, in un ambiente non ostile, in università dove non ti trattano come un appestato, uno da tenere alla larga. Sono uno storico che ha fatto sempre il suo lavoro con estremo rigore, i miei studenti mi stimano, eppure sono attaccato di continuo perché le conclusioni dei miei studi non sono coerenti con la versione ufficiale sul contesto che portò alla nascita di Israele e pongono interrogativi sulle politiche (dello Stato ebraico, ndr) nei riguardi di palestinesi e arabi. È la mia critica del sionismo, che fa saltare i nervi a coloro che mi attaccano.

    Quindi il suo antisionismo è la ragione della ostilità che è costretto ad affrontare in Israele?
    Senza dubbio, ci sono altri intellettuali, storici, giornalisti che scrivono e dicono molte delle cose che penso io ma non attaccano il sionismo, quindi non rischiano la raffica di critiche e accuse che subisco io. Da questo punto di vista il quadro interno israeliano è molto peggiorato in questi ultimi anni: un antisionista o un non-sionista deve fare i conti con spazi di espressione sempre più ristretti. Allo stesso tempo il paese va indietro, le discriminazioni e gli abusi contro la minoranza araba si intensificano, certe forze politiche parlano apertamente di espulsione degli arabi israeliani, la politica di occupazione (di Cisgiordania e Gaza, ndr) continua, così come la colonizzazione ebraica delle terre palestinesi. In tutti questi anni penso di aver svolto, accanto al mio lavoro accademico, tante attività finalizzate a realizzare una democrazia vera, uno Stato diverso, per ebrei e arabi su di un piano di piena parità ed uguaglianza. Purtroppo non sono servite a molto e allora credo il mio impegno debba ora continuare all’estero.

    Pensa di insistere sul boicottaggio accademico di Haifa, Bar Ilan (Tel Aviv) e le altre università israeliane che svolgono corsi nelle colonie ebraiche nei Territori occupati?
    Il boicottaggio è una misura che funzionò con il Sudafrica dell’apartheid e quindi può avere effetti importanti anche con altri paesi, tra cui Israele. Per questo motivo lo sostengo. Due anni fa però non fui io a proporlo, come è stato riferito, perché già dal 2002 il mondo accademico britannico intendeva attuarlo contro Israele in risposta alla distruzione di metà del campo profughi di Jenin e alle discriminazioni alle quali sono soggetti gli studenti dell’Università di Haifa.

    Veniamo al suo ultimo libro, sulla pulizia etnica in Palestina, un tema ritornato di attualità in queste ultime settimane dopo il secco «no» ribadito dal governo Olmert al ritorno alle loro case e villaggi dei profughi palestinesi della guerra arabo-israeliana del 1948 nel quadro di un accordo di pace. Il suo lavoro su questo punto cruciale giunge ad una conclusione inequivocabile.
    Si è vero. Questo libro è il risultato di ciò che avevo gradualmente tracciato in quelli precedenti, ovvero che in Palestina, prima, durante e dopo il 1948, è stato attuato un piano ben preciso volto a pulire etnicamente il territorio dove è sorto lo Stato di Israele. Documenti e testimonianze, a quasi sessanta anni di distanza da quei giorni, lo dicono con estrema chiarezza. Israele in ogni caso non ammetterà mai le sue responsabilità nella questione dei profughi, il governo attuale e quelli futuri faranno il possibile per lasciare nei campi per rifugiati tutte quelle persone (800mila nel 1948, oggi sono circa 4 milioni, ndr) che reclamano i loro diritti. Non credo però che i Paesi arabi saranno disposti ad accogliere la richiesta di Israele di dimenticare l’esistenza dei profughi e di modificare l’iniziativa di pace araba del 2002.

    Lei ha scritto che la pulizia etnica in Palestina non si è fermata 60 anni fa ma continua ancora oggi.
    Ci sono alcune aree dove procede una politica di pulizia etnica ad avanzamento lento. Nell’area della «grande Gerusalemme», ad esempio. La costruzione del muro, l’espansione delle colonie, la confisca dei terreni, recinzioni e restrizioni ai movimenti delle persone, stanno costringendo migliaia di palestinesi ad andare via, ad abbandonare le loro case. Lo stesso accade tra Gerusalemme e Ramallah e tra Gerusalemme e Betlemme, e lungo la strada che porta fino a Gerico. Almeno 40mila palestinesi hanno dovuto fare i bagagli e trasferirsi più all’interno in Cisgiordania. Senza parlare della città vecchia di Hebron, dove l’aggressività dei coloni ebrei e dei soldati ha trasformato in un quartiere fantasma la parte più caratteristica di quella città. Vedete, la pulizia etnica si attua in varie forme. Sessanta anni fa si usavano le armi per costringere le persone a scappare, ora, a causa del controllo dei media e delle istituzioni internazionali, si usano altri metodi. Rendere la vita impossibile, restringere le possibilità economiche, ridurre le capacità di sviluppo. Queste nuove strategie stanno funzionando bene in Palestina, anche perché si uniscono alla linea del rifiuto di un negoziato vero con i palestinesi.

    Lei descrive un quadro della situazione molto grave, mentre all’orizzonte si addensano nubi che annunciano tempesta. Teme una nuova guerra in Medio Oriente? Sono in molti a prevedere un attacco americano o israeliano contro l’Iran, forse già nei prossimi mesi.
    La possibilità certamente esiste. Si tratta di una possibilità molto concreta, ma allo stesso tempo manca poco alla fine del secondo mandato del presidente George W. Bush e non credo che gli Stati Uniti siano in grado, proprio in questo momento, di lanciare un’operazione militare tanto ampia, tenendo presente le enormi difficoltà che hanno in Iraq. Nonostante ciò una nuova guerra in Medio Oriente resta nell’aria, grava su di noi, ci rimarrà per lungo tempo e tutti noi che crediamo in un mondo diverso, in un mondo fondato sulla giustizia, dobbiamo impegnarci per impedirla.

    http://www.osservatorioiraq.it/modules.php?name=News&file=article&sid=4302

  37. Vox
    Vox says:

    LE FALSE COLOMBE DELLA PACE

    Il noto scrittore israeliano Yehoshua, ammirato dalle nostre parti assieme ad Omos Oz e Grossman per le sue posizioni di colomba, di apertura ai palestinesi, pacifiste, in polemica con un giornalista di Haaretz, giornale israeliano assai critico con l’aggressione tuttora in corso alla popolazione della striscia di Gaza, si è lasciato scappare questa agghiacciante affermazione: uccidiamo i loro bambini oggi per salvarne tanti domani!…

    [Ma] la vita tolta ad un essere umano, ad un bambino, non è merce di scambio, è insostituibile, è quella vita e quando l’hai recisa, hai reciso con essa tutte le vite…

    Gli omicidi mirati ieri erano per gli uomini dell’OLP, oggi sono per gli uomini di Hamas e non è detto che si limitino a questi. Israele ha cura di liquidare anche i quadri dirigenti civili dei palestinesi, i tecnici di livello, i professori, gli ingegneri, i medici, gli architetti insomma tutti coloro che potrebbero gestire posti di responsabilità in un futuro Stato della Palestina. E, nello stesso tempo, azzera periodicamente, con varie incursioni, tutte le infrastrutture di una società civile, le scuole, gli ospedali, le caserme.

    Yehoshua con Oz e Grossman costituiscono una triade che vende molto nelle librerie italiane essendo stati accreditati da una falsa pubblicità come scrittori ed uomini di pace…

    da:
    http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o13977

  38. Vox
    Vox says:

    LO STERMINIO DEI BAMBINI

    Questa è stata l’aggressione più spaventosa arrecata ai bambini. Già era sospetto sin dalle prime notizie di bambini uccisi che loro fossero l’obiettivo principale dell’operazione “piombo fuso”. I politici ed i generali di Israele hanno decretato che non sarebbe bastato uccidere o incarcerare il maggior numero possibile di esponenti e combattenti di Hamas, di eliminare migliaia di civili e diroccare le città della striscia: bisognava infliggere una punizione indimenticabile: ammazzare il maggior numero possibile di bambini. Sono stati presi di mira gli orfanotrofi che in Palestina sono affollati dagli orfani dei tanti uccisi o imprigionati da Israele, le scuole ed i luoghi minuziosamente conosciuti da Israele attraverso le sue modernissiome tecnologie di monitoraggio e lo spionaggio degli uomini del Quisling ansiosi di una qualche ricompensa, magari di un carcere meno duro e con un po’ più di rancio nelle tetre e spaventose prigioni israeliane. Su 1200 morti ad oggi, e certamente non è finita, circa un terzo sono bambini. Una percentuale che non può non sollevare legittimi sospetti ed indurre le autorità internazionali (se ce ne fossero) ad aprire subito un procedimento per crimini contro l’umanità al governo ed all’esercito di Israele.

  39. Vox
    Vox says:

    @ Pino (384)
    Intanto, qualcuno dalle domande e’ passato ai fatti, da quelle parti, a Roma. Poi cominceranno a fare di nuovo le vittime. Amano moltissimo fare le vittime (quelle che sono piu’ vittime di qualunque altra vittima), secondo il ben noto sistema del chiagn’e fotte. Poi si meravigliano se la gente reagisce, salvo poi accusarli di antisemitismo. Un sistema molto comodo.

  40. Faust x Anita
    Faust x Anita says:

    .. scusa Anitina de mi corazon… ho pensato a te leggendo che in non so quale paese, (asiatico?¿) il presidente ha, in occasione del capodanno ha regalato ad ogni cittadino/a una somma pari ad un mensile… Mi son ricordato di quante volte ti ho ripetuto che veniva questo fallimento del libero commercio (drogato) usuraio e speculativo… ecco vedi il capitalismo è arrivatooo… come le fiche del Monopoli, regaleranno soldi x spenderli e comprare… se si ferma il ciclo, cade il sistema… il capitalismo è un gioco, che a differenza delle ruote della roulette, (che non lo sono) il capitalismo è.. è truccato… funziona, si!! ma con i trucchi dellalta finanza speculatori, usurai e guerrafondai… se funzionasse la giustizia il capitalismo, non ppuo vivere… il messaggio è x guadagnare devi rubare x vincere… questa è la cultura capitalista… Il Monopoli va bbene come gioco… ma non x amministrare una societa, un paese… ed inevitabilmente… Ogni bel gioco, dura poco…
    ciao cariño, lo so … ti rispondero a breve priveetmont… ciao!!
    Faust

  41. Controcorrente
    Controcorrente says:

    cara Sylvi ,
    nella tua garbata risposta , citi Don Chisciotte…

    Ebbene ,non temere ,visto che mi ricordavo poco il romanzo prendo a prestito da Wilki queste parole :

    Lo scopo di Cervantes è sottolineare l’inadeguatezza degli intellettuali del tempo a fronteggiare i nuovi tempi che correvano in Spagna, un’epoca caratterizzata infatti dal materialismo e dal tramonto degli ideali, e contraddistinta dal sorgere della crisi che dominerà il periodo successivo al secolo d’oro appena conclusosi.

    Il primo fine del romanzo, dichiarato esplicitamente nel Prologo dallo stesso Cervantes, è quello di ridicolizzare i libri di cavalleria e di satireggiare il mondo medievale, tramite il “folle” personaggio di Don Chisciotte; in Spagna, la letteratura cavalleresca, importata dalla Francia, aveva avuto nel Cinquecento grande successo, dando luogo al fenomeno dei “lettori impazziti”.

    Siamo a cavallo tra 500 e 600 dunque , ma quello che ridicolizza il grande Cervantes con Don Chisciotte, è” l’utopia “del passato tradotta al presente,è il voler vedere nel passato un’epoca d’oro (che non c’è mai stata),
    E’ colui che avanza ,con la testa rivolta all’indietro, si questo è il vero” utopista” e giustamente Cervantes lo ridicolizza.

    Io guardo verso il futuro, ben conscio che il presente,può piacere o no,si sta ormai “fottendo” con le sue stesse mani…!

    Non c’è scampo mia cara….è solo questione di tempo..!
    Hai scelto un buon albero…ma la tempesta non lo risparmierà,anche se tutti facciamo in modo che non caschi,è il terreno che non lo sostiene più, anche se devo dire ha ancora buone radici che “disperatamente”cercano nuovo terreno a cui aggrapparsi per stare in piedi.

    cc

  42. Fini: "Nelle moschee si preghi in italiano". Cretino, e perché non in latino?
    Fini: "Nelle moschee si preghi in italiano". Cretino, e perché non in latino? says:

    La proposta del presidente della Camera in vivita ad Abu Dhabi
    “Il Corano sia letto nella lingua del paese in cui si trova il musulmano”

    Fini: “Nelle moschee si preghi in italiano per evitare istigazioni all’odio”

    ROMA – La predicazione nelle moschee deve essere fatta in lingua italiana. Più in generale, il Corano deve essere predicato nella lingua del paese in cui il musulmano vive. E’ con questa proposta che il presidente della camera, Gianfranco Fini, riaprire il dibattito, già fonte di polemiche, sui luoghi di culto islamici nel nostro Paese.
    ——————————————————-

    Mistero (non glorioso): ma perché cazzo invece la Chiesa può pregare in latino?
    AllàAkkàMa’Ndostà
    &
    JawèFaceO’Kafè

  43. Controcorrente
    Controcorrente says:

    Magari con un Corano,tradotto e venduto dalle Edizioni Paoline..sì in effetti potrebbe essere una buona idea!

  44. Controcorrente
    Controcorrente says:

    caro nicotri,
    anti-spam nuovamente in azione , chissà qual’è la nuova parola chiave?

  45. Vox
    Vox says:

    COMBATTIAMO LA PAURA

    […]Una spiegazione della docilità verso Israele è il “senso di colpa” occidentale nei confronti delle persecuzioni antisemite del passato, in particolare verso gli orrori della Seconda Guerra mondiale. Al riguardo, viene talvolta fatto notare che i Palestinesi non sono per nulla colpevoli di questi orrori e che non devono pagare per i crimini altrui. E’ vero, ma quello che non viene quasi mai detto e che è però evidente, è che la grande maggioranza [degli europei] o dei preti cattolici di oggi sono anch’essi innocenti quanto i Palestinesi di quello che è accaduto durante la guerra…

    Il concetto di colpa collettiva era già molto discutibile nel 1945, ma l’idea di trasmettere questa colpa ai discendenti è un’idea quasi religiosa… il ricordo dell’olocausto non giustifica la politica israeliana…Ma questa “colpa” giustifica un’enorme ipocrisia. Si ritiene che ci si senta tutti colpevoli dei crimini del passato, verso i quali, per definizione, non potevamo fare nulla, ma quasi per niente colpevoli dei crimini dei nostri alleati statunitensi e israeliani che si compiono al giorno d’oggi, davanti ai nostri occhi, e dai quali come minimo ci si potrebbe dissociare con chiarezza.

    Ma la principale ragione del silenzio non può essere unicamente il senso di colpa, che è artificiale, ma la paura. Paura della maldicenza, della diffamazione, o di processi in cui l’unico capo d’imputazione è sempre lo stesso, l’antisemitismo…Si tace quello che si pensa dello Stato che si definisce “Stato ebraico” per paura di essere trattati da antisemiti.

    Di conseguenza, la prima cosa da fare è combattere questa paura…Il solo modo di procedere è creare un clima di “disintimidazione”, sostenendo ogni uomo politico, ogni giornalista, ogni scrittore che osa scrivere una frase, una parola, una virgola, di critica ad Israele. Bisogna farlo a 360°, senza limitarsi a sostenere le persone che hanno una posizione “corretta” su altre questioni (secondo l’asse destra-sinistra), o che hanno posizioni “perfette” sul conflitto.

    Riguardo alle iniziative pratiche, si riassumono in tre lettere: BDS (Boicottaggio, Disinvestimenti, Sanzioni):

    L’esigenza di sanzioni è rilanciata dalla maggior parte delle organizzazioni pro-palestinesi, ma essendo questo tipo di misure una prerogativa degli Stati, tutti sanno che ciò non si farà a breve termine. Le misure di disinvestimento sono prese sia dalle organizzazioni che hanno denaro da investire (associazioni sindacali, chiese) ed è quindi una decisione che spetta ai loro membri, sia da imprese che collaborano strettamente con Israele e che non cambieranno la loro politica se non in seguito ad azioni di boicottaggio, il che ci porta alla discussione di questa forma di azione, che è rivolta non solo ai prodotti israeliani ma anche alle istituzioni culturali e accademiche di questo Stato.

    Notiamo che questa tattica è stata utilizzata contro il Sudafrica e che le due situazioni sono molto simili: il regime dell’apartheid e Israele sono (o erano) dei pilastri del colonialismo europeo che accettano a malincuore (contrariamente alla maggior parte delle nostre opinioni pubbliche) il fatto che questa forma di dominazione sia superata.

    Le ideologie razziste sottostanti ai due progetti li rendono insopportabili alla maggioranza dell’umanità e creano odi e conflitti senza fine. Si potrebbe anche dire che Israele non è altro che il Sudafrica più la strumentalizzazione dell’olocausto.

    Nel caso del boicottaggio culturale e accademico, viene talvolta obiettato che ci sarebbero vittime innocenti, bene intenzionate, che desiderano la pace, ecc. argomento d’altronde già utilizzato all’epoca dell’Africa del Sud (e lo stesso argomento potrebbe essere sollevato a proposito dei lavoratori delle imprese vittime del boicottaggio economico).

    Ma Israele stesso riconosce che ci sono vittime innocenti a Gaza, il che non gli impedisce affatto di ucciderle.

    Quanto a noi, non proponiamo di uccidere nessuno. L’azione di boicottaggio è perfettamente civile e non violenta.

    Israele non rispetta alcuna risoluzione dell’ONU che lo riguardi, e i nostri governi, lungi dal prendere delle misure per farle applicare, non fanno altro che rinforzare i loro legami con Israele; abbiamo il diritto in quanto cittadini (la cui opinione, anche non udibile, è probabilmente maggioritaria e lo sarebbe senz’altro se potesse avere luogo un dibattito aperto) di dire NO.

    La cosa importante nelle sanzioni, particolarmente a livello culturale, è precisamente il loro aspetto simbolico (e non esclusivamente economico).
    Ai nostri governi va detto: non accettiamo la vostra politica di collaborazione, e no ad Israele che ha scelto di essere uno Stato al di fuori della legge internazionale.

    di Jean Bricmont
    Figura di spicco del movimento anti-imperialista, Jean Bricmont è professore di fisica teorica all’Università di Lovanio (Belgio). Ha pubblicato “Imperialisme humanitaire. Droits de l’homme, droit d’ingérence, droit du plus fort?” (Editions Aden, 2005)
    Link: http://www.voltairenet.org/article158980.html

  46. AZ Cecina Li
    AZ Cecina Li says:

    Caro Uroburo
    tu dici “…..Non è necessario dire che Tizio abita in via Costaggiù n.1 per dire che lo si ritiene complice e sostenitore di una politica genocida. E questa nuova conoscenza non aggiungerebbe assolutamente nulla alle mie idee ed alle mie posizioni politiche.
    Io penso che si debba rispettare la forma e le regole basali della civile convivenza nei confronti di chiunque, anche se la pensa in modo opposto al nostro.”

    Concordo con te fin quando, come tu dici, si tratta di persona che “la pensa in modo opposto al nostro.”, posso scontrarmi con altri sul piano delle idee farlo anche in maniera dura e fino a che si resta in questo ambito io cerco di informarmi documentarmi e controbattere se si passa alle offese ho ha mia disposizione lo smisurato serbatoio del vernacolo livornese e tutto finisce li.
    Quando però dal confronto/scontro di idee si passa alle minacce e a tentativi di intimidazione o alle falsificazioni, di messaggi e nick o come, nel mio caso, di nome e cognome anagrafico. Allora mi vien una gran voglia di capire chi si cela dietro a certi nick, non sono ne un esperto informatico ne uno Sherlock Holmes, masolo un gran curioso metodico e paziente, mi ricordo che se uno visita al mio sito lascia una traccia, se poi si spulciano un po’ di post su vari blog si raccoglie qualche altro particolare, si visitano un po’ di siti, si curiosa in qua e la su un po’ di eventi, si interpella qualche motore di ricerca, si incrociano dei dati e si finisce per avere un’idea abbastanza precisa di chi potrebbe essere il ciacchero che “tira il sasso e nasconde la mano”, una semplice idea da mettere li su un file del PC a futura memoria.

    Quando poi capita che il falsario si rifà vivo con i suoi soliti metodi, non credo ci sia alcunché di male fargli presente, con il metodo che lui ben conosce del “dico e non dico”, che non è cosi anonimo come crede di essere, ovviamente niente nomi e cognomi, ne indirizzi di abitazioni o nomi di esercizi commerciali, e ancor meno numeri di telefono, una semplice informazione, tanto per fargli capire che spesso i furbetti non sono poi così furbi come credono di essere, tutto qui.

    Antonio - – – antonio.zaimbri@tiscali.i

  47. AZ Cecina Li
    AZ Cecina Li says:

    Fini – “Il Corano sia letto nella lingua del paese in cui si trova il musulmano”
    Ma è mai possibile che dobbiamo mandare in giro per il mondo gente che fa fare indirettamente a tutto il paese figuracce simili???

    Antonio - – – antonio.zaimbri@tiscali.i

  48. marco tempesta
    marco tempesta says:

    Beaucoup de gens, surtout à gauche, continuent à penser qu’Israël n’est qu’un pion dans une stratégie états-unienne, capitaliste ou impérialiste de contrôle du Moyen-Orient. Rien n’est plus faux. Israël ne sert pratiquement à personne, sauf à ses propres fantasmes de domination. Il n’y a pas de pétrole en Israël ou au Liban.
    ——————-
    L’ho copiato dal link postato da Vox nel 396.
    Mi sembra sia in aperto contrasto con quanto si sia detto qui da parte mi sembra di Nicotri e Uroburo. Per cui, o è vero ciò che dice il professore in questione o è vero ciò che dicono N. ed U.
    Correggetemi se sbaglio.

  49. Nelle moschee voglio che si preghi in padano! O per Odino bonino!
    Nelle moschee voglio che si preghi in padano! O per Odino bonino! says:

    Fini la lingua italiana può usarla per leccare il culo a Berlsuconi e al papa, ma io e mi figlio, quello trombato di nuovo all’esame di maturità, vogliamo che questi pezzenti di musulmani nelle loro fetentissime moschee (che si chiamano così perchè sono piene di mosche) preghino in padano.
    Bruciare la bandiera di Israele è da nazzisti, invece bruciare quella italiana è da padani. Padani brava ggente!
    Bossi Pater, Filius et Luisa Korna
    (Milàn l’è un gran Milàn. E el cujun el rest’ un cujun!)

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